Le profondità oscure e inesplorate dell’oceano hanno da sempre affascinato l’umanità, suscitando meraviglia e mistero. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici degli ultimi decenni, il mare rimane in gran parte un territorio sconosciuto, con ancora molti segreti da svelare. Questa settimana, l’attenzione è stata richiamata dall’importanza di tale esplorazione a seguito della scomparsa del sottomarino Titan, della OceanGate Expeditions, sparito domenica, dopo essersi immerso per un’esplorazione sul relitto del Titanic. Titan è un avveniristico mezzo di ricerca, sommergibile di 10.432 chili, progettato per ospitare 5 persone a bordo e condurle a una profondità di circa 3.800 metri. Questo tragico evento ci ricorda quanto ancora ci sia da imparare e scoprire delle profondità abissali dell’oceano.

Quanto parte degli oceani non conosciamo?

Siccome siamo per natura delle creature curiose, gli esseri umani sono riusciti a esplorare quasi tutte le parti della Terra. La stessa cosa non vale per le acque. Fino ad oggi, l’umanità ha esplorato solo una piccola frazione delle acque oceaniche, rimanendo ancora lontani da una piena conoscenza delle loro profondità insondabili. A causa delle difficoltà legate all’esplorazione, abbiamo esplorato solo il 5% circa di tutti gli oceani del mondo. Per mettere le cose in prospettiva, le masse d’acqua della Terra costituiscono circa il 71% della superficie terrestre. Ciò significa che circa il 95% delle estensioni acquatiche planetarie non è stato esplorato.

L’Oceano terrestre

La superficie oceanica mondiale costituisce circa il 71% della superficie terrestre, di cui solo il 29% è coperta dalla terraferma. Gli oceani di tutto il mondo offrono habitat a oltre due milioni di specie marine conosciute, anche se il numero esatto rimane sconosciuto. Si stima che nel vasto oceano si nascondano ancora il 91% delle specie non scoperte. La zona successiva, al di sotto della zona di luce solare, che si estende dalla superficie dell’oceano a circa 200 metri di profondità, è conosciuta come Sunlight zone (zona di luce solare). In questa fascia, le piante fotosintetiche possono prosperare grazie alla luce che ricevono.  Quest’area è relativamente più facile da esplorare, poiché è visibile e la pressione non raggiunge livelli estremi. L’oceano profondo è classificato come qualsiasi punto al di sotto dei 200 metri.

Oltrepassando i 200 metri, si entra nella cosiddetta Twilight zone (zona crepuscolare). Qui, la luce si fa più scarsa, ma non del tutto assente. Tuttavia, è soltanto scendendo ancora più in profondità, fino a circa 1.000 metri, che ci si immerge nell’oscurità più completa. Nella Sunlight zone, grazie al calore del sole, le temperature sono più elevate rispetto alle profondità marine che sono invece caratterizzate per avere temperature molto più fredde, con una media di circa 4°C.

La pressione degli abissi

La pressione è estremamente elevata nelle profondità marine, il che ne rende difficile l’esplorazione. A seconda della profondità, può aumentare di oltre 110 volte rispetto a quella dell’atmosfera terrestre.

Quanto oceano abbiamo esplorato?

Solo il 5% dell’oceano è stato finora esplorato, e sebbene alcune parti inesplorate siano state mappate, più dell’80% delle acque rimane ancora da mappare, esplorare e osservare. L’esplorazione completa è stata ostacolata da diversi fattori. Tra questi, i costi elevati e le difficoltà tecniche associate all’esplorazione degli oceani rappresentano sfide significative. Inoltre, l’esplorazione oceanografica ha avuto inizio relativamente di recente grazie ai progressi tecnologici moderni. Sebbene nel corso dei secoli siano state effettuate spedizioni, queste erano principalmente finalizzate all’esplorazione del mondo e ai viaggi, piuttosto che all’esplorazione e alla comprensione dettagliata delle profondità marine. La tecnologia moderna ha giocato un ruolo fondamentale nell’esplorazione, permettendo importanti progressi nell’ultimo secolo. In effetti, sono state le diverse tecnologie sviluppate recentemente a rendere possibile l’esplorazione delle profondità marine. Grazie a questi progressi gli scienziati sono stati in grado di acquisire dati sempre più precisi sulle meraviglie nascoste negli abissi oceanici.

