Nell’antico Egitto, l’odore di vaniglia e resina si avvicina notevolmente al profumo di alcuni balsami impiegati per la mummificazione e la conservazione degli organi dei defunti. Questa fragranza è stata ricostruita grazie alla collaborazione di archeologi e biochimici, sfruttando moderne tecniche di analisi.
Pubblicata su Scientific Reports dal team guidato da Barbara Huber e Nicole Boivin, entrambi dell’Istituto tedesco Max Planck per la Geoantropologia, questa ricerca ha coinvolto sei campioni di balsamo prelevati da due vasi canopi, contenenti i polmoni e il fegato di una nobildonna di nome Senetnay, vissuta circa nel 1450 a.C. I suoi resti furono recuperati nella Valle dei Re intorno al 1900. L’obiettivo dei ricercatori è presentare questo “profumo dell’eternità” in Danimarca, in una mostra organizzata presso il Museo Moesgaard sulla storia umana.
Nonostante abbiano oltre 3.500 anni e siano stati trasferiti tra vari musei nel corso del secolo scorso, i vasi canopi hanno conservato abbastanza resti del loro contenuto per permettere la ricostruzione della complessa ricetta dei balsami utilizzati per conservare gli organi. Questi balsami erano composti principalmente da oli, grassi, cera d’api e bitume, arricchiti con resine di conifere, in particolare delle Pinaceae. Altri ingredienti specifici per conservare organi diversi includevano prodotti vegetali non identificati contenenti acido benzoico e cumarina, quest’ultima con un profumo simile alla vaniglia. Inoltre, solo nel vaso contenente i polmoni sono stati trovati un composto tipico della resina del larice e un’altra resina profumata derivante dagli alberi della famiglia degli anacardi.
Nonostante la differenza nella composizione chimica dei balsami, che potrebbe suggerire l’adattamento per ciascun organo, i ricercatori sottolineano che le modifiche potrebbero essere dovute al degrado degli ingredienti nel corso del tempo. In ogni caso, questa complessità nella preparazione dei balsami testimonia l’alto lignaggio della persona a cui erano dedicati, Senetnay. La ricerca rivela non solo la tecnica di conservazione, ma anche aspetti sociali e culturali dell’antico Egitto.