Renfield, la recensione: Dracula e il pop del XXI secolo

Renfield

Ci sono delle pellicole che funzionano “in teoria”. Perché sono all’interno del progetto giusto, perché riescono ad avere dietro il budget giusto grazie al fatto che riescono a coinvolgere i nomi giusti (di solito davanti alla camera, ma a volte anche dietro) e soprattutto perché (e questa è una cosa enormemente raccomandata per il cinema di oggi) riescono ad inglobare un immaginario che attrarrà sicuramente il pubblico, giusto. Queste pellicole funzionano “in teoria”, ma “in pratica” spesso no, perché ad un film occorre molto molto altro oltre quello che abbiamo sopra elencato. Ecco, il film di cui stiamo per parlare non rientra in questa categoria. Il film di cui stiamo per parlare è straordinario “in teoria” e questo basta anche per farlo funzionare “in pratica”.

I motivi per cui la recensione di Renfield, in sala dal 25 maggio 2023 con Universal Pictures, è così attesa non sono da cercare nelle promesse della pellicola in sé, ma per i nomi coinvolti, a partire da un animale strano come il regista Chris McKay e l’autore del soggetto Robert Kirkman (barbuto creatore del fumetto The Walking Dead) fino ai perfetti protagonisti, Nicholas Hoult, che con il comedy horror già ha avuto a che fare (Warm Bodies vi dice qualcosa?) e Nicolas Cage, non solo perché ormai qualsiasi interpretazione dell’attore diventa un film nel film, ma perché il nome più importante è quello che è chiamato a (re)interpretare: Dracula.

Ci sono delle pellicole che funzionano “in teoria”.

Un mix esplosivo bastato per far arrivare sullo schermo una pellicola che si diverte a sfumare elementi di commedia, di horror e di gore, con uno sguardo da cinema nordamericano pop sia nel linguaggio (ancora MCU, ma che ci volete fare, ormai il trend è quello) e sia nelle tematiche (destrutturazione del mostro e denuncia delle relazioni tossiche), guardando sempre all’omaggio fedele e dissacrante che si preoccupa di mantenere una certa coerenza e, soprattutto, una certa onestà, durante il costante processo di contemporaneizzazione di un mito senza tempo.

Il mio boss è differente

Tutte le relazioni sono tossiche. Lo dicono fior fiori di analisti, psicoterapeuti familiari e di coppia, psichiatri, baristi ed edicolanti. Questi ultimi perfettamente informati.

Tutte le relazioni sono tossiche per mille motivi differenti. Il trucco è capire quale relazioni riesce a bilanciare il suo gradiente acido con un corrispettivo adeguato che possa far sentire gli individui realizzati, entusiasti, capiti, desiderati. Il passare del tempo può aiutare, ma anche essere fatale, dipende dal tipo di rapporto e dalle attitudini varie ed eventuali.

C’è la crisi del settimo anno per esempio, ma c’è anche l’amore delle nozze d’oro. Chissà che succede quando si parla di uno strettissimo rapporto in essere da oltre un secolo, in cui i due partner dipendono strettamente l’uno dall’altro nonostante ci sia una parte evidentemente più dominante e l’altra evidentemente più sottomessa. Anche se poi è proprio quest’ultima ad avere nelle sue mani, potenzialmente, le redini del destino del rapporto stesso. 

Tutte le relazioni sono tossiche.

Renfield

Parliamo di una relazione esistenziale, più associabile al sostentamento che alla corrispondenza di amorosi sensi. Uno di quei rapporti per i quali si può entrare benissimo a far parte dei gruppi di ascolto tanto cari agli anglofoni in giro per il mondo. In questo format terapeutico trova riparo e comprensione Renfield (Hoult), parte lesa (secondo lui) nel suo rapporto con il suo boss, Dracula (Cage), per cui è procacciatore di vittime innocenti oltre che strenuo difensore nel momento in cui l’esorcista di turno decida di occuparsi del Principe delle Tenebre una volta per tutte.

Una vita veramente stressante in cui l’uomo (insomma, “uomo”, quello che è) non si riconosce più, un po’ per la ciclicità, un po’ perché l’innocenza di queste vittime comincia a pesare sulla coscienza e un po’ perché si sente emotivamente schiacciato dall’atteggiamento ricattatorio del suo partner, che non è facilissimo da gestire.

Tutto esplode definitivamente quando sulla sua strada si para Rebecca (Awkwafina) e la famiglia criminale dei Lobos, specchi rivelatori in cui entrambi i protagonisti riescono a trovare una parte di loro stessi e dunque a riflettere sulla loro relazione. Tossica. Come tutte le altre.

Il film delle co-dipendenze

McKay legge Kirkman e decide di ispirarsi ad una narrazione vicinissima al linguaggio del Marvel Cinematic Universe. Il protagonista ha pure i super poteri ricaricabili.

Il regista conserva l’estetica fumettistica, guardando alla comedy stile Casa delle Idee ed esasperandone la parte più vicina al gore e allo splatter e, infine, punta dritto all’immaginario del nome a cui la pellicola è attaccata, quello di Dracula, giocando tantissimo con l’identità attoriale di Nicolas Cage. Lui che non sfigurerebbe nei panni del Conte nella pellicola di Browning del 1931 (vedere il film per credere), ma forse neanche in qualsiasi sua versione vicina, per esempio, all’espressionismo tedesco oppure in un qualsiasi film della Hammer.