La storia dell’esplorazione oceanica

Le prime spedizioni a vela avvennero nell’antico Egitto intorno al 400 a.C. Come già accennato, gli storici sono tutti d’accordo nell’affermare che questo tipo di esplorazioni sia avvenuto principalmente per esplorare il Mar Mediterraneo. Le spedizioni subacquee potrebbero aver avuto luogo intorno al 1000 a.C. Il poeta greco Omero e il filosofo greco Platone hanno fatto riferimento, nei loro scritti, a spedizioni subacquee per raccogliere spugne. Intorno al 900, i vichinghi intrapresero spedizioni marittime per conquistare le terre dell’attuale Islanda, Terranova e Groenlandia. Nel 1519, Ferdinando Magellano e il suo equipaggio completarono con successo la prima circumnavigazione del mondo. Un secolo dopo, il primo sottomarino fu costruito nel 1620 dall’ingegnere olandese Cornelis Drebbel. Il sottomarino era fatto di legno e azionato dall’uomo con i remi.

Le invenzioni che potevano facilitare l’esplorazione degli oceani cominciarono a comparire lentamente nel corso della storia. Il primo scandaglio in profondità per misurare la profondità dell’oceano fu effettuato nel 1840 da Sir James Clark Ross nell’Oceano Atlantico meridionale. La profondità in cui si trovava Ross era di 4.404 metri. Il numero di spedizioni per esplorare la profondità e la composizione dell’oceano e la sua fauna marina aumentò moltissimo a metà del XIX secolo.

La vita nelle profondità marine

Nel 1843, il naturalista Edward Forbes sostenne che la vita non poteva esistere oltre i 1.800 piedi (549 m). Conosciuta come Azoic hypothesis (ipotesi Azoica), l’affermazione scatenò una controversia sull’esistenza della vita marina per 20 anni, finché non fu smentita. La vita nelle profondità marine fu scoperta da Louis F. de Pourtales intorno al 1867 durante un’operazione di dragaggio al largo della costa meridionale della Florida. Egli scoprì la vita a una profondità di 945 metri. L’ipotesi azoica fu completamente scartata dopo che lo zoologo marino Charles Wyville Thomson scoprì la vita a una profondità di 4.389 m durante un’operazione di dragaggio.

Il punto più profondo dell’oceano

La spedizione Challenger, organizzata per raccogliere dati scientifici sull’oceano, si svolse tra il 1872 e il 1876 a bordo della nave HMS Challenger della marina britannica. Durante il viaggio, l’equipaggio esplorò diverse parti del mondo, comprese l’Africa meridionale, l’Australia, la Nuova Zelanda e le isole Hawaii. Durante il loro percorso nell’Oceano Pacifico, gli esploratori fecero una scoperta senza precedenti: trovarono il punto più profondo dell’oceano. La spedizione aveva anche l’obiettivo di studiare le caratteristiche geologiche del fondale marino, la vita marina, le temperature e le correnti oceaniche. Grazie alla tecnologia di scandagliamento, la Fossa delle Marianne è stata identificata come il punto più profondo dell’oceano, con quasi 11,3 km di profondità. Durante la spedizione del Challenger, l’equipaggio ha anche scoperto più di 4.500 nuove specie marine. Un’indagine più recente, condotta dagli scienziati dell’Università del New Hampshire, ha fornito una misurazione più accurata della sua profondità. Il team ha trascorso circa due mesi a mappare la Fossa delle Marianne nel 2010 utilizzando un ecoscandaglio multibeam. Hanno misurato il punto più profondo della Fossa delle Marianne, chiamato Challenger Deep, a 10.994 m che equivale a quasi 11 km.  La profondità media dell’intero oceano Pacifico è di circa 3,7 km.

