Tra i franchise nipponici che, nonostante la notorietà in patria, hanno messo molto tempo a decollare in occidente c’è quello di Yakuza, in circolo ormai dai tempi di PlayStation 2 e che nel corso degli anni si è conquistato uno zoccolo duro sempre più largo e affezionato: la serie realizzata dal Ryu Ga Gotoku Studio e pubblicata da SEGA è, del resto, qualcosa di molto settoriale, non spendibile presso un pubblico troppo vasto. Eppure il publisher giapponese (giustamente) crede in questa IP, nei suoi personaggi e nelle sue possibilità, e in attesa del prossimo Like a Dragon: Infinite Wealth in uscita a inizio dell’anno prossimo possiamo intrattenerci con uno spin-off / midquel assai godibile, Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name, disponibile per PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X|S, Xbox One e PC.
Yakuza / Like a Dragon
A beneficio di chi non conosce granché la saga, è il caso di fornire un po’ di contesto in merito. La serie nasce come Ryū ga Gotoku (“Come un drago”) nel 2005, su PlayStation 2, arrivando in occidente con un titolo più spregiudicato, Yakuza, per sottolineare che non si trattava di un titolo fantasy quanto di un qualcosa di vagamente assimilabile a Grand Theft Auto o Saints Raw, con le malavitose gesta di un carismatico quanto poco raccomandabile protagonista. Un titolo rivelatorio, alla stregua di “Mafia” ma al contempo riduttivo, dato che, sì, la serie racconta le disavventure dell’affiliato alla yakuza Kiryu Kazuma, ma l’accento, a differenza di altri titoli relativamente simili, non è posto sul portare a termine azioni criminali quanto sulle tematiche “seinen” del genere e sull’intento del protagonista di usare ogni mezzo a sua disposizione per difendere il suo onore di uomo, i suoi confratelli e tutti i bisognosi che incontra sul suo cammino. Un personaggio a suo modo eroico, sfaccettato, con valori ben precisi tipici di un certo tipo di narrazione hard boiled di stampo nipponico, al servizio di una serie di videogiochi che propone storie complesse e ricche di personaggi, tra malavitosi e povera gente, disgrazie e trionfi. Ben sei (sette, contando il prequel) i capitoli principali, a cui vanno a sommarsi bizzarri spin-off e un settimo capitolo che segna un cambio di passo importante, sostituendo il gameplay da brawler cittadino con un sistema da JRPG classico nei modi ma folle nell’approccio, avvicendando un nuovo protagonista (il bizzarro Ichiban Kasuga) e rinominando internazionalmente il brand come “Like a Dragon”.
Alla fine del sesto capitolo, Kiryu si ritira a vita privata, inscenando la sua morte per proteggere le persone a lui più care. Sappiamo, però, che tornerà (con un nuovo – e improbabile – taglio di capelli) come co-protagonista in Infinite Wealth: cos’è successo nel frattempo? Ce lo spiega proprio Gaiden, ambientato tra il sesto capitolo e alcuni avvenimenti paralleli del settimo.
Dojima’s Dragon
Sotto la falsa identità di Joryu, il nostro ha cominciato una nuova vita, non del tutto pacifica, ad ogni modo: ora è un agente al servizio di una agenzia che ha la facoltà di richiamarlo in azione per missioni particolarmente complesse… e quella che vediamo in Gaiden, decisamente, lo è, con implicazioni anche personali per Kiryu, che dovrà lottare tenacemente per mantenere il suo nuovo segreto e continuare a salvaguardare il futuro degli orfani che ha giurato di proteggere.
Abbandonate le strade della subdola Kamurocho, a Tokyo, ci spostiamo ora nel quartiere di Sotenbori a Osaka, con un breve salto in quel di Yokohama e la scoperta del ginormico “Castello” galleggiante che sarà palcoscenico di alcuni dei momenti portanti dell’avventura.
Ben presto, Gaiden svela la sua natura, riportando i fan della serie al passato ripescando a piene mani dalle meccaniche di gioco classiche: si torna alle risse da strada in tempo reale in quello che sappiamo essere nato come DLC per Infinite Wealth a cui è stato voluto dare maggior dignità come prodotto a se stante.
