Per quasi un quarto di secolo, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ha ospitato ininterrottamente astronauti ed esperimenti scientifici nell’orbita bassa della Terra. Tuttavia, nonostante i successi, la stazione spaziale ha i giorni contati. Nei prossimi mesi, la NASA valuterà proposte commerciali per veicoli in grado di “smantellare” la ISS, cioè per farla precipitare in sicurezza nell’atmosfera terrestre nella quale inizierà a bruciare fino a diventare “cenere”. La fine è prevista per i primi anni del decennio 2030, ma si sta già rivelando una questione delicata per l’ingegneria aerospaziale e la diplomazia internazionale. La ISS è “un simbolo chiave della cooperazione internazionale e civile“, afferma Mai’a Cross alla rivista Scientific American, politica e professoressa di scienze politiche, affari internazionali e diplomazia della Northeastern University.

In bilico nello spazio

Il destino dela stazione spaziale deriva dalla sua posizione in orbita terrestre bassa, all’interno della parte superiore dell’atmosfera terrestre. Lì, tutto ciò che sale dovrà scendere, trascinato verso il nostro pianeta da un flusso costante di particelle atmosferiche che riducono la velocità. Senza spinte periodiche, quando un veicolo spaziale in orbita bassa perde velocità, perde anche quota, finendo per sprofondare abbastanza in profondità da spezzarsi e bruciare, mentre precipita nell’atmosfera del nostro pianeta. La maggior parte delle spinte per il mantenimento dell’orbita della ISS provengono da una fornitura costante di veicoli cargo russi Progress che, una volta agganciati alla stazione, accendono periodicamente i loro motori per contrastare il costante abbassamento della stazione spaziale. Se la stazione venisse abbandonata in una sorta di “orbita cimitero”, la ISS presenterebbe comunque dei rischi: essendo così vecchia e ingombrante, la sua eventuale disintegrazione sarebbe inevitabile e genererebbe enormi quantità di detriti che potrebbero danneggiare altri satelliti.

Nessuna cifra è troppo alta per evitare la cooperazione russa

La NASA ha dichiarato che prevede di pagare quasi 1 miliardo di dollari, pari a circa 910 milioni di euro per il servizio di smantellamento dell’ISS, tutto pur di evitare di affidarsi a più veicoli russi. Sebbene sia sostenuta anche da Canada, Giappone ed Europa, la ISS è principalmente una creazione degli Stati Uniti e della Russia ed è una delle poche aree di cooperazione costante tra le due nazioni in decenni di relazioni difficili. I primi moduli, uno statunitense e l’altro russo, hanno raggiunto l’orbita alla fine del 1998. Il primo equipaggio della stazione spaziale, un astronauta e due cosmonauti, si è insediato nel novembre 2000. Da allora, la ISS è sempre stata abitata e ha superato di gran lunga l’obiettivo iniziale di 15 anni di vita.Nulla dura per sempre. “Anche se si odia vederla andare via, e sarà triste quando verrà ritirata, non è davvero pratico tenerla in orbita a tempo indeterminato“, afferma George Nield, presidente della società Commercial Space Technologies ed ex membro dell’Aerospace Safety Advisory Panel della NASA, un comitato che ha esortato l’agenzia spaziale a sviluppare una strategia chiara e sicura per la dismissione della ISS prima possibile.

Bisogna disintegrare la ISS in modo sicuro

Non è il caso di lasciarla in orbita“, dice Jonathan McDowell, astrofisico presso il Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian, che monitora anche i satelliti in orbita. “Anche la decostruzione della ISS non è fattibile, dice Nield, perché non è stata progettata per essere smontata – e qualsiasi tentativo ad hoc di farlo andrebbe incontro a rischi terribili dovuti all’invecchiamento dei componenti che hanno trascorso più di due decenni esposti all’ambiente estremo dello spazio. Questo potrebbe avvenire in due modi: con una discesa deliberata e distruttiva nell’atmosfera o con quello che gli ingegneri chiamano un “deorbit incontrollato“, in cui la ISS precipiterebbe sulla superficie terrestre per un capriccio della natura. Quest’ultima opzione, per quanto gloriosa, è indubbiamente pericolosa. La ISS è più grande di un campo di calcio e la sua orbita la porta sopra il 90% della popolazione terrestre. Finora, i danni alle persone e alle cose causati dalla caduta di detriti di veicoli spaziali sono stati praticamente inesistenti, ma essendo l’oggetto più grande mai deorbitato, la ISS potrebbe facilmente cambiare lo scenario. “Un rientro incontrollato potrebbe avere un impatto significativo sulle persone a terra, con morti, feriti e danni significativi alle cose”, afferma Nield.