Censimento della fauna marina

Census of Marine Life, un progetto decennale avviato nel 2000, ha riunito oltre 2.500 scienziati provenienti da tutto il mondo in uno sforzo internazionale per documentare tutte le specie marine conosciute. Attraverso i programmi del Censimento, gli scienziati hanno fatto importanti scoperte, identificando oltre 6.000 nuove specie marine finora sconosciute. Questo ambizioso progetto rappresenta uno dei rapporti più completi sulla vita negli oceani, consentendo anche la scoperta di specie che abitano le profondità marine, oltre quelle precedentemente conosciute. Il censimento di migliaia di animali ha anche permesso di mappare le rotte migratorie di decine di specie e ha tracciato i loro luoghi d’incontro e le “strade” blu attraverso l’oceano interconnesso.
Ora chiunque può vedere la distribuzione di una specie inserendo il nome su iobis.org, un sito Web che accede ai nomi e agli “indirizzi” delle specie censite nel database.

La tecnologia per l’esplorazione oceanica

Grazie ai progressi scientifici e tecnologici nel corso del tempo, l’esplorazione dell’oceano è diventata più agevole. Diversi tipi di tecnologie sono impiegate, tra cui veicoli subacquei, satelliti e sistemi informativi geografici (GIS).

I sonar

Uno strumento comune utilizzato è il sonar, che consente una migliore analisi delle caratteristiche geologiche. Esistono vari sistemi o dispositivi sonar impiegati dagli scienziati per lo studio dell’oceano, come ad esempio:

  • Sonar multibeam: un sistema che emette più onde sonore per rilevare oggetti in profondità e mappare il fondale marino.
  • Sonar side-scan (scansione laterale) : un sistema sonar attivo che rileva gli oggetti sul fondale marino utilizzando impulsi acustici.
  • Sonar split-beam (a raggio diviso) : un sistema sonar attivo che emette impulsi sonori, chiamati “ping”, per calcolare la distanza degli oggetti nell’oceano rispetto alla superficie.

I sonar consentono la mappatura del fondale marino, la scoperta di caratteristiche geologiche è possibile tramite il rilevamento di oggetti o animali marini tramite il calcolo della distanza tra le onde sonore emesse e quelle ricevute dalla sorgente. Il primo dispositivo acustico utilizzato per l’esplorazione dei fondali marini fu inventato da Reginald Fessenden all’inizio del 1900.

I veicoli ad equipaggio umano

Gli Human-occupied vehicles,  veicoli ad equipaggio umano (HOV), altrimenti detti sommergibili, sono un altro modo in cui gli scienziati possono esplorare l’oceano. I sommergibili consentono agli scienziati di osservare più da vicino oggetti, caratteristiche e vita marina nell’oceano. Il primo sommergibile costruito esclusivamente per l’esplorazione marina è stato l’USS Albatross.

I satelliti

Anche i satelliti nello spazio consentono a scienziati e ricercatori di effettuare rilevamenti nell’oceano. I primi satelliti sono stati lanciati durante la corsa allo spazio negli anni Cinquanta. Oggi gli scienziati sono in grado di utilizzare i dati satellitari per monitorare la temperatura della superficie del mare, le barriere coralline, il ghiaccio marino e la profondità dell’oceano. Diversi progressi tecnologici, inizialmente utilizzati per la guerra, sono ora utilizzati per aiutare gli sforzi di esplorazione degli oceani. Ad esempio, il primo sottomarino della Marina statunitense, chiamato Alligator, fu costruito nel 1861 per essere utilizzato nella guerra civile americana.

I veicoli a comando remoto

Negli anni Cinquanta sono comparsi i Remotely Operated Vehicles (ROV). L’interesse per i ROV è decollato quando la Marina degli Stati Uniti ha iniziato a utilizzarli per ritrovare i missili perduti. Negli anni ’80 i ROV sono diventati più popolari per uso commerciale e oggi sono una parte importante delle spedizioni di esplorazione oceanica che non possono essere effettuate con gli HOV. I ROV possono avere dimensioni diverse e sono dotati di un’ampia gamma di attrezzature per la raccolta di vari tipi di dati. Molti sono dotati di telecamere, luci e sistemi sonar.

