Il documentario di Netflix Money Shot racconta la controversa storia di PornHub, concentrandosi sulle sue luci e sulle sue altrettanto inquietanti ombre. È la storia di come tre studenti della Concordia “con una passione per le donne nude” abbiamo completamente stravolto l’industria dell’intrattenimento per adulti, e forse addirittura il web, ma è anche la storia di uno dei più grandi scandali che abbia mai interessato una piattaforma web, mettendo a rischio ( quasi vanificando) oltre un decennio di campagne marketing per normalizzare la pornografia.
Il documentario dura un’ora e mezza e sebbene sembra prenderla larghissima, addirittura partendo da una digressione sugli albori del porno online (che poi ovviamente coincidono con gli albori di internet stesso), rigorosamente in 2D e in caratteri ASCII, arriva molto presto al nocciolo della questione: Exodus Cry, l’articolo del NY Times “Le bambine di Pornhub” e la rivelazione di come il sito di MindGeek abbia a lungo ospitato pornografia non consensuale, video di stupri e pedopornografia senza prendere alcun provvedimento per impedirlo… e guadagnandoci.
Quello che segue è un processo che chiama al banco dei testimoni i sostenitori della pornografia e i suoi detrattori. Ma, vuoi per ignavia o per opportunismo, Money Shot ben si guarda da emettere una sentenza, preferendo un approccio ambiguo e inconcludente.
La storia del porno online, di Pornhub e delle persone a cui ha cambiato la vita
Fino a pochi anni fa, Pornhub era riuscito nell’impresa di diventare un brand pop di fama internazionale. Un sito per adulti, con contenuti scabrosi, eppure normalizzato. Oggetto di conversazione, protagonista di cartelloni pubblicitari nelle grandi città e brand iper-riconoscibile al centro di tazze, cappellini e magliette.
Ma prima di diventare un impero e di cambiare l’industria, Pornhub ne ha fatta di strada. Nasce nel 25 marzo del 2007, da un’idea di tre studenti. Già tre anni dopo cambierà proprietà, passando nelle mani del genio del web e pioniere Fabian Thylman, che trasforma una buona intuizione in una macchina da soldi, capendo – forse prima di molti blog e siti d’informazione – l’importanza del SEO: quelle best practice necessarie per farsi piacere a Google e finire nei primi posti del motore di ricerca. Ed è qui che Pornhub diventa un’istituzione, stracciando (e spesso acquisendo) la concorrenza.
Pornhub nasce nel 25 marzo del 2007, da un’idea di tre studenti. Già tre anni dopo cambierà proprietà, passando nelle mani del genio del web e pioniere Fabian Thylman e iniziando a diventare un impero
Nel frattempo Thylman si dimentica di pagare le tasse, finendo in carcere, e la società finisce nelle mani di due dipendenti che si dimostrano ancora più abili del loro precedente datore di lavoro. Siamo nel 2011, nel frattempo le case di produzione hanno abbandonato il loro risentimento per Pornhub, abbracciando pienamente la rivoluzione del web e iniziando a produrre contenuti espressamente pensati per internet e a vendere abbonamenti direttamente sulla piattaforma di MindGeek. Ed è in questo momento che Pornhub inizia a spingere su campagne marketing sempre più spregiudicate e aggressive: usa Kanye West come testimonial, fa installare un enorme cartellone pubblicitario a Times Square, dove normalmente compaiono le campagne pubblicitarie di Apple.
Non è esattamente un documentario Safe to Work
Money Shot mette davanti alla telecamera i sostenitori dell’industria pornografica e chi ci lavora. Quando il documentario si addentra nelle controversie e negli scandali che hanno accompagnato la storia recente del sito, ben si guarda dal dare un microfono ai promotori delle campagne di boicottaggio di Pornhub, limitandosi a farci sapere la loro opinione attraverso video di repertorio, o i commenti stizziti delle sex worker che si sentono minacciati dal loro attivismo.
Forse perché, come del resto ci spiega ben presto il documentario, i promotori della campagna contro Pornhub sono degli estremisti evangelici – e questo poco si sposa con il brand progressista ed inclusivo di Netflix.
Proprio perché questa storia ci viene raccontata soprattutto dai suoi protagonisti – cioè da chi con il porno ci paga l’affitto -, vale la pena di precisare che Money Shot non è esattamente un documentario Safe for work. E non solo per i temi trattati, ma anche per ciò che ci viene mostrato.
As esempio, raccontando di come ModelHub abbia cambiato gli equilibri dell’industria consentendo l’emancipazione economica delle (un tempo sottopagate) pornoattrici, Money Shot decide di portarci nella vita di una sex worker, mostrandoci una sua giornata tipo senza… lesinare dettagli e forse mostrando pure più di quello che avremmo voluto vedere.
