Un punto cruciale delle neuroscienze è capire come i nostri sensi traducano la luce in vista, il suono in udito, il cibo in gusto e la consistenza in tatto. L’olfatto è l’ambito in cui queste relazioni sensoriali si fanno più complesse. Proprio spinti dalla curiosità che questa complessità genera, un gruppo di ricerca guidato dal Monell Chemical Senses Center e dalla start-up Osmo, un’azienda con sede a Cambridge, Massachusetts, nata dalla ricerca sull’apprendimento automatico condotta da Google Research, Google DeepMind (precedentemente noto come Google Brain), sta studiando come le sostanze chimiche presenti nell’aria si colleghino alla percezione degli odori nel cervello. A tal fine hanno scoperto che un modello di apprendimento automatico ha raggiunto una competenza di livello umano nel descrivere, a parole, l’odore delle sostanze chimiche.
Ma c’è di più
Questo modello ha anche superato le aspettative, riuscendo a svolgere compiti olfattivi per cui non era stato specificamente addestrato. Ad esempio, è stato in grado di identificare molecole strutturalmente diverse con odori simili e di valutare l’intensità. Questa innovazione potrebbe avere molteplici applicazioni, dall’industria dei profumi e degli aromi alla creazione di repellenti per zanzare o mascheranti per cattivi odori. Inoltre, potrebbe aiutare a preservare piante in via di estinzione, la cui origine naturale è utilizzata per la produzione di fragranze.
Le implicazioni di questa scoperta vanno ancora oltre
Il modello potrebbe aiutare a ridefinire il modo in cui pensiamo agli odori, organizzandoli non in base a criteri chimici, ma in base al loro impatto sul metabolismo umano. “Il nostro cervello non organizza gli odori in questo modo“, ha detto uno dei ricercatori. “Questa mappa suggerisce invece che il nostro cervello può organizzare gli odori in base ai nutrienti da cui derivano”. Questo rappresenterebbe una svolta fondamentale nella nostra comprensione del funzionamento del senso dell’olfatto.