Sand Land, recensione: l’action RPG di Bandai Namco celebra Toriyama, ma non abbastanza

Il periodo dei tie-in sta tornando in auge soprattutto grazie al lavoro svolto da parte di Bandai Namco sulle licenze anime e manga in Giappone. Nell’ultimo anno abbiamo avuto modo e tempo di apprezzare alcuni tentativi andati a buon fine, ma anche di notare progetti che non sempre sono riusciti a decollare. Possiamo pensare a One Piece Odyssey, che un anno fa esatto ci ha permesso di abbracciare una nuova dimensione di costruzione e avventura da parte dei tie-in con protagonista Rufy e la sua ciurma, ma allo stesso tempo non possiamo non soffermarci a ragionare sull’insuccesso riscosso da Jujutsu Kaisen nemmeno un mese fa, complice una proposta datata di un sistema di combattimento che non rende giustizia e onore alla prodotto a cui fa riferimento. Con Sand Land il ragionamento è figlio di esigenze diverse: passa dal grande lavoro di recupero di un’opera autoconclusiva, firmata da Akira Toriyama, che in questo mese si è declinata in ogni suo aspetto. La riedizione da parte di Star Comics del manga, anche in edizione deluxe, l’arrivo della serie animata su Disney+, che non solo ripropone il film uscito lo scorso anno in Giappone, ma anche una seconda parte ambientata a Forest Land, così da arrivare anche al videogioco, un action RPG con, purtroppo, anche qui meccaniche troppo datate.

Il temibile principe dei demoni

Belzebubù è il principe dei demoni: con il suo spirito giovanile e goliardico trascorre molto tempo con le console di gioco e con tutti i suoi amici demoni, tra cui anche Thief, un ladro suo coetaneo, però dalle fattezze molto più anziane. I due si ritrovano a fare gruppo con Rao, uno sceriffo che sta disperatamente cercando una soluzione alle problematiche della penuria d’acqua nel mondo di Sand Land. L’unico fiume che sta fornendo l’acqua a tutto il mondo, infatti, si è arrestato e il Re è l’unico che può permettersi di gestire quelle che sono le riserve presso le quali abbeverarsi. L’intervento di Belzebubù, demone dal cuore puro, sarà utile per rintracciare la Sorgente fantasma situata oltre il deserto, così da poter andare a inseguire una nuova primavera per l’umanità. Rispetto al manga scritto e disegnato da Akira Toriyama nel 2000, l’incipit della storia mantiene le stesse esigenze narrative, andando ad aggiungere alcuni elementi e anche personaggi nuovi: tra questi la figura di Emma, fondamentale per andare a ritoccare quelli che saranno i numerosi veicoli rintracciati nel corso dell’avventura, ma anche l’avvento a Forest Land, una seconda vastissima area che sembra non aver subito le angherie dell’assenza di acqua.

L’intera storia viene raccontata con il giusto piglio comico, mantenendo lo stile che era dell’opera di Toriyama, con le stesse intenzioni e con la medesima grinta esplosiva: una grande attenzione è stata riposta anche nell’andare a personalizzare i vari veicoli a nostra disposizione, per sottolineare quanto fosse importante l’impegno da parte del mangaka giapponese nel gestire tutti gli aspetti che già in Dragon Ball si erano ben distinti rispetto al resto della narrazione. Quello che viene da domandarsi, a fronte anche della creazione di personaggi originali e dell’inserimento di un nuovo segmento narrativo ambientato a Forest Land, che può essere recuperato anche nell’anime dedicato su Disney+, è se non fosse possibile fare di più per l’esperienza finale: non tanto dal punto di vista narrativo, quanto di costruzione dell’intera esperienza, che passa inevitabilmente dalla caratterizzazione del world building e dei personaggi stessi.

Un open world troppo spoglio

Sand Land è un action RPG ambientato in un mondo open world che, purtroppo, non restituisce molto del senso di scoperta. Già nel corso del nostro hands on ci era sembrato tutto molto spoglio e purtroppo ne abbiamo avuto la conferma: la grandezza della mappa è finalizzata quasi esclusivamente al farci provare i mezzi a nostra disposizione, esaltando anche il concetto di verticalità che l’esplorazione ci propone. Per il resto non ci sono contenuti che riescano a rendere interessante e appagante l’intero viaggio, se non qualche ambulante pronto a venderci qualcosa, per lo più acqua utile per poter recuperare energia e salute. Un sistema del genere, soprattutto quando avrete acquisito una certa dimestichezza con tutti i mezzi di trasporto e vorreste solo raggiungere il successivo complesso cittadino, vanifica la costruzione di un mondo che vuole provare a replicare quanto Sand Land aveva mostrato già nella serie e nel film: se le esigenze narrative le comprendiamo, dato che è necessario raccontare e mostrare un mondo post-apocalittico, messo a ferro e fuoco dalle problematiche umanitarie, dal punto di vista del level design le problematiche sono evidenti.

Quando arriverete nelle fasi di endgame questa condizione della mappa proverà a essere mitigata dalla presenza di una serie immensa di contenuti che vi verranno proposti dalla vostra mappa: per lo più fetch quest oppure attività da svolgere parlando semplicemente con gli NPC per soddisfare le loro richieste, spesso di oggetti da recuperare. Un modo per andare a diluire ancora di più l’esperienza, aggiungendo anche delle corse con i veicoli che potevano dare più mordente ed essere organizzate in modo tale da farci percepire una grande varietà di fondo per l’intera struttura, però vanificata dalla volontà di sfiorare solo la superficie dell’offerta finale.

