Uno dei temi di discussione portanti, negli ultimi anni, riguardo ai mitici mattoncini LEGO è il loro impatto ambientale: LEGO è stata pioniera dell’utilizzo della plastica nell’ideazione e produzione di giocattoli modulari, andando poi letteralmente a inventare il mercato dei mattoncini da costruzione. Dagli esordi dei “building bricks” nel 1949 di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e la composizione della formula plastica è stata modificata più volte, ma al giorno d’oggi viene richiesta una maggiore attenzione ambientale e, quindi, sono anni che LEGO cerca modi per essere più ecosostenibile, dato che attualmente, nonostante tutti i suoi sforzi in merito, i mattoncini sono costituiti per l’60% da ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene), una plastica fortemente derivante dal petrolio (occorrono circa due chili di petrolio per ottenere un chilo di ABS). Tra le sperimentazioni più recenti c’era quella relativa alla plastica PET (quella delle bottiglie per bevande, per intenderci) riciclata, ma l’idea è stata infine scartata, con molta delusione degli addetti ai lavori.
Si tratta di una ricerca che già nel 2012 si era data l’obiettivo di abbassare le proprie emissioni inquinanti (l’obiettivo rinnovato nel 2019 e del 37% entro il 2032) nonché di trovare un’alternativa stabile all’ABS entro il 2030, testando da allora più di duecento diversi composti più ecologici dell’attuale, puntando a materiali riciclabili o riciclati, magari di natura vegetale, come certe biomasse derivate da amido di mais o canna da zucchero, che in altri ambiti stanno ben sostituendo la plastica.
Il problema è che, per quanto si tratti di una plastica che non deve essere adatta al contenimento di alimenti, oltre ad essere atossica deve avere precisi requisiti di qualità equivalenti a quelli dell’ABS, dovendo essere molto resistente, senza alterazioni nella struttura e nel colore, garantendo nel tempo (anni) inalterate le sue caratteristiche di “incastrabilità” oltre che di durabilità. Inoltre, bisogna pensare non solo al materiale in sé ma alla sua reperibilità e al processo di trasformazione dello stesso e degli stabilimenti, che a conti fatti risulterebbe oneroso non solo per l’azienda ma anche in termini ambientali.
Allo stato attuale, in pratica, non esistono “composti magici” in grado di garantire ciò, stando sia alle parole dl’amministratore delegato di LEGO group Niels Christiansen, e di Tim Brooks, a capo della ricerca, che afferma che l’utilizzo di PET riciclato al posto dell’ABS per la costruzione di building bricks è “come cercare di realizzare le biciclette in legno, anziché in acciaio”, con tutto ciò che ne conseguirebbe.
Non sappiamo ancora quali saranno i prossimi step nella ricerca, ma intanto l’aderenza a un modello più green passa anche attraverso il packaging, con un minore spreco di carta per creare istruzioni e un impiego sempre minore di plastiche da imballaggio.
Fonte: Financial Times