È ufficiale, El Niño sta facendo il suo ritorno. La National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) statunitense ha annunciato che le condizioni sul Pacifico centrale e orientale all’altezza dell’equatore indicano chiaramente la presenza di El Niño. Quest’anno si è sviluppato in anticipo rispetto alla norma e si prevede che sia di intensità più che moderata, con una probabilità dell’84%. Tuttavia, è improbabile che sia estremamente intenso, con solo il 25% di probabilità.
Secondo la Noaa, c’è una crescente probabilità del 56% che El Niño si rafforzi e diventi forte entro l’inverno dell’emisfero settentrionale. A maggio, le temperature del Pacifico centrale e occidentale all’altezza dell’equatore erano oltre 0,5°C più calde della norma, e si prevede che questa anomalia continui nei prossimi mesi.
Il ritorno di El Niño, che si verifica ogni 2-7 anni, potrebbe essere simile all’ultimo episodio del 2015-16, non solo per l’intensità, ma anche per il suo impatto su determinate regioni. Gli effetti di El Niño dipendono dalla posizione delle acque più calde nel Pacifico, e attualmente sono concentrate nel Pacifico centrale.
Le principali conseguenze previste a livello globale riguardano le temperature. Se El Niño diventasse intenso in autunno, potrebbe causare nuovi record di caldo quest’anno. La comunità scientifica ritiene che ci siano buone probabilità che il 2024 diventi l’anno più caldo di sempre, poiché l’effetto di El Niño potrebbe aggiungere circa 0,2°C alle temperature medie. Considerando che il riscaldamento globale ha già raggiunto circa 1,2°C, è possibile che supereremo la soglia critica di 1,5°C entro i prossimi 5 anni, come indicato in un recente rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale.
Inoltre, El Niño può influenzare i pattern di precipitazioni in tutto il mondo, portando a siccità o alluvioni in diverse regioni. Tendenzialmente, le aree che hanno sofferto di siccità o deficit di precipitazioni negli ultimi anni potrebbero ricevere maggiori piogge, mentre in Europa il ritorno di El Niño si traduce di solito in inverni più secchi e freddi nel Nord Europa e più umidi e piovosi nel Sud Europa.