Un recente studio intitolato “Integrating climate adaptation and transboundary management: Guidelines for designing climate-smart marine protected areas,” condotto da un team di 50 scienziati e professionisti provenienti da diverse parti del mondo, ha presentato un quadro innovativo per la progettazione di aree marine protette in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici. La ricerca è stata pubblicata su One Earth.
Le linee guida proposte nel quadro mirano a proteggere specie marine vulnerabili durante la perdita di habitat causata dal cambiamento climatico. Inoltre, offrono direttive ai governi per creare aree protette lungo le rotte migratorie delle larve di specie come ricci di mare, aragoste, tartarughe marine e squali.
Le aree marine protette esistenti sono state progettate principalmente per la conservazione della biodiversità, ma spesso non tengono conto della resilienza climatica. Questo studio è arrivato in un momento cruciale, poiché molti paesi del mondo si sono impegnati a proteggere il 30% delle terre e dei mari entro il 2030.
Un caso di studio è stato condotto nella Southern California Bight, una vasta regione costiera che si estende dalla California alla penisola della Baja California in Messico. Qui, le foreste di alghe giganti svolgono un ruolo vitale come nursery e rifugio per numerose specie di valore commerciale e culturale. Tuttavia, negli ultimi anni, ondate di caldo marino e bassi livelli di ossigeno hanno messo a repentaglio questi ecosistemi e le comunità locali che dipendono da essi.
Le linee guida sviluppate in questo studio considerano i cambiamenti climatici in modo esplicito e cercano di anticiparli piuttosto che reagire. Raccomandano la creazione di una serie di aree protette che tengano conto delle rotte migratorie delle larve e della connettività ecologica tra le popolazioni marine. Questo approccio è in contrasto con le metodologie tradizionali, che si basano sulla protezione di aree con il maggior numero di specie di alghe.
Il team di ricerca sottolinea anche l’importanza della cooperazione internazionale, poiché gli ecosistemi marini e le specie marine spesso attraversano confini politici. Questo approccio mira a rafforzare la capacità di ricerca e la diplomazia tra i paesi.