Questa pellicola, o meglio, questo ruolo è per Cage veramente un guilty pleasure che teneva in serbo da anni e in nome del quale cerca costantemente l’iconicità, anche a discapito del resto. Il suo Dracula è messo in scena per rimanere impresso, sempre, in ogni inquadratura, in ogni smorfia, in ogni movimento, in ogni sguardo. E questo è sintomatico della piega che ha preso la carriera di questo artista, primo schiavo e primo artefice della sua nomea e del suo piccolo mito.

Il film parla di co-dipendenza? Bene, ecco a voi la co-dipendenza di Nicolas per Cage. Un racconto nel racconto, che procede in parallelo e si alimenta ad ogni scena.

Nicolas Cage

Questa pellicola, o meglio, questo ruolo è per Cage veramente un guilty pleasure che teneva in serbo da anni e in nome del quale cerca costantemente l’iconicità, anche a discapito del resto.

Renfield è una origin story di un personaggio che potrebbe veramente avere un ruolo nel prossimo film dedicato a Deadpool, a patto che abbia una palette di colori più Disney e meno Sony, senza che nessuno possa avere nulla da eccepire. I suoi problemi non sono certamente nelle prove attoriali (abbiamo parlato abbondantemente di Nic, ma non manchiamo di sottolineare la precisione di Hoult), a parte magari la gestione di Awkwafina (a proposito di MCU), forse un po’ sprecata, ma stanno nel mix tra la parte volutamente trash e quella più legata alla ricostruzione al mondo del vampiro più famoso di sempre.

Esseri viventi o non morti

La pellicola di McKay ha il suo cuore tematico in un topic particolarmente interessante a livello psicologico e lo tratta molto bene stando al linguaggio scelto, per di più esso è assolutamente coerente con la modernizzazione di Dracula e della sua visione del mondo, fatta di prede e di predatori e di tutte quelle piccole (ma fondamentali) regole per essere un buon non morto con i denti a punta.

Poi c’è il film in quanto tale e il film in quanto tale paga una serie di leggerezze e imprecisioni. Le paga a livello di sceneggiatura, di messa in scena (non ci riferiamo prettamente alla regia, perché la parte di trucco e parrucco e scenografia è assolutamente idonea), di costruzione narrativa attraverso il montaggio e, soprattutto (altra cosa in comune con l’MCU diranno i più cattivi), nel comparto degli effetti speciali.

Questo ultimo aspetto è francamente incredibile.

Nicholas Hoult

Poi c’è il film in quanto tale e il film in quanto tale paga una serie di leggerezze e imprecisioni.

Insomma, lo “scheletro tecnico” che fa da corpus cinematografico cigola piuttosto rumorosamente, in certi frangenti in particolare anche pericolosamente, ma questo non fa mai precipitare sul serio il film, che alla fine riesce sempre a risollevarsi e ad interessare lo spettatore.

Questo perché l’anima di una pellicola come Renfield, nonostante risulti in conclusione piuttosto debole, sfilacciata e a volte fuori dagli schemi, come se un suo baricentro non riuscisse mai veramente a trovarlo, riesce a soddisfare i mille aspetti che “in teoria” deve riuscire a coprire per esistere. Un film riuscito tra quei film commerciali nordamericani di oggi, prima fatti a tavolino e solo dopo pensati come opere parlanti e pensati. Dopo tutto non gli serviva neanche entrare a far parte degli esseri viventi, gli bastava raggiungere i non morti.

Renfield è disponibile nelle sale dal 25 maggio 2023 con Universal Pictures.

60
Renfield
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Renfield è la nuova pellicola di Chris McKay, tratta da un soggetto ideato da niente poco di meno che Robert Kirkman, e che vuole trovare la sua dimensione da comedy gore a metà tra omaggio e reinvenzione pop dell'immaginario legato al Principe delle Tenebre. Per farlo guarda ad un tipo di narrazione supereroistica, facendo una origin story e trovando il tema della co-dipendenza per attualizzare il rapporto tra due personaggi storici e la cui relazione non ha mai avuto un futuro nel materiale originale. I due volti sono quelli di Nicholas Hoult, assolutamente in parte, come sempre, e di Nicolas Cage, che nel suo Dracula riversa tutta la sua voglia di donare iconicità al personaggio e dando sfoggio di tutta la sua ridondante identità artistica. Purtroppo la pellicola manca di una sua identità precisa, perdendosi dietro alle sue mille voglie di fare e strafare. Perché poi una pellicola sempre si deve fare e in questo pare fosse veramente l'ultimo dei pensieri.

ME GUSTA
  • Nicholas Hoult è perfetto, ma Nicolas Cage è uno spettacolo nello spettacolo.
  • La parte legata all'attualizzazione dell'immaginario del Principe delle Tenebre.
  • La trovata della co-dipendenza e il suo trattamento secondo un linguaggio pop.
FAIL
  • La costruzione della pellicola è sembrato l'ultimo dei pensieri di tutti.
  • La CGI e la componente trash.
  • La gestione di Awkwafina, un po' sprecata.
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