Il settore delle life science in Italia continua a registrare una crescita costante e un fervore di attività. Negli ultimi due anni sono state fondate 603 nuove aziende, principalmente nel campo della biotecnologia (227) e delle tecnologie mediche (168), con iniziative anche nel settore della salute digitale (112) e dei servizi legati alle life science (96).
Dal punto di vista economico, le startup che operano in questo settore possono beneficiare di un venture capital italiano di 1,4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 560 milioni di euro destinati alla ricerca biomedica tramite la missione 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che si concentra sul trasferimento tecnologico.
Le nuove aziende si aggiungono a un comparto che attualmente conta 5.600 imprese nel settore farmaceutico, dei dispositivi medici e delle biotecnologie. Nel 2021, tale settore ha raggiunto un valore di produzione di 250 miliardi di euro, registrando una crescita del 6,9% rispetto all’anno precedente. Le proiezioni future sono altrettanto interessanti, prevedendo ulteriori crescita del settore.
Secondo gli analisti, il comparto delle biotecnologie, il più ampio, potrebbe triplicare il proprio fatturato globale nei prossimi anni, passando dai 223 miliardi di euro del 2020 alla previsione di 731 miliardi di euro nel 2028. Per continuare a crescere in modo ottimale, il settore richiede la creazione di collegamenti che favoriscano la collaborazione tra diverse aziende, spesso sconosciute tra loro.
Gianmario Verona, presidente del Consiglio di Sorveglianza della Fondazione Human Technopole, afferma che “oggi tutto si basa sulla medicina preventiva e personalizzata, che cambia le logiche dell’innovazione in base alla capacità di gestire i grandi quantitativi di dati disponibili. Si tratta di creare non più un solo prodotto per molti, ma molti prodotti per ciascuno”. Questo obiettivo richiede la collaborazione con aziende specializzate in tecnologie informatiche, intelligenza artificiale e digitalizzazione.
Secondo Giovanni Tamburi, presidente e amministratore delegato di TIP, le startup devono imparare a creare un sistema. La proliferazione di incubatori e istituzioni locali crea un’eccessiva frammentazione che non favorisce la crescita e il trasferimento delle idee e delle ricerche verso lo sviluppo su scala industriale.
Inoltre, è fondamentale attirare investimenti da destinare alla ricerca e sviluppo. Ad esempio, nonostante il settore farmaceutico italiano abbia un valore di produzione superiore a quello di Germania e Regno Unito, utilizza solo il 4% degli investimenti per l’innovazione, rispetto al 20% della Germania, al 14% del Regno Unito e all’11% della Francia. Per colmare questa lacuna, è necessario creare un sistema integrato.