Galassie supermassicce: un’analisi rivoluzionaria mette in discussione i modelli cosmologici

I primi risultati ottenuti dal James Webb Space Telescope (Jwst) hanno portato alla luce l’esistenza di antiche galassie estremamente massicce, il cui elevato peso mette in discussione il modello predominante sulla formazione delle strutture cosmiche. Non solo si è cercato di trovare una spiegazione a questo eccesso di massa, ma uno studio condotto dal Cosmic Dawn Center suggerisce che le masse potrebbero addirittura essere ancora più elevate.

Fin dai primi giorni in cui sono state rilasciate le prime immagini, e successivamente nei mesi successivi, sono emerse segnalazioni di galassie sempre più distanti che sembrano essere “troppo massicce” per essere spiegate dal modello cosmologico standard. Secondo tale modello, queste strutture non avrebbero avuto abbastanza tempo per formare così tante stelle. Tuttavia, ci sono diverse ragioni per essere prudenti nel cercare un cambiamento di paradigma: le epoche misurate in cui vediamo le galassie potrebbero essere state sottovalutate, le masse stellari potrebbero essere state sovrastimate o potremmo aver semplicemente scoperto la galassia più massiccia di quell’epoca.

Uno studio recente pubblicato sull’Astrophysical Journal da Clara Giménez Arteaga, dottoranda presso il Cosmic Dawn Center in Danimarca, suggerisce un effetto che potrebbe aumentare ulteriormente questa tensione. Di solito, la massa stellare di una galassia viene stimata misurando la quantità di luce emessa e calcolando quante stelle sono necessarie per produrre quella luminosità. Tuttavia, esaminando da vicino un campione di cinque galassie osservate con il telescopio Webb, Giménez Arteaga ha scoperto che considerare la galassia come un insieme di singole sorgenti, anziché come una sola entità, produce risultati molto diversi.

Utilizzando un metodo che analizza i pixel individualmente anziché considerare l’intera galassia, le masse stellari dedotte sono risultate fino a dieci volte più grandi. In pratica, questo significa che se si considera una galassia come un insieme di diverse sorgenti stellari anziché una sola entità, la massa totale risulta essere molto maggiore. Secondo Giménez Arteaga, ciò è dovuto al fatto che le popolazioni stellari sono composte da stelle piccole e deboli insieme a stelle luminose e massicce. Se si considera solo la luce combinata, le stelle luminose tendono a eclissare completamente le stelle deboli, facendole passare inosservate. L’analisi condotta mostra che gli ammassi luminosi che formano stelle possono dominare la luce totale, ma la maggior parte della massa si trova nelle stelle più piccole.

La massa stellare è una delle principali proprietà utilizzate per caratterizzare una galassia, e i risultati di Giménez Arteaga sottolineano l’importanza di poter risolvere le immagini delle galassie. Tuttavia, ciò non è sempre possibile per le galassie più lontane e deboli. Pertanto, è necessario cercare altre firme o indizi che non richiedano un’elevata risoluzione e che siano correlati con la “vera” massa stellare.

Giménez Arteaga afferma che anche studi precedenti hanno riscontrato questa discrepanza in epoche più tarde della storia dell’universo. Se si riesce a determinare quanto comune e significativo sia questo effetto nelle epoche precedenti e a quantificarlo, si potrà avvicinarsi a dedurre in modo robusto le masse stellari delle galassie lontane. Attualmente, questo rappresenta una delle principali sfide nello studio delle galassie dell’universo primordiale.

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