In Australia, i sindacati stanno attivamente perseguendo il diritto universale e perpetuo allo smart working per i lavoratori. L’interesse per questa modalità di lavoro è emerso a seguito della pandemia da Covid-19, durante la quale lo smart working ha dimostrato un successo innegabile. Tuttavia, alcuni multimiliardari, come Jamie Dimon di JP Morgan Chase e Elon Musk di Tesla, hanno espresso resistenza e minacciato licenziamenti per chi sceglie di lavorare da remoto.
La situazione ha portato a diverse dispute, coinvolgendo importanti istituti bancari. La Commonwealth Bank of Australia è stata denunciata dai suoi dipendenti per inizialmente negare lo smart working, ma alla fine ha ceduto concedendo la possibilità di lavorare a distanza per metà delle ore lavorative. Anche la National Australia Bank ha affrontato una battaglia legale con i sindacati, quando il suo amministratore delegato ha voluto riportare tutti i dipendenti in ufficio a tempo pieno, ma i sindacati hanno ottenuto una concessione limitata al lavoro a distanza.
Queste controversie hanno catalizzato un cambiamento significativo nel panorama legislativo del lavoro in Australia. Lo smart working è diventato un tema centrale nel dibattito politico e sta influenzando il modo in cui il governo affronta le questioni legate al lavoro e alla flessibilità. La tendenza è globale e va oltre i confini dell’isola, come riferisce Reuters, con solo il 19% delle persone che desidera tornare a un lavoro completamente in presenza.
L’obiettivo dei sindacati è chiaro: garantire ai lavoratori il diritto perpetuo al lavoro a distanza e sostenere le esigenze di coloro che preferiscono continuare con lo smart working. La lotta per ottenere questa flessibilità lavorativa è destinata a ridefinire per sempre le leggi sul lavoro in Australia e a ispirare altre nazioni a esaminare attentamente le opzioni per adattarsi alle nuove esigenze dei lavoratori moderni.