Non lo sa ancora, ma una bambina che vive nei pressi di Boston è entrata nella storia. La piccola di sette settimane è una delle prime persone a essere stata sottoposta a un’operazione sperimentale al cervello mentre era ancora nel grembo materno. Potrebbe averle salvato la vita. Per la prima volta, i ricercatori hanno eseguito con successo un intervento chirurgico in utero per riparare una condizione di sviluppo potenzialmente mortale, trattando una malformazione vascolare aggressiva, chiamata malformazione della vena di Galeno, nel cervello di un feto prima della nascita, secondo una nuova ricerca pubblicata oggi su Stroke, la rivista di riferimento peer-reviewed dell’American Stroke Association, una divisione dell’American Heart Association.

Cos’è la malformazione della vena di Galeno

La malformazione della vena di Galeno (VOGM) è una rara condizione prenatale in cui le arterie che portano il sangue ad alta pressione e ad alto flusso al cervello dal cuore si collegano direttamente a una delle principali vene di raccolta in profondità, alla base del cervello, anziché ai capillari necessari per rallentare il flusso sanguigno e fornire ossigeno al tessuto cerebrale circostante.

Questa condizione si verifica quando una vena si collega a un’arteria del cervello. Questi due tipi di vasi hanno funzioni diverse e devono essere tenuti separati: le arterie trasportano flussi di sangue ossigenato ad alta pressione dal cuore, mentre le vene, dalle pareti sottili, riportano indietro il sangue a bassa pressione.

Quando le due arterie si uniscono, il flusso di sangue ad alta pressione proveniente da un’arteria può allungare le pareti sottili della vena. “Con il tempo, la vena si gonfia come un palloncino”, spiega Darren Orbach, radiologo dell’ospedale pediatrico di Boston, in Massachusetts, che si occupa dei bambini nati con questa patologia. Il palloncino di sangue che ne deriva può causare gravi problemi al bambino. “Ruba sangue al resto della circolazione”, afferma Mario Ganau, consulente neurochirurgo presso l’Oxford University Hospitals nel Regno Unito, che non è stato coinvolto in questo caso specifico.

A causa dei cambiamenti nella fisiologia vascolare del neonato durante e dopo il processo di nascita, il flusso elevato nella malformazione ha un effetto ancora più grave sul cuore e sul cervello dopo il parto, esercitando un’enorme pressione sul cuore e sui polmoni del neonato. Questo può portare a ipertensione polmonare, insufficienza cardiaca o altre condizioni potenzialmente letali. La VOGM viene spesso osservata per la prima volta con un’ecografia prenatale e viene diagnosticata definitivamente con la risonanza magnetica durante il secondo o terzo trimestre di gravidanza. Si tratta di una lesione sporadica che insorge durante l’embriogenesi e che rappresenta meno dell’1% delle malformazioni cerebrali artero-venose. Si stima che la VOGM, la più comune malformazione vascolare cerebrale congenita, si verifichi in un caso su 60.000 nascite.

Come si è svolto l’intervento

I ricercatori hanno eseguito l’embolizzazione in utero su un feto con VOGM a 34 settimane e 2 giorni di età gestazionale, come primo paziente trattato in uno studio clinico in corso presso il Boston Children’s Hospital e il Brigham and Women’s Hospital, eseguito con la supervisione della Food and Drug Administration statunitense. L’embolizzazione in utero consiste nell’iniettare delle particelle o dei materiali biocompatibili all’interno dei vasi anomali per bloccarne il flusso sanguigno e ridurre la pressione sulla vena di Galeno. L’intervento è stato eseguito sotto anestesia generale per la madre e sotto anestesia locale per il feto. I ricercatori hanno usato un catetere per accedere ai vasi anomali attraverso l’arteria femorale della madre e hanno guidato il catetere fino al cervello del feto per chiudere le connessioni dirette arteria-vena nella malformazione e bloccare il flusso sanguigno in eccesso al cervello e al cuore, si sono diretti verso i punti di interesse con l’aiuto dell’ecografia e della fluoroscopia.  Tuttavia, l’embolizzazione è di per sé ad alto rischio e non sempre riesce a far regredire l’insufficienza cardiaca. Inoltre, potrebbero essersi già verificati gravi danni cerebrali, che potrebbero portare a disabilità cognitive e a condizioni pericolose per la vita del bambino, o addirittura alla morte. A causa della rottura prematura delle membrane durante l’embolizzazione in utero, il bambino è stato partorito per induzione del parto vaginale due giorni dopo. L’ecocardiografia dopo la nascita ha mostrato una progressiva normalizzazione della gittata cardiaca. In questo caso, il neonato non ha richiesto alcun supporto cardiovascolare o intervento chirurgico dopo il trattamento in utero ed è stato tenuto in osservazione in terapia intensiva neonatale per diverse settimane dopo la nascita a causa della prematurità, prima di essere mandato a casa. Durante questo periodo, il neonato ha avuto un esame neurologico normale e non ha mostrato ictus, accumuli di liquido o emorragie alla risonanza magnetica cerebrale. “Nel nostro studio clinico in corso, stiamo utilizzando l’embolizzazione transuterina guidata da ultrasuoni per affrontare la malformazione della vena di Galeno prima della nascita e nel nostro primo caso trattato, siamo stati entusiasti di vedere che il declino aggressivo che di solito si osserva dopo la nascita semplicemente non è apparso. Siamo lieti di riferire che, a sei settimane, il bambino sta progredendo molto bene, non assume farmaci, mangia normalmente, aumenta di peso ed è tornato a casa. Non ci sono segni di effetti negativi sul cervello“, ha dichiarato l’autore principale dello studio Darren B. Orbach, co-direttore del Centro di Chirurgia Cerebrovascolare e Interventi dell’Ospedale Pediatrico di Boston e professore di radiologia alla Harvard Medical School. L’équipe che ha condotto l’operazione prevede ora di trattare altri feti nello stesso modo. Altre condizioni cerebrali simili potrebbero beneficiare dello stesso approccio. Per condizioni come queste, la chirurgia cerebrale fetale potrebbe essere il futuro.