Uno studio recente condotto dall’Università di California San Diego School of Medicine ha dimostrato che l’adozione di un regime alimentare a tempo limitato può contribuire a migliorare la memoria e ridurre l’accumulo di proteine amiloidi. Tale studio offre nuove prospettive sulle interruzioni circadiane, che sono spesso evidenti nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer.

Il ritmo circadiano e l’Alzheimer

L’alterazione del ritmo circadiano è un sintomo comune della malattia di Alzheimer, caratterizzata da difficoltà a dormire e peggioramento delle funzioni cognitive durante la notte. Nonostante ciò, non esistono trattamenti specifici per affrontare questo aspetto della malattia. Il recente studio si è concentrato sull’efficacia dell’alimentazione a tempo limitato, un tipo di digiuno intermittente che mira a regolare i ritmi biologici. Pubblicato il 21 agosto 2023 su Cell Metabolism, lo studio ha coinvolto topi alimentati con un regime a tempo limitato. I risultati hanno dimostrato un miglioramento della memoria e una riduzione dell’accumulo di proteine amiloidi nel cervello dei topi trattati. Queste scoperte suggeriscono che la strategia adottata potrebbe essere valutata in futuri studi clinici sull’uomo. Secondo Paula Desplats, docente di Neuroscienze alla UC San Diego School of Medicine, le interruzioni circadiane potrebbero essere uno dei fattori scatenanti dell’Alzheimer. L’obiettivo di questo approccio è quello di correggere tali interruzioni, favorendone il ripristino ottimale. Nello specifico, gli esperimenti sui topi hanno dimostrato che l’alimentazione a tempo limitato porta a una migliore memoria, a un sonno più regolare e a un miglioramento delle funzioni cognitive. Il metodo si è dimostrato efficace anche a livello molecolare, con la riduzione dell’espressione di geni associati all’Alzheimer e alla neuroinfiammazione. Gli autori sottolineano che l’adozione di questo approccio nel trattamento dell’Alzheimer potrebbe rappresentare un cambiamento dello stile di vita piuttosto che una terapia farmacologica. La facilità di integrazione e i potenziali benefici portano a sperare che il nuovo metodo possa aprire nuove vie di trattamento per i pazienti affetti da questa malattia.