Nei panni di Kiryu abbiamo a disposizione un discreto campionario di mosse e abilità: rispetto ai precedenti episodi abbiamo solo due stance di combattimento, ma queste si rivelano più che sufficenti e varie per tenere a bada ogni avversario. La prima riprende il classico stile del Dragone della yakuza, è basata sul corpo a corpo ed è consigliata per combattimenti circoscritti o coi boss; la seconda, invece, è quella da agente segreto e incorpora l’utilizzo di svariati gadget da film piuttosto bizzarri… ed efficaci: superscatti grazie a scarpe a razzo, sigarette esplosive, utilizzo di droni, cavo hi tech multiuso con cui ghermire oggetti e nemici. E inoltre, non scordiamoci le buone, vecchie interazioni ambientali: non sarebbe Kiryu se non usasse una bicicletta o un cartello come arma contundente, ogni tanto! Le uniche novità, da questo punto di vista, sono derivate dalla nuova posa di combattimento e, per il resto, il gioco in sé non offre quasi nient’altro che non sia derivativo dei precedenti episodi. Vista la natura del progetto però, non ce la sentiamo di lamentarci: fa tutto parte del patto stretto con gli utenti.
Un sapore familiare
Le scazzottate sono come al solito intervallate dall’esplorazione e l’interazione con negozi, ristoranti e sale di intrattenimento: come da tradizione il numero di ore che potrete dedicare al titolo potrebbe duplicare se entrerete nel mood e indulgerete a provare ogni singolo piatto, ogni singolo videogioco storico – completamente giocabile, naturalmente! – e andrete a fondo nell’agonismo di sport come le mini 4wd o il biliardo. Segnaliamo inoltre la rinnovata presenza dei cabaret club e delle hostess, con cui chiacchierare amabilmente tramite stranianti filmati interattivi in full motion video davvero rappresentativi del livello di “nippofollia” a cui SEGA ci ha abituati con questo franchise.
Si tratta di un approccio per certi versi molto rilassato all’azione, che permette di andare avanti con la trama a piacimento ma letteralmente perdersi in partite a freccette, puntate al karaoke o sfide di mahjong sostanzialmente fini a se stesse ed emblematiche di un concetto di “love or leave it” alla base di questa serie, che si ama o si odia nel suo alternare i momenti epici e drammatici della storyline con le assurdità, le bizzarrie e le esagerazioni visibili durante i combattimenti e le attività secondarie. Infine, nell’Arena del Castello avremo a disposizione una gran quantità di sfide e varianti nel combattimento, grazie a importanti “guest star” e ai modificatori per le squadre.
Tecnicamente parlando, il gioco si muove senza incertezze, forte della sua rodata esperienza direttamente traslata dal meglio dei precedenti capitoli. I personaggi sono espressivi, i combattimenti intensi, fluidi e feroci, le scenografie realistiche e spettacolari, soprattutto in notturna, visto l’impegno da sempre profuso nel riprodurre lo skyline e le insegne al neon dei panorami urbani nipponici. Nulla di sorprendente, tuttavia, in quanto si tratta di un distillato di quanto di meglio già approntato in precedenza e di certo niente che una PS5 non possa gestire agilmente. Per un vero salto di qualità dovremo attendere un capitolo non cross-gen.
Qualcosa di difficilmente migliorabile, invece, è l’aspetto sonoro, sempre ricco di tracce in grado di catturare le atmosfere in gioco e dotato di un doppiaggio puntuale, in parte e caratterizzante.
Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name è un videogioco in grado di intrattenere con efficacia per un discreto numero di ore: i frequenti combattimenti e le notorie verbosità delle cutscene della serie sono intervallati da meno missioni secondarie del solito ma da una notevole pletora di attività complementari: vi ritroverete spesso a pensare che state letteralmente perdendo ore sul minigioco di turno, sciocco quanto irresistibile. Si tratta, a conti fatti, di un concentrato di quel che è stato Yakuza per più di tre lustri, nel bene e nel male, al top della forma ma anche con tutti i suoi limiti. Imprescindibile per i fan della saga, visto l'effetto madeleine e i risvolti svelati, mentre è un acquisto da ponderare con calma se volete avvicinarvi alla serie ma non la conoscete ancora.
- Molto divertente e vario, nonostate il gameplay sia basico
- Le attività secondarie raddoppiano amabilmente il tempo che passerete tra le strade di Sotenbori
- Trama avvincente come da tradizione
- Nessuna innovazione di alcun tipo
- Non lo starting point migliore per i neofiti