La Coca-Cola con cocaina veniva venduta nelle farmacie come medicinale ed era pubblicizzata come una bevanda che poteva rendere le persone più felici e intelligenti. Quando la bevanda fu creata per la prima volta, nel 1885, era qualcosa di completamente diverso e veniva descritta come un tonico che poteva migliorare le funzioni cerebrali e curare tutti i tipi di disturbi compreso il mal di testa, mal di stomaco e affaticamento. La quantità di cocaina nella Coca-Cola era di circa 9 milligrammi per bottiglia, una dose sufficiente a causare dipendenza ed effetti collaterali come ansia, paranoia e allucinazioni. All’epoca in cui la bevanda fu creata, non era insolito che i prodotti alimentari contenessero una piccola quantità di droga illecita. La ricetta della Coca-Cola subì molti cambiamenti negli anni successivi, soprattutto quando entrarono in vigore norme e regolamenti. La Coca-Cola eliminò la cocaina dalla sua formula nel 1903, dopo le pressioni della stampa e del governo che denunciarono i pericoli della droga. Tuttavia, la Coca-Cola continuò a usare le foglie di coca (da cui si estrae la cocaina) come aromatizzante fino al 1929.
Mercurio per trattare la sifilide

Il mercurio per trattare la sifilide era una pratica medica che consisteva nell’usare il mercurio, un metallo tossico, come rimedio per la malattia infettiva causata dal batterio Treponema pallidum e trasmessa sessualmente. Il mercurio fu usato fin dal XV secolo, quando la malattia si diffuse in Europa dopo le prime esplorazioni geografiche. Si pensava che il metallo potesse uccidere il batterio e guarire i sintomi della malattia, come le ulcere genitali, le eruzioni cutanee, le lesioni agli organi interni e i disturbi neurologici. Il mercurio veniva somministrato in vari modi: come unguento da applicare sulle lesioni, come polvere da ingerire o da inalare, come cloruro di mercurio (calomelano) da assumere per via orale o rettale, o come vapore da respirare in apposite stanze riscaldate. In realtà, soprattutto con quelle dosi, il mercurio agiva come un vero e proprio veleno che provocava gravi danni al fegato, ai reni, al cervello e al sistema nervoso. Infatti, causava spesso più sofferenza e morte che la stessa malattia. Il detto “una notte con Venere, una vita con Mercurio” esprimeva bene il destino dei malati di sifilide. La pratica fu abbandonata nel XX secolo, quando fu scoperta la penicillina.
Chirurgia contro la balbuzie

La chirurgia per rimuovere la balbuzie era una pratica molt0 controversa, che consisteva nell’asportare o modificare alcune parti del sistema nervoso o muscolare coinvolte nella produzione della parola. Questa pratica ha avuto origine nel XIX secolo, quando alcuni medici tentarono di curare la balbuzie tagliando la lingua o il frenulo linguale dei pazienti, con risultati scarsi o nulli e con gravi complicanze. Successivamente, si sono sperimentati altri tipi di interventi chirurgici, come la sezione dei nervi laringei, la miotomia (sezione chirurgica) dei muscoli vocali, la palatoplastica e la stimolazione cerebrale profonda. Tuttavia, questi interventi sono stati effettuati solo su un numero limitato di casi e non hanno dimostrato una reale efficacia nel ridurre o eliminare la balbuzie, anzi, hanno presentano numerosi rischi ed effetti collaterali, come infezioni, emorragie, danni ai nervi, alterazioni della voce e problemi psicologici. La balbuzie è un disturbo multifattoriale, che richiede un approccio multidisciplinare e personalizzato. Le terapie più indicate sono quelle logopediche e psicologiche, che mirano a migliorare la fluenza verbale e la gestione emotiva del disturbo.
Pastiglie Allock a base di cocaina contro la febbre da fieno e raffreddore

Le compresse di cocaina Allock per la febbre da fieno erano un prodotto farmaceutico venduto negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo. Si trattava di pillole contenenti cocaina e altri ingredienti, come caffeina, fenacetina e bicarbonato di sodio. Queste pillole erano pubblicizzate come un rimedio efficace per la febbre da fieno, il raffreddore, il mal di testa e altri disturbi. Tuttavia, le compresse di cocaina Allock erano anche molto pericolose, in quanto potevano causare dipendenza, intossicazione, effetti collaterali gravi e persino la morte. Le compresse furono ritirate dal mercato nel 1914, quando entrò in vigore il Harrison Narcotics Tax Act, una legge federale che regolamentava la produzione e la distribuzione di sostanze narcotiche come la cocaina e l’eroina.
Sedersi dentro una carcassa di balena contro i reumatismi

Sembra che si tratti di un rimedio popolare usato in passato da alcune comunità della costa sud dell’Australia, che credevano che sedersi dentro una balena potesse curare i reumatismi. Si pensava che il calore e l’umidità della carcassa di balena potessero alleviare i dolori articolari causati dall’artrite. È, ovviamente, una pratica molto pericolosa e insalubre, in quanto le carcasse di balena sono fonte di infezioni, malattie e parassiti.
Sciroppo calmante della Signora Wilson

Lo sciroppo calmante della signora Winslow era un farmaco molto popolare nel XIX secolo, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra. Era usato per sedare i bambini che piangevano o che soffrivano di dentizione, tosse, dissenteria e altre malattie. Tuttavia, lo sciroppo conteneva morfina e alcol, due sostanze molto pericolose per la salute dei piccoli. Molti bambini morirono per overdose o dipendenza da questo sciroppo, che fu soprannominato il “baby killer“. Lo sciroppo fu ritirato dal mercato solo nel 1930, dopo che furono introdotte leggi più severe sulla trasparenza dei componenti dei farmaci.
Dieta a base di tenia