Perché è così difficile esplorare oceano?

La parte più difficile dell’esplorazione degli oceani è l’esplorazione delle profondità marine. Secondo l’oceanografo Gene Carl Feldman, alcuni aspetti dell’esplorazione delle profondità marine sono più difficili dell’invio di persone nello spazio. Alcune difficoltà che impediscono agli scienziati sono:

  • L’immensa quantità di pressione nelle profondità marine
  • Costo delle spedizioni e delle attrezzature
  • Temperature prossime al congelamento nelle profondità marine
  • Necessità di ulteriori progressi tecnologici
  • L’intensa pressione degli abissi

Inoltre, il funzionamento delle navi da ricerca oceaniche può costare decine di migliaia di dollari al giorno. Per i programmi di esplorazione della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) statunitense sono stati stanziati più di 1 miliardo di dollari. Il programma di esplorazione e ricerca oceanica ha ricevuto 317 milioni di dollari e il programma di mappatura degli oceani e delle coste 268 milioni di dollari. I restanti 813 milioni di dollari sarebbero stati utilizzati per finanziare vari programmi di rilevamento idrografico.

Piani futuri di esplorazione oceanica

Attualmente, l’Europa sta sviluppando diversi programmi di esplorazione oceanica per approfondire la conoscenza e la comprensione degli oceani. Questi programmi sono incentrati sull’esplorazione delle profondità marine, la ricerca scientifica e l’osservazione degli ecosistemi marini. Ecco alcuni esempi di futuri programmi di esplorazione oceanica europei:

  • Eurofleets 2: Questo progetto mira a fornire accesso alle navi oceanografiche e alle infrastrutture marine avanzate per la comunità scientifica europea. L’obiettivo è promuovere la ricerca marina e l’innovazione attraverso la cooperazione e la condivisione delle risorse tra i paesi europei.
  • AtlantOS: L’obiettivo di AtlantOS è sviluppare una visione integrata delle osservazioni degli oceani atlantici. Il progetto mira a migliorare la raccolta di dati oceanografici, promuovere la cooperazione internazionale e sviluppare nuove tecnologie per monitorare l’oceano in modo più efficiente.
  • Blue Nodules: Questo programma di esplorazione si concentra sull’estrazione di minerali marini dalle profondità oceaniche. L’obiettivo è sviluppare tecniche sostenibili per l’estrazione di minerali come il manganese, il cobalto e i noduli di ferromanganese, riducendo l’impatto sull’ambiente marino.
  • Programma di esplorazione del fondo marino della Commissione Europea: La Commissione Europea sta promuovendo un programma di esplorazione del fondo marino per aumentare la conoscenza delle risorse e degli ecosistemi marini. Questo programma mira a mappare le regioni inesplorate del fondo marino, studiare la biodiversità e comprendere il potenziale delle risorse marine.

America

National Oceanic and Atmospheric Administration, agenzia scientifica e normativa statunitense, ha diversi programmi di esplorazione oceanica attualmente in corso per l’anno 2023. Alcuni di questi includono:

  • 2023 Seascape Alaska Expeditions – Operativo tra maggio e settembre 2023 nato per studiare meglio le acque profonde inesplorate e poco conosciute al largo delle coste dell’Alaska.
  • Nave da esplorazione Nautilus – Operativa tra aprile e dicembre 2023 per mappare il Pacifico centrale e orientale ed esplorare gli habitat delle profondità marine.
  • Express West Coast Exploration – Varata nell’ottobre 2022 per analizzare meglio le aree poco conosciute ed esplorate delle profondità marine al largo della costa occidentale degli Stati Uniti.
  • Deep-Sea Pacific Ocean Biodiversity – Un programma biennale lanciato nel maggio 2022 che utilizza il DNA ambientale per esplorare e studiare le comunità coralline delle profondità marine.