Tra pugni e veicoli

Lo stesso combat system, per quanto si vada a puntare sull’immediatezza e sulla volontà di far esprimere nel miglior modo possibile la furia gentile di Beelzebub, non riesce mai a diventare profondo quanto vorremmo e manca l’appuntamento con un climax in grado di soddisfare le esigenze dei giocatori più accorti alle dinamiche RPG. A parte gli skill tree, tre per l’esattezza, uno per ogni componente del party iniziale, non sarà quasi mai chiamata in causa la componente ruolistica, spingendoci a combattere battaglie che in alcuni casi ci mettono dinanzi a dei mostri-spugna, con tantissimi punti esperienza, ma non con una vera e propria difficoltà. Le stesse battaglie a bordo dei veicoli, quando saremo chiamati a fronteggiare avversari di stazza imponente, subiranno il contraccolpo del problema di essere prolisse e inficiate dal non poter applicare grandi strategie per avere la meglio: si tratta di schivare, attaccare, usare una tecnica specifica e così via. Un risultato che, a fronte delle ore necessarie per portare a termine l’avventura e completare anche l’esperienza al 100%, quindi tendente alle 40 ore, sfocia inevitabilmente in un concetto quasi di noia e di ripetitività. Le stesse missioni stealth finiscono per essere troppo lente e spezzano di molto il ritmo complessivo dell’esperienza: non si vede quasi l’ora di poterle terminare per tornare a vivere un’esperienza più action e più appagante del doversi nascondere dal cono visivo degli avversari, ora con Thief, dopo con Belzebubù, che pur sfruttando un’intelligenza non proprio eccellente da parte delle guardie non riusciranno mai a convincerci del tutto.

Sono tutti aspetti che ritrovano, però, nell’accortezza riposta nella creazione del sistema di personalizzazione dei veicoli un buon lavoro svolto dal team di sviluppo. Una volta sbloccata la possibilità – quasi subito – di andare a intervenire su quelle che sono le strutture dei mezzi di trasporto e impegnarsi anche nella customizzazione degli stessi, si entrerà quasi in un gioco nel gioco, venendo chiamati a cambiare tutte quelle che sono le caratteristiche dei numerosi veicoli, dei quali potremo portare con noi soltanto 4 di essi. La finalità è quella di non solo migliorare le nostre fasi di esplorazione, ma anche quelle di combattimento: i veicoli si possono usare sia all’aperto che al chiuso, grazie a un sistema molto rapido di selezione degli stessi, con una ghiera apposita. Tramite il lancio di una capsula, quindi, subito potremo andare a evocare il veicolo che ci serve in quello specifico momento, che si tratti di una motocicletta a due ruote, oppure un hovercraft che possa permetterci di andare a filo d’acqua, o ancora un carrarmato chiamato a fare da ariete in situazioni ostiche. Molti saranno utili anche per fronteggiare quelle che sono le esigenze dettate da alcuni enigmi ambientali, con determinati dungeon che richiederanno di attivare leve, spostare oggetti e giocare con il livello dell’acqua, in particolar modo quello che ci condurrà nella seconda grande area di Sand Land, ossia Forest Land.

Il deserto che colpì l’umanità

Dal punto di vista estetico, i personaggi richiamano lo stile di Toriyama in maniera pedissequa, quindi da quel punto di vista la struttura è salva. Quello che funziona meno è rappresentato dai fondali e da tutte le strutture che sono state messe sulla mappa: il cel shading funziona, è gradevole, e riesce a recuperare quanto fatto nell’anime, così da avere quei contorni neri che rievocano uno stile di disegno ben preciso. La commistione con i fondali di cui sopra, però, vanifica quelle che sono le animazioni complessive, restituendo un’esperienza a volte un po’ legnosa, soprattutto in sede di combattimento, dove non sempre si riesce ad apprezzare i colpi inflitti da Belzeebub. Questo nonostante i 60fps, che pur non essendo stabili garantiscono un’esperienza piacevole, degna di un action RPG.

75
Sand Land
Recensione di Mario Petillo

Si poteva fare di più per celebrare Akira Toriyama. La sfortuna ha voluto che Sand Land uscisse a nemmeno un mese dalla sua morte, il che ha inevitabilmente ammantato il prodotto di quel vestito tipico del commiato e della celebrazione, più di quanto si pensava dovesse realmente fare il nuovo tie-in di Bandai Namco. Beelzebub offre delle ore di divertimento dal punto di vista dei contenuti narrativi e anche di gestione dei veicoli, ma per il resto in tutte le sue meccaniche, a partire dal combat system, risulta essere datato e appartenente a una generazione fa: poca profondità e un sistema che vi spingerà ad andare avanti per inerzia, complici delle trovate non proprio ottime da sposare a un open world a tratti disarmante. Sand Land è comunque un prodotto che può intrattenere i più grandi appassionati dell'opera di Toriyama, affrontando l'avventura con Thief e Rao in maniera leggiadra, magari a spizzichi e bocconi, con qualche sessione estemporanea ogni tanto alla scoperta di qualcosa di nuovo da fare: non sarà un'esperienza memorabile, ma nemmeno del tutto da cestinare.

ME GUSTA
  • Un omaggio ad Akira Toriyama
  • Una grande cura per i veicoli
FAIL
  • Un open world troppo vuoto e scarno
  • Combat system poco profondo
  • Attività troppo ripetitive e stealth non convincente
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