Il potente James Webb Space Telescope è stato in grado di catturare i confini dello spazio a un livello di fedeltà mai raggiunto prima, e una delle ultime entusiasmanti scoperte è la possibilità che le gigantesche stelle fossero presenti già dall’alba dei tempi. Sebbene non si conosca l’aspetto di queste prime stelle, è stato ipotizzato che avessero la massa di 10.000 o più soli. Ora, i ricercatori dell’Università di Ginevra, in Svizzera, potrebbero aver trovato dati dal James Webb Telescope che suggeriscono che queste teorie sono corrette. L’astrofisica Corinne Charbonnel dell’Università di Ginevra ha spiegato come questi indizi possano far pensare alle stelle “mostro” teorizzate.
I super ammassi stellari
Per spiegare i dati trovati, dobbiamo innanzitutto parlare degli ammassi globulari. Gli ammassi globulari sono gruppi stellari densi che contengono da 100.000 a 1 milione di stelle che hanno tutte proprietà chimiche simili, il che significa che probabilmente sono nate più o meno nello stesso periodo dalla stessa nube di gas. Esistono anche ammassi globulari antichi che contengono stelle prossime alla morte e alcuni di questi vecchi ammassi presentano una strana abbondanza chimica di elio, azoto e sodio e un relativo impoverimento di carbonio e ossigeno. Questa abbondanza indica la possibilità che l’idrogeno stia bruciando a una temperatura incredibilmente alta, il che significa che questi ammassi potrebbero contenere i nuclei di quelle che un tempo erano stelle supermassicce. Questa teoria è stata proposta già nel 2013 e le recenti scoperte di Charbonnel e dei suoi colleghi potrebbero confermarla. Charbonnel e il suo collega Mark Gieles hanno teorizzato la possibilità che i venti stellari provenienti dalle stelle abbiano contaminato questi ammassi con l’abbondanza di elementi chimici e che le collisioni con stelle più piccole abbiano reintegrato la massa delle stelle. Queste stelle hanno vita è in genere di circa 2 milioni di anni. Ciò significa che la loro luce si è affievolita e che abbiamo solo indizi indiretti per capire come potevano essere. Charbonnel e Gieles hanno proposto questa teoria nel 2018, ed è qui che entra in gioco il James Webb Space Telescope. Grazie alla potenza del JWST, sono riusciti ad analizzare la luce della galassia GN-z11, trovata appena 440 milioni di anni dopo il Big Bang e la cui luce ci raggiunge appena dopo 13,3 miliardi di anni. La galassia GN-z11 è arricchita di azoto rispetto all’ossigeno e il rapporto di abbondanza è più di quattro volte quello del nostro Sole. Attraverso ulteriori analisi e modellizzazioni, Charbonnel e i suoi colleghi sono riusciti a scoprire che le stelle tra le 1.000 e le 10.000 masse solari potrebbero spiegare l’abbondanza di azoto, poiché solo i nuclei di queste stelle potrebbero bruciare l’idrogeno a temperature sufficientemente elevate da creare una tale abbondanza. Sebbene l’articolo e i ricercatori si affrettino a sottolineare che queste prove non sono definitive, il James Webb Space Telescope continuerà a fornirci sempre più informazioni sui primi eventi del nostro universo.