Stephen King: perché è il re dell’horror, e non solo

Approfittiamo del compleanno di Stephen King, che il 21 settembre ha spento 76 candeline, per scrivere un approfondimento su uno degli scrittori popolari più importanti del Ventesimo Secolo. In questo articolo vogliamo provare a spiegare perché Stephen King è il re dell’orrore, ma non solo.

Il saper descrivere l’orrore dell’anima

Questo perché quando parliamo di Stephen King stiamo discutendo di un autore americano che non è solo tra gli scrittori di romanzi popolari più importanti di sempre, ma, si può considerare anche come un grande personaggio della letteratura più “alta”. Le opere di Stephen King riescono a trascendere il genere, e si collocano in un terreno che eleva l’horror, ai livelli di autori come Edgar Allan Poe. Ma,  Stephen King non imita e non è facilmente imitabile. Ha un suo stile che riesce a mescolare il grande romanzo americano con i B-Movie, e da questo calderone ne sono uscite fuori opere di alto livello. In tutto ciò la sfortuna di Stephen King è stata anche la sua fortuna: la sua popolarità lo ha portato a decine di adattamenti dei suoi libri, incasellati quasi esclusivamente all’interno del genere horror, producendo produzioni di basso livello, il più delle volte.

Cosa rende Stephen King il re dell’horror: il fatto che l’autore del Maine sa scendere in profondità nei sentimenti e nell’animo umano.

Ma Stephen King trascende il genere, ed, allo stesso tempo, lo esalta: lo scrittore del Maine è nato in un luogo veramente avaro di forti emozioni. Lo Stato americano è caratterizzato da inverni rigidi, e di base si contraddistingue come uno dei territori meno violenti degli Stati Uniti. In tutto ciò, però, la fantasia di Stephen King è stata in grado di generare un universo narrativo che ha scelto il Maine come territorio di ambientazione, ma che ha l’essere umano che abita il pianeta Terra come fulcro centrale da esplorare e sviscerare, soprattutto nei suoi lati più oscuri.

Cosa rende Stephen King il re dell’horror? Il fatto che l’autore del Maine sappia scendere in profondità nei sentimenti e nell’animo umano. King non crea un’impressione dell’orrore, un effetto caricaturale, bensì lo fa vivere dall’interno della psicologia e dei comportamenti degli uomini. Gli appassionati ricorderanno Pet Sematary, ed il modo in cui King è riuscito ad affrontare la tematica della perdita, riuscendo a creare, nel frattempo, un’opera di genere capace d’intrattenere, ma, allo stesso tempo, di trasmettere il disagio e la disperazione della perdita. La non accettazione è il primo stadio che si affronta quando ci si trova di fronte alla scomparsa di una persona cara. Stephen King ha reso questo elemento lo spunto per mettere al centro una storia sui non morti, e su ciò che accade quando provi a invertire le leggi della natura.

Proprio in Pet Sematary la figura del ritornato in vita è paragonabile a quella di uno zombie. Ma in questo caso non parliamo di un character alla George A. Romero, una figura che ha bisogno di nutrirsi di carne umana, bensì lo stato zombiesco lo si vive internamente. I personaggi che ritornano dalla morte in Pet Sematary non sono più come li ricordiamo, e ciò rende ancora di più il senso del disagio nell’avere di fronte una figura cara, che non è più ciò che ricordavamo. La profondità di Stephen King forse sta tutta in questo concetto.

Margot Robbie

Jack Nicholson e Jack Torrance: due facce differenti dell’orrore

thriller

Ma si potrebbe tirare fuori anche un piccolo racconto come Popsy, una storia contenuta in Incubi e Deliri, in cui Stephen King incrocia il tema della pedofilia e del traffico di bambini, con il vampirismo. In Popsy il rapimento di un bambino che avviene all’interno di un centro commerciale viene raccontato con un’attenzione e tensione tale, da far trasparire angoscia durante la lettura. La risoluzione horror del rapimento riesce quasi ad alleggerire il tono del racconto, ed a renderlo meno pesante. L’angoscia vera Stephen King l’aveva creata raccontando il rapimento di un bambino, adescato e portato all’interno di un furgone.

Questo è ciò che rende Stephen King un maestro dell’orrore, ma non solo: l’autore del Maine riesce a raccontare ciò che di profondo e disturbato può avere l’animo umano, l’orrore dell’anima. Si tratta di doti narrative non da semplice scrittore di genere (che pur saper essere bravi scrittori di genere è una grande impresa). Stephen King riesce a intrattenere raccontando un pezzo di animo umano, un qualcosa in cui tutti possono rispecchiarsi.

Stephen King riesce a intrattenere raccontando un pezzo di animo umano, un qualcosa in cui tutti possono rispecchiarsi.

E parlando della polemica che ha sempre accompagnato le critiche mosse da Stephen King a Stanley Kubrick per l’adattamento cinematografico di Shining, anche in questo esce fuori il King sapiente narratore di anime, piuttosto che abile scrittore horror. Il trucco di King, però, sta nel fatto che, immergendo nel soprannaturale, o in un immaginario di genere, storie di profondo dolore e disperazione umana, l’idea è che si abbia a che fare con un grande intrattenitore horror. Ciò che King contesta a Kubrick è il fatto che il geniale regista abbia completamente messo da parte gli aspetti umani di Jack Torrance, per trasformarlo da subito in un “folle”. Jack Nicholson sembra essere destabilizzato e destabilizzante fin dalla prima inquadratura, mentre il Jack Torrance raccontato da Stephen King è un uomo disperato, che arriva all’Overlook Hotel per sfuggire ai suoi fantasmi interiori, e che invece verrà condotto in un vortice di dramma e orrore.

L’analisi dello Stephen King scrittore merita saggi interi di approfondimento, ma questo articolo sul perché King sia il re dell’orrore, e non solo, serve per offrire alcuni spunti sulle capacità narrative dell’autore del Maine, e per ringraziarlo del suo contributo dato alla letteratura mondiale, ed alle nostre vite di lettori.

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