Ricerca internazionale: Seabed 2030, il “Google Maps” degli oceani

Nel 2017 è stato lanciato un programma internazionale chiamato Seabed 2030 con l’obiettivo di mappare l’intero fondale oceanico entro il 2030, grazie anche al contributo dei privati e all’apporto della robotica, delle ONG. È un programma di punta del Decennio della scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (2021-2030). Questo ampio progetto della Nippon Foundation-GEBCO (Seabed 2030)- che ha finanziato Seabed con 18,5 milioni di dollari- potrebbe fornire agli scienziati più dati per comprendere la gestione sostenibile della pesca, l’acidificazione degli oceani, la valutazione del rischio di tsunami, e i cambiamenti climatici. L’iniziativa Seabed 2030 è stata lanciata come collaborazione tra la General Bathymetric Chart of the Oceans (GEBCO) e l’International Hydrographic Organization (IHO). Questi due organismi hanno unito le forze per coordinare e accelerare gli sforzi di mappatura dei fondali marini in tutto il mondo. L’iniziativa è aperta alla collaborazione internazionale, incoraggiando la partecipazione di paesi, organizzazioni scientifiche e aziende per contribuire alla raccolta di dati. Finora, oltre 100 paesi hanno aderito all’iniziativa Seabed 2030. Le nuove versioni delle mappe con i fondali oceanici saranno man mano disponibile sul sito Seabed 2030

Curiosità

L’Oceano Pacifico è la dimora della più imponente struttura vivente del nostro pianeta

L’Oceano Pacifico ospita la più grande struttura vivente della Terra: la Grande barriera corallina. Contiene il maggior numero di comunità di barriere coralline di tutto il mondo. Ospita almeno 1.500 specie di pesci e 400 tipi di coralli. La Grande Barriera Corallina si estende per circa 344.468 km² e può essere vista dallo spazio!

Milioni di tonnellate di plastica finiscono nell’oceano ogni anno

Ogni anno milioni di tonnellate di plastica finiscono nell’oceano. Secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), dei 300 milioni di tonnellate di plastica prodotti ogni anno, almeno 14 milioni finiscono nell’oceano. La plastica è il tipo più abbondante di detriti marini. La plastica finisce negli oceani in diversi modi, tra cui lo scarico illegale, il littering, la cattiva gestione dello smaltimento dei rifiuti e il dilavamento.

La maggior parte dell’attività vulcanica della Terra si verifica negli oceani

Più della metà dei vulcani attivi sulla Terra si trova lungo i confini delle placche tettoniche. C’è un punto del mondo, chiamato Anello di fuoco, che registra la maggiore attività vulcanica e sismica. L’Anello di fuoco circonda l’Oceano Pacifico. È lungo circa 40.250 km e delinea il punto in cui le placche tettoniche si incontrano con la placca del Pacifico.

Come sarà l’oceano nel 2050?


L’innalzamento del livello del mare è uno dei principali cambiamenti dell’oceano previsti per il 2050. Secondo il NOAA, il livello del mare dovrebbe aumentare di circa 25-30 cm nei prossimi decenni. Anche se non sembra molto, è piuttosto significativo. A seconda dell’altezza del terreno, alcune città costiere potrebbero finire completamente sott’acqua. Le città costiere rimanenti vedranno un aumento delle inondazioni costiere. Alcuni studi suggeriscono che entro il 2050 nell’oceano ci sarà più plastica che pesce.

Cosa succederà all’oceano nel 2023?

Nel 2022 è stata introdotta un’importante risoluzione per proteggere gli oceani dall’inquinamento da plastica. L’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha adottato un accordo internazionale vincolante per affrontare l’aumento dell’inquinamento da plastica negli oceani. Gli sforzi internazionali per mappare, gestire e proteggere l’oceano sono diventati più comuni. La cooperazione tra le nazioni può facilitare l’esplorazione e la protezione degli oceani. Nel 2023, l’oceano si sta riscaldando, il livello del mare si sta innalzando e le barriere coralline sono sottoposte a stress a causa delle temperature più elevate. Gli scienziati sostengono che gli oceani possono essere salvati, ma perché ciò accada è necessario che si verifichino diversi cambiamenti. Se la cattiva gestione continuasse e gli sforzi di ripristino non venissero presi sul serio, alcuni di questi impatti negativi potrebbero diventare irreversibili entro il 2050.