Le specie invasive ci costano ogni anno 400 miliardi di euro

Le specie invasive non devastano solo gli ecosistemi, sono anche un disastro per l’economia. Un rapporto delle Nazioni Unite sostiene che ogni anno le specie invasive, come il granchio blu che sta devastando le cose dell’adriatico e il famigerato gambero killer, creino danni diretti e indiretti per circa 400 miliardi di euro.

Queste specie invasive, causate principalmente da viaggi e scambi commerciali umani, si diffondono in ogni regione del mondo, danneggiando sia gli esseri umani che la fauna selvatica e provocando talvolta estinzioni e danni permanenti al funzionamento degli ecosistemi.

Gli esempi di specie invasive sono molteplici e il problema non riguarda solo la fauna, ma anche la flora: si pensi ad alcune specie vegetali particolarmente invasive che, oltre a rimpiazzare la vegetazione autoctona, possono provocare effetti a catena incontrollati. È molto probabile che gli incendi che hanno devastato le Hawaii il mese scorso siano stati facilitati proprio da un mix di diciotto diverse specie vegetali invasive.

Gli esperti dell’ONU hanno identificato e classificato oltre 3500 diverse specie invasive, tra animali super-predatori e piante difficilissime da estirpare.

I ricercatori sostengono che la minaccia delle specie invasive sia spesso sottovalutata, sottostimata e talvolta ignorata. Di norma, tendiamo ad allarmarci solamente quando il problema ha già raggiunto un’entità virtualmente irreversibile.

Chiaramente, non tutte le specie aliene sono invasive: esistono anche animali e vegetali che possono essere controllati relativamente facilmente, o che comunque non creano danni particolarmente evidenti negli ecosistemi in cui si insediano.

Gli esperti sostengono che esistono strumenti significativi per mitigarne la diffusione e l’impatto, proteggendo nel contempo gli ecosistemi e ripristinandoli.

I ricercatori, tra cui la Prof.ssa Helen Roy, il Prof. Anibal Pauchard e il Prof. Peter Stoett, che hanno guidato la ricerca, sottolineano che le specie invasive rappresentano una minaccia grave per la biodiversità e possono causare danni irreversibili alla natura, tra cui estinzioni locali e globali, mettendo anche a rischio il benessere umano. “Sarebbe un errore estremamente costoso considerare le invasioni biologiche solo come il problema di qualcun altro”, ha affermato Pauchard. “Sebbene le specie specifiche che provocano danni possano variare da luogo a luogo, si tratta di rischi e sfide con radici globali ma impatti molto locali, che coinvolgono persone in ogni paese, di ogni estrazione e in ogni comunità. Persino l’Antartide è interessata da questa problematica.”

In Italia a seminare il panico sono i granchi blu americani

In Italia il problema è particolarmente attuale. Arrivati in Italia attraverso l’acqua di zavorra delle grandi navi commerciali, i granchi blu si sono diffusi rapidamente in tutta la costa adriatica.

In Veneto, il Governatore Luca Zaia ha recentemente lanciato l’allarme, spiegando che dall’inizio del 2023 nella regione ne sono già stati raccolti per 326 tonnellate. Un numero spaventoso, considerato che il granchio reale blu è arrivato solo di recente nel nostro territorio. Per capirci: nel 2019, solamente quattro anni fa, l’intero raccolto non superava i 90 Kg. Del resto, un singolo esemplare femmina può depositare fino ad 8 milioni di uova.

Quando vengono introdotti in nuovi ecosistemi, come le acque italiane, possono alterare l’equilibrio ecologico locale. Si riproducono rapidamente e possono competere con le specie autoctone per cibo e risorse, mettendo in pericolo la biodiversità marina locale. Inoltre, il loro comportamento di scavatori può danneggiare habitat costieri e causare problemi alle reti da pesca. «Devastano tutto», ha commentato Zaia.

La situazione è così grave che il governatore ha chiesto che venga attivato lo stato d’emergenza. Per il momento, il Governo ha stanziato 3 milioni di euro, mentre sono già state installate 300 nasse.

Un problema tutto fuorché circoscritto: il granchio blu ha invaso anche Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, ed è già stato avvisato anche in Lazio e perfino nel Salento.

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