La prima nave affondata dai ‘Super-Kamikaze’ giapponesi è stata ritrovata nelle profondità dell’oceano grazie ad un drone

Nel corso degli ultimi 13 anni, Tim Taylor e Christine Dennison hanno esplorato il fondo dell’oceano utilizzando robot subacquei autonomi per scoprire e documentare i relitti di sette sottomarini statunitensi persi durante la Seconda Guerra Mondiale. Come riporta un lungo reportage della CNN, l’ultima scoperta, altrettanto notevole per le implicazioni storiche, si lega almeno in parte alla storia personale di uno dei due ricercatori.

L’USS Mannert L. Abele è, infatti, la prima nave militare americana ad essere stata affondata da un nuovo e all’epoca ancora sconosciuto aereo kamikaze giapponese a propulsione a razzo. Durante la guerra, il padre di Taylor, che era un marinaio in servizio nel Pacifico, rischiò di morire proprio per colpa di un aereo molto simile. Si salvò solo perché il veicolo imbottito d’esplosivo rimbalzò sullo scafo della nave invece di esplodere sul colpo.

L’USS Mannert L. Abele è stata ritrovata a 1372 metri di profondità, sotto all’Oceano Pacifico, e ad oltre 130km di distanza dalla costa più vicina. Senza il robot subacqueo e autonomo usato dai ricercatori, scoprire questo relitto sarebbe stato virtualmente impossibile.

A motivare Taylor non c’è soltanto la passione per la scoperta, ma anche e soprattutto la volontà di dare un tributo agli oltre 12mila americani che hanno perso la vita ad Okinawa. «Taylor e Dennison si stanno impegnando affinché più famiglie possano finalmente scoprire dove si trovano le tombe in acque profonde dei loro genitori o dei loro nonni morti in guerra», spiega la CNN.

Nonostante le nuove tecnologie rendano più facile ciò che solamente fino a pochissimi anni fa sarebbe stato impensabile, Taylor spiega che la Marina militare americana ha ormai quasi abbandonato l’idea di recuperare i relitti di tutte le sue navi da guerra perse durante la Seconda Guerra Mondiale. «I continui tagli hanno ridotto il budget di queste operazioni all’osso», ha spiegato.

Contestualmente, quella di Tim Taylor e Christine Dennison è una corsa contro il tempo. La presenza umana – tra cavi, infrastrutture di diversa natura e piattaforme d’estrazione – nell’oceano si sta facendo sempre più intensa, rendendo il recupero dei vecchi relitti ancora più difficile. In passato è successo che alcune navi affondate venissero sventrate per rivenderne l’acciaio, nonostante la loro importanza storica.

«Non siamo cacciatori di tesori», ha spiegato Taylor. «Stiamo cercando di mantenere viva la storia di questi ragazzi. La Seconda Guerra Mondiale è un periodo della nostra storia in cui abbiamo combattuto il lato più oscuro della natura umana e abbiamo vinto».

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