Lo studio genetico che ci aiuta a capire cosa ci rende “umani”

silverbackVi siete mai chiesti cos’è che ci rende “umani”? Gli scienziati hanno condotto uno studio approfondito sul genoma dei primati, che includono lemuri, scimmie, scimmie antropomorfe e, ovviamente, gli esseri umani per cercare di rispondere a questa domanda. Lo studio dell”Istituto di Biologia Evolutiva del Parco di Ricerca Biomedica di Barcellona in Spagna, ha rivelato tratti genetici fondamentali che sono unici solo per noi esseri umani. Inoltre, ha aiutato a stabilire quando la nostra linea evolutiva si è separata dai nostri parenti più stretti, gli scimpanzé e i bonobo. I ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente. Hanno sequenziato e analizzato i genomi di 233 specie di primati, che rappresentano quasi la metà di tutte le specie esistenti. Ebbene, hanno scoperto che la maggior parte di queste specie presenta una maggiore diversità genetica rispetto agli esseri umani. La diversità genetica si riferisce alle variazioni all’interno di una specie e gioca un ruolo fondamentale nell’adattamento agli ambienti mutevoli e alle sfide che la vita presenta. Sebbene alcune delle variazioni genetiche che pensavamo fossero esclusive dell’uomo siano state riscontrate in altre specie di primati, i ricercatori hanno identificato altre variazioni che sono peculiari solo a noi umani e che riguardano la funzione e lo sviluppo del cervello. Questo studio non solo è importante per la biodiversità, che attualmente è in crisi, ma offre anche un enorme potenziale per migliorare la nostra comprensione delle malattie umane. Inoltre, hanno utilizzato i genomi dei primati per addestrare un algoritmo di intelligenza artificiale a predire le mutazioni genetiche che causano malattie negli esseri umani.

Scimpanzè e Bonobo sono i nostri parenti più stretti

Esistono più di 500 specie di primati, tra cui lemuri, lori, tarsi, scimmie del Vecchio e Nuovo Mondo, le “piccole scimmie” – gibboni e siamang – e le “grandi scimmie” – oranghi, gorilla, scimpanzé e bonobo. I lemuri e i lori sono i meno imparentati con l’uomo tra i primati. “I primati sono un ordine eterogeneo di mammiferi a cui apparteniamo noi esseri umani, caratterizzati da tratti quali un cervello di grandi dimensioni, un’elevata destrezza – la maggior parte delle specie è dotata di pollici opponibili – e una buona vista. Abitano nelle Americhe, in Africa, compreso il Madagascar, e in Asia” ha detto Lukas Kuderna, uno degli autori dello studio. Gli scimpanzé e i bonobo sono i più vicini geneticamente all’uomo, condividendo circa il 98,8% del nostro DNA. Grazie a quest analisi genetica disponiamo adesso di nuove informazioni circa la cronologia della divergenza tra l’evoluzione umana e quella degli scimpanzé e dei bonobo. La separazione tra queste due linee evolutive è avvenuta tra 6,9 e 9 milioni di anni fa, leggermente più tardi di quanto si pensasse in precedenza. Siamo Homo sapiens e siamo nati circa 300.000 anni fa in Africa, prima di diffonderci in tutto il mondo. Questo studio ha esplorato le origini dei primati come gruppo. L’ultimo antenato comune di tutti i primati attualmente esistenti è vissuto tra 63,3 e 58,3 milioni di anni fa, in un periodo di grande innovazione evolutiva dopo l’impatto dell’asteroide avvenuto 66 milioni di anni fa, che ha portato all’estinzione dei dinosauri e ha consentito ai mammiferi di prosperare. I primati, compresi gli esseri umani, affrontano numerose minacce legate all’uomo, come la distruzione dell’habitat, i cambiamenti climatici e la caccia. Queste minacce hanno portato circa il 60% delle specie di primati sull’orlo dell’estinzione, con il 75% delle popolazioni in declino. Un altro dato interessante emerso dallo studio è che la diversità genetica non è un fattore predittivo per il rischio di estinzione in generale. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che le popolazioni di primati di diverse specie sono diminuite così rapidamente che la loro genetica non ha ancora avuto il tempo di recuperare e riflettere la perdita di popolazione. I dati sul genoma ottenuti da questo studio possono aiutare a identificare le specie di primati che hanno bisogno di maggiori sforzi di conservazione. Ad esempio, il gibbone nero occidentale e il lemure sportivo settentrionale sono tra le specie a maggior rischio. Rimangono solo 1.500 gibboni neri occidentali in natura, distribuiti tra Cina, Laos e Vietnam, e circa 40 lemuri sportivi settentrionali in una piccola area del Madagascar settentrionale.

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