ModelHub è una sorta di Onlyfans ante-litteram, cioè un programma che consente ai sex worker di monetizzare i loro video, vendere contenuti personalizzati o abbonamenti.
“Ho comprato casa grazie al programma ModelHub di Pornhub”, racconta una delle attrici intervistate. “Lavorando per le case di produzione tradizionali non ci sarei mai riuscita”. Il programma è stato messo in pausa da quando Mastercard e Visa hanno tolto il loro supporto a Pornhub.
I lati oscuri di Pornhub e l’incapacità di prendere posizione
È tutto oro quel che luccica? Chiaramente no. Così dal mondo glamour e sopra le righe delle sex worker, il documentario ci porta negli uffici più austeri della NCOSE, cioè la più grande organizzazione di contrasto al traffico di esseri umani e lo sfruttamento sessuale.
E si inizia a parlare della pornografia minorile e degli altri contenuti illegali finiti su Pornhub. La categoria teenager, ci spiega ad esempio il documentario, rimane da sempre una delle più viste dal pubblico di Pornhub. “Ma nel linguaggio del porno teen significa qualcos’altro”, precisa subito la storica del porno Noelle Perdue. “È più una tipologia di corporatura che un dato anagrafico”, ci dice. Sarà, ma il racconto del lati più oscuri del sito per adulti inizia proprio da qui.
E da qui inizia anche TraffickingHub, un movimento di protesta che chiede a gran voce la chiusura di Pornhub, accusandolo di aver monetizzato i video di alcune adolescenti vittime di stupro. La voce arriva anche Nickolas Kristof, veterano del New York Times, che ci scrive un lungo articolo -“ The Children of Pornhub, Le bambine di Pornhub” – che fa il giro del mondo.
Visa, Mastercard e Amex annunciano il divorzio da Pornhub, impedendo al sito per adulti di usare i loro circuiti di pagamento. La petizione di TraffickingHub nel frattempo supera i 2 milioni di firme. La mega-villa di uno dei dirigenti supremi di MindGeek va a fuoco (ma se i due eventi siano collegati non lo scopriremo mai).
Pornhub finisce per eliminare in pochi giorni oltre 10 milioni di video. Tutti quelli che erano stati caricati da utenti non verificati.
Quello di Money Shot è un racconto equilibrato, che non indugia in eccessi di moralismo e nemmeno di indulgenza. Ma forse il suo problema più grande è proprio questo
Quello di Money Shot è un racconto equilibrato, che non indugia in eccessi di moralismo e nemmeno di indulgenza. Ma forse il suo problema più grande è proprio questo: il documentario fallisce – o, meglio, si rifiuta – nel prendere una posizione netta, preferendo un cerchiobottismo esasperato.
Il porno è un argomento eccitante e cool? Sì ma, non privo di lati oscuri (e forse non ci voleva un documentario per arrivarci).
TraffickHub ha ragione nel denunciare il lassismo di MindGeek che ha portato alla monetizzazione degli stupri di delle adolescenti? Sì, ma dietro a rivendicazioni apparentemente “liberal” si nasconde in realtà ExpdusCry, un movimento oltranzista, estremista di destra e ultra-religioso.
E che dire degli aspetti più problematici ma allo stesso tempo controversi e dibattuti? Dalla dipendenza che può creare il porno, ai potenziali effetti sulla psiche degli adolescenti e il suo ruolo nel trasformare i costumi e le abitudini della popolazione occidentale? Poco o nulla, perché nessuno di questi temi – pur attuali e pur al centro di un importante dibattito in Francia e nel resto del mondo – entra anche solo d’accenno nel radar di Money Shot.
Per tutti questi motivi, Money Shot si limita a regalare allo spettatore un’ora e mezza di contenuto a suo modo interessante e informativo, ma privo di quella audacia che sarebbe stata necessaria a fornire una fotografia meno generica e superficiale del business di Pornhub e delle sue implicazioni sulla società. Peccato.
Money Shot mette sotto processo Pornhub e l'industria che rappresenta, ma manca del coraggio necessario per prendere una posizione netta ed emettere una sentenza di condanna o di piena assoluzione. Così è troppo facile...
- Un'interessante spaccato sulla storia di uno dei siti che più di tutti ha cambiato la società
- Affronta la storia del porno online a 360 gradi in maniera leggera ma esaustiva
- Un'ora e mezza di intrattenimento e informazione che farà la gioia dei fan dei documentari in stile Netflix
- Non ha l'audacia di prendere una posizione netta
- Non affronta alla radice alcuni dei problemi più controversi e dibattuti dell'intrattenimento per adulti