La dieta della tenia non è una pratica nuova, ma risale all’epoca vittoriana, quando le donne cercavano di dimagrire per adeguarsi agli standard di bellezza dell’epoca, che richiedevano un aspetto pallido e debole. Si dice che alcune donne ingerissero volontariamente le uova di tenia o le pillole che le contenevano, sperando di perdere peso senza rinunciare al cibo. Tuttavia, questa dieta era molto pericolosa, e non esistono prove certe che fosse davvero diffusa o efficace. Alcune fonti sostengono che la dieta della tenia fosse solo una leggenda metropolitana o una trovata pubblicitaria. Comunque, dal punto di vista medico-scientifico, questa pratica arreca solo gravi danni per la salute. Inoltre, la tenia può raggiungere dimensioni notevoli (anche diversi metri) e può essere difficile da eliminare. Non esistono prove scientifiche che dimostrino l’efficacia o la sicurezza di questa dieta. Si tratta di una forma di auto infestazione volontaria che non ha alcun senso dal punto di vista medico e nutrizionale.
Il polmone di ferro

Il polmone di ferro era una macchina usata negli anni ’40 e ’50 per aiutare i pazienti a respirare quando avevano difficoltà a farlo da soli. Era costituito da una lunga camera di metallo che racchiudeva tutto il corpo tranne la testa. La camera veniva sigillata e la pressione all’interno veniva regolata con delle pompe. Quando la pressione scendeva, i polmoni si gonfiavano automaticamente, aspirando aria dall’esterno. Quando la pressione saliva, i polmoni si sgonfiavano, espellendo aria all’esterno. Il polmone di ferro si basava sul principio della ventilazione a pressione negativa, che imitava il meccanismo naturale della respirazione. Era usato principalmente per i pazienti affetti da poliomielite, una malattia infettiva che provocava la paralisi dei muscoli respiratori. Altri usi erano per i pazienti con tetano, botulismo o avvelenamento da gas. Il polmone di ferro era molto ingombrante e difficile da usare: richiedeva una costante assistenza medica e manutenzione, limitava la mobilità e la comunicazione dei pazienti e poteva causare complicazioni come infezioni, ulcere da pressione o danni ai polmoni. Fu sostituito gradualmente dai ventilatori a pressione positiva, che si basano su un tubo inserito nei polmoni per gonfiare e sgonfiare i polmoni. Questi ventilatori sono più piccoli, più facili da usare e più efficaci. Oggi il polmone di ferro è usato solo in casi molto rari e specifici, come per la terapia non invasiva di alcune forme di paralisi o condizioni respiratorie.
Le prime trasfusioni di sangue dall’animale all’uomo

Il primo (di cui si ha sicura notizia) che abbia eseguito una trasfusione nell’uomo è Giovanni Colle da Belluno che diede una meticolosa descrizione della tecnica trasfusionale nel “Methodus facile procurandi tuta et nove medicamenta” pubblicato nel 1628. Ma le prime trasfusioni di sangue documentate risalgono al XV secolo (1400-1500), quando vennero praticate a Papa Innocenzo VIII, che ricevette il sangue di tre bambini pagati un ducato ciascuno. Tuttavia, questa operazione non ebbe successo e il Papa morì poco dopo. Le prime trasfusioni di sangue in epoca moderna furono eseguite nel XVII secolo (1600-1770), da Jean-Baptiste Denys, medico di Luigi XIV e professore all’Università di Parigi. Denys realizzò una trasfusione di sangue dall’animale all’uomo, usando il sangue di un agnello. Il primo paziente fu un giovane affetto da febbre maligna, che sopravvisse all’intervento e si riprese. Denys ripeté l’esperimento su altri pazienti, ma non sempre con esito positivo: alcuni morirono per shock anafilattico o emolisi (distruzione dei globuli rossi). Le prime trasfusioni di sangue erano molto pericolose e imprecise: non si conoscevano i gruppi sanguigni né i fattori Rh, che determinano la compatibilità tra donatore e ricevente. Inoltre, non si usavano antisettici né aghi sterili, esponendo i pazienti al rischio di infezioni o emorragie. Le prime trasfusioni di sangue furono anche oggetto di controversie etiche e religiose: alcuni le consideravano una violazione della natura o una forma di cannibalismo. Le prime trasfusioni furono quindi bandite in molti paesi e dimenticate per secoli, fino alla loro rinascita nel XIX e XX secolo grazie agli sviluppi della medicina e della tecnologia.
I bagni elettrici

I bagni elettrici erano una pratica medica che consisteva nel somministrare delle scariche elettriche a un paziente immerso in una vasca d’acqua. Si pensava che l’elettricità potesse curare malattie come la depressione, l’isteria, il reumatismo o la paralisi. I bagni elettrici furono inventati nel XVIII secolo da Jean-Antoine Nollet, un fisico e abate francese che studiava i fenomeni elettrici. Nollet costruì una macchina elettrostatica che produceva scintille elettriche e le trasmetteva all’acqua della vasca tramite dei fili metallici. Il paziente doveva immergersi nell’acqua e ricevere le scariche per alcuni minuti o ore, a seconda della malattia da curare. Nollet sperimentò i bagni elettrici su sé stesso, su animali e su volontari, ottenendo risultati variabili. Alcuni pazienti riferirono di provare sollievo, altri di avvertire dolore o spasmi muscolari. I bagni elettrici furono usati per tutto il XVIII e il XIX secolo, soprattutto in Francia, Inghilterra e Germania. Tuttavia, erano molto pericolosi e inefficaci: potevano causare ustioni, ferite, aritmie o morte per folgorazione. Inoltre, non agivano sulla causa della malattia, ma solo sui sintomi. Furono abbandonati all’inizio del XX secolo, quando si svilupparono altre forme di terapia elettrica.