Il delicato percorso verso il basso

Il modo più sicuro per portare la ISS sulla Terra, dicono i funzionari della NASA, è quello di “scaricarla” nelle distese dell’Oceano Pacifico meridionale per ridurre le probabilità di danni. Questo è difficile perché il ciclo orbitale di circa un’ora e mezza della stazione la fa sfrecciare su più di 402 chilometri di superficie terrestre ogni minuto, con una traiettoria a terra che cambia costantemente mentre il mondo gira. Più tempo la ISS trascorre in caduta nell’atmosfera, più il suo campo di detriti si diffonderà lungo la pista, aumentando le probabilità che un pezzo errante provochi danni da qualche parte sulla superficie. Inoltre, il tuffo della SSI non dovrebbe avvenire troppo velocemente: se la ISS si tuffasse nell’atmosfera con troppa forza, l’aumento della resistenza dell’aria potrebbe staccare pezzi di grandi dimensioni, come i suoi tentacolari pannelli solari o i singoli moduli. La geometria irregolare della stazione spaziale aggrava questo problema, aumentando l’importanza di mantenere la stazione in un orientamento stabile durante la caduta nell’atmosfera. Se dovesse ruzzolare irregolarmente durante la discesa la ISS andrebbe pericolosamente fuori rotta. A ciò si aggiunge il fatto che l’atmosfera terrestre è volubile: si assottiglia e si addensa con il ciclo di attività del Sole (un ciclo ha una durata di 11 anni) e cambia con il passaggio dal giorno alla notte e viceversa; quindi, lo status dell’atmosfera è un elemento di difficile previsione.

Il processo di discesa ideale

Un intricato balletto cosmico guida l’imponente spettacolo della distruzione pianificata dell’ISS. Tutti i fattori sopra decritti si combinano per far sì che il processo ideale di distruzione dell’ISS si svolga in questo modo: dopo un lento declino orbitale, la stazione raggiunge i 400 chilometri sopra la Terra. Qui, un veicolo su misura, connesso alla stazione, avvia un’ardita manovra per la discesa orbitale. L’ISS inizia il suo viaggio verso la Terra, scendendo fino a metà strada, a 200 chilometri sopra il pianeta. A questo punto, i tecnici regolano con precisione la sua traiettoria, modellando un’ellisse orbitale che sfiora la Terra a soli 144 chilometri. Questo sottile equilibrio minimizza il tempo trascorso nelle regioni più dense dell’atmosfera. Infine, dall’apice di questa discesa a 144 chilometri, si dà l’ordine al propulsore di spingere ulteriormente la stazione spaziale, direzionandola ancora più in basso, conducendola così alla sua ultima caduta nell’oceano Pacifico meridionale.

 Un evento geopolitico

Cosa servirà per compiere l’impresa? Fino a poco tempo fa, i funzionari della NASA hanno detto che diversi, forse tre, veicoli Progress russi avrebbero lavorato insieme per deorbitare la ISS. Ma questo piano è sempre stato provvisorio, a causa della difficoltà di coordinare i singoli deorbitatori. Un aspetto non meno importante è che, almeno per quanto riguarda la partnership USA-Russia sulla ISS, le cose non stanno andando bene. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha portato le relazioni con gli Stati Uniti al punto più basso dai tempi della guerra fredda, mettendo a dura prova la collaborazione con la ISS. Nel frattempo, una serie di incidenti gravosi, derivanti dall’hardware costruito in Russia, ha eroso la fiducia nelle capacità di volo spaziale della nazione. Nel 2018 è stato riscontrato che una navicella russa, la Soyuz, agganciata alla stazione perdeva aria attraverso un piccolo foro che, secondo i funzionari russi, potrebbe essere stato deliberatamente praticato in un atto di sabotaggio. Più tardi, nello stesso anno, un volo russo per trasportare due astronauti sulla stazione è stato interrotto dopo un lancio fallito. Nell’ultimo anno i sistemi di raffreddamento russi a bordo della ISS hanno avuto tre perdite separate che hanno fatto fuoriuscire ammoniaca tossica nello spazio. Tutto questo, e anche altri incidenti, rendono un veicolo americano per la deorbita sempre più desiderabile per la NASA e per la nazione, nonostante il prezzo elevato.

Da cosa nasce l’invito della NASA a trovare una soluzione

Secondo gli esperti, la tecnologia esistente più adatta è il modulo di servizio europeo del programma Artemis, che ha alimentato la capsula Orion della NASA senza equipaggio in un viaggio miliare intorno alla Luna lo scorso autunno (e che dovrebbe contribuire all’atterraggio di esseri umani sulla superficie lunare nel corso di questo decennio). Tutto il resto dice, è troppo debole o troppo potente o semplicemente non è in grado di trasportare abbastanza carburante per il compito: da qui l’invito della NASA a presentare proposte commerciali per un nuovo veicolo di deorbita costruito su misura. Sia che la NASA opti per qualcosa di nuovo o per un veicolo esistente adattato al compito, la decisione avrà ripercussioni al di là delle relazioni tra Stati Uniti e Russia per influenzare le molte altre relazioni internazionali che sono alla base della ISS. La fine della stazione spaziale è una responsabilità condivisa tanto quanto lo sono state la sua costruzione e la sua manutenzione.

Non esisterà più nulla come la ISS

Quello che è certo, dicono diversi politologi e addetti ai lavori, è che tutti i futuri partenariati internazionali non replicheranno la ISS, che probabilmente rimarrà un risultato unico e brillante.