Un nuovo studio, guidato da scienziati dell’Università di Chicago, ha esaminato il modo in cui i bivalvi – gruppo che comprende vongole, cozze, capesante e ostriche – si sono evoluti, insieme a molte altre specie, nel periodo di rapida evoluzione noto come Esplosione Cambriana. Il team ha scoperto che, sebbene molti altri lignaggi siano entrati in azione e abbiano rapidamente evoluto un’ampia varietà di forme e funzioni, i bivalvi sono “rimasti indietro”, forse perché hanno impiegato troppo tempo per evolvere un particolare adattamento di cui avevano bisogno per prosperare.

Conchiglia e acqua alta

Poco più di 500 milioni di anni fa, la diversità della vita sulla Terra esplose improvvisamente. Conosciuto come l’esplosione del Cambriano, questo episodio ha visto l’emergere di molte forme di vita che persistono ancora oggi. Tra queste c’erano i bivalvi, organismi duri a doppio guscio che vivono sul fondo del mare. Un gruppo di ricercatori ha deciso di ha deciso di documentare lo sviluppo dei bivalvi per vedere come se la cavano in un mare quasi vuoto e con un corpo di nuova concezione. Il team di ricerca, di cui fanno parte Stewart Edie del National Museum of Natural History dello Smithsonian, Katie Collins del Natural History Museum del Regno Unito e Sharon Zhou, studentessa  all’UChicago, ha analizzato la documentazione fossile ed esaminato minuziosamente ogni specie fossile conosciuta per ottenere un quadro di come i bivalvi abbiano evoluto nuove forme e modi di vivere, come scavare nei sedimenti del fondo marino piuttosto che attaccarsi alle rocce. “Ad esempio, osservando la forma della conchiglia si può capire se è probabile che stiano scavando nel sedimento del fondo marino, perché nel corso del tempo sono diventate sempre più lunghe e sottili per scavare”, ha spiegato Zhou.

I ricercatori hanno messo insieme un quadro completo dell’evoluzione dei bivalvi e sono rimasti sorpresi

Si potrebbe pensare che avrebbero approfittato immediatamente di questo nuovo design del corpo e sarebbero andati incontro a fama e fortuna biologica”, ha detto David Jablonski, Distinguished Service Professor di Scienze Geofisiche all’UChicago e coautore del lavoro. “Ma non è stato così“. Pare che invece bivalvi si siano ramificati lentamente rispetto ad altri gruppi originatisi all’epoca. “È sorprendente che siano riusciti a sopravvivere”, ha detto Jablonski. “Anche dopo essersi organizzati e aver iniziato a diversificarsi dopo circa 40 milioni di anni, non hanno mai mostrato una vera esplosione di specie o di ecologie“. Una cosa che volevano verificare era se questa potesse essere una falsa impressione causata da una qualche lacuna nella documentazione fossile. Collins ha spiegato che i fossili di quell’epoca sono difficili da trovare – molte rocce sono state metamorfosate in altri tipi di roccia – e anche difficili da identificare quando esistono. Tuttavia, hanno scelto di eseguire una serie di test e simulazioni al computer e hanno scoperto che è improbabile che questo abbia influenzato i risultati. Non è chiaro il motivo del ritardo dei bivalvi, ma una possibilità è che non avessero ancora evoluto un organo chiave: una branchia allargata per filtrare il plancton dall’acqua, come fanno oggi molti bivalvi. Quando hanno trovato questo adattamento, i fondali marini erano molto più affollati. “Se ti presenti in anticipo sulla pista da ballo, puoi fare quello che vuoi, ma se ti presenti in ritardo, la gamma di movimenti è limitata“, ha detto Jablonski. Ma i bivalvi sopravvivono e addirittura oggi prosperano, nonostante il loro ritardo evolutivo. Quindi, le ricerche del gruppo non si fermeranno qui perché gli scienziati intendono esaminare la risposta dei bivalvi alle estinzioni nel corso del tempo e vedere se sono emersi nel frattempo modelli evolutivi simili in altre specie. Una cosa che vogliono capire è cosa significa ripopolare la specialmente dopo un’estinzione.