La Francia vieterà ai minori l’accesso ai siti porno e l’Italia vuole fare altrettanto

proposta francia siti per adulti

Ad inizio febbraio, il governo francese ha annunciato un piano per impedire ai minorenni di accedere ai siti per adulti. Ci aveva provato anche il Regno Unito, ma con risultati fallimentari.

I siti per adulti dovranno obbligatoriamente introdurre un sistema di verifica dell’età dei loro visitatori e avranno tempo fino a settembre per adempiere. I siti trasgressori verranno oscurati e non saranno visibili dalla Francia.

Le preoccupazioni del governo francese e i rischi per la privacy

Il governo sostiene che la visione in età precoce di contenuti per adulti rischia di avere un serio impatto sullo sviluppo del minore: da una visione distorta dell’affettività, alla creazione di aspettative esagerate e poco sane, passando per la normalizzazione della violenza sistemica sulle donne e arrivando al rischio di sviluppare in età giovanissima una vera e propria dipendenza per la pornografia.

«Voglio porre fine a questo scandalo e farlo oggi, nel 2023», ha dichiarato Jean-Noel Barrot, ministro con delega alla transizione digitale. «Porremo fine all’accesso indiscriminato ai siti porno da parte dei bambini». Secondo uno studio curato da OpinionWay e commissionato proprio dal governo francese, circa 1/3 dei minori di 12 anni sono stati esposti almeno una volta ad un sito per adulti, mentre il 62% dei ragazzi con un’età compresa trai 13 e 15 anni visitano abitualmente i siti porno.

Ma la proposta del governo francese non avrà un impatto esclusivamente sui minorenni, ovviamente. A partire da settembre tutti i residenti in Francia dovranno verificare la loro età prima di poter accedere ad un sito per adulti. Lo dovranno fare utilizzando un’applicazione del governo, che va installata sul telefono. I critici della proposta sostengono che il meccanismo scelto dalla Francia rischi di essere se va bene mortificante e se va male un enorme pericolo per la privacy.

E tutto per nulla: i ragazzi sanno benissimo che per aggirare un blocco nazionale è sufficiente una VPN. Si rischia di costringere ad un’umiliazione le persone meno digitalmente istruite e spostare l’attenzione dei minori verso piattaforme come Telegram, Reddit e Twitter, a loro volte invase dalla pornografia.

La Francia sarà il primo Paese al mondo ad implementare un sistema di questo tipo. Il resto dei Paesi europei e la maggior parte degli altri governi prevedono che sia necessario avere almeno 18 anni per visitare i siti con contenuti pornografici: di fatto il divieto non viene applicato in alcun modo ed è sufficiente un’autodichiarazione per accedervi.

Il goffo tentativo del Regno Unito e le tentazioni dell’Italia

Per il momento la Francia sembra voler procedere in questa direzione senza esitazioni. Ad ogni modo, è bene ricordare che altri Paesi ci avevano provato prima di lei, ma senza successo.

Il primo governo occidentale ad aver discusso una proposta simile è stato quello del Regno Unito: correva l’anno 2018. Già un anno dopo il governo, all’epoca guidato da Theresa May, dovette fare marcia indietro. Impossibile approvare la norma senza mettere a rischio la privacy dei cittadini. E le proteste erano state semplicemente incontenibili.

Tra le altre cose, chi si oppose alla proposta sostenne anche che l’iniziativa era un attacco alle libertà civili e che si trattava di un inquietante tentativo del governo di censurare il web. Ma non solo: si temeva anche che un database con le informazioni di tutti gli utenti che accedono ai siti porno potesse essere una calamita per i truffatori. Le frodi di tipo sextortion, dove si minaccia un utente di rivelare informazioni o foto compromettenti sul suo conto, sono in ascesa da diversi anni.

Sarà che il Regno Unito è la patria del liberalismo e che queste questioni hanno ancora un certo peso nel dibattito pubblico (quantomeno più che altrove e sicuramente più che in Francia), sta di fatto che non se ne fece più nulla. Nello stesso periodo anche l’Australia discusse l’introduzione di misure simili, ma con la morte della proposta britannica sparirono nel nulla anche i tentativi di emulazione.

Eppure, un successo dell’iniziativa francese potrebbe tentare anche molti altri governi, che condividono le stesse preoccupazioni sugli effetti che i video per adulti possono avere sui minorenni. Prova ne è che in Italia se ne è già iniziato a parlare.

Da Fratelli d’Italia arriva addirittura un commento di biasimo nei confronti del concetto stesso di pornografia. «I minorenni? Sono solo la parte visibile del problema, ma il dilagare della fruizione di pornografia è purtroppo in aumento», ha commentato, ad esempio, la deputata Chiara Colosimo, che nello stesso intervento ha citato i dati sulla fruizione di contenuti per adulti tra uomini e donne, senza distinzione d’età. Insomma, l’obbligo di verifica dell’età diventa un “deterrente”, anche per chi, però, il porno avrebbe tutto il diritto di guardarlo.

In un intervento decisamente meno stonato, pochi giorni fa Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, ha proposto di seguire il modello francese e introdurre divieti simili (non solo sul porno, ma anche sull’accesso ai social network da parte dei minori di 13 anni).

Peraltro, di recente un tavolo di lavoro coordinato dal Ministero della Giustizia, insieme a Agcom e Garante Privacy, si è parlato tra le altre cose di introdurre una ‘SPID’ per i minorenni. Nello specifico si parlava di un patentino digitale per accedere a servizi come le piattaforme social, ma è evidente che uno strumento di questo tipo potrebbe essere usato anche per monitorare l’accesso ai siti per adulti.

L’industria del porno è sotto assedio

Nel 2017 MindGeek, l’azienda dietro al sito per adulti più famoso di tutti, riuscì ad aprire un temporary store a Corso Como, in pieno centro a Milano. All’epoca il porno aveva raggiunto un livello di penetrazione all’interno della cultura pop senza precedenti, al punto che l’iniziativa – che un tempo avrebbe fatto alzare più di qualche sopracciglio – non destò particolare scalpore. Insomma, il porno era un fatto normale e accettato e lo stesso valeva per le aziende che lo producevano.

Ma i tempi in cui Pornhub poteva presentarsi come un brand brillante e accattivante sembrano ormai finiti. Da quando esiste internet, l’industria del porno non è mai stata oggetto di uno scrutinio così attento e severo.

Da quando esiste internet, l’industria del porno non è mai stata oggetto di uno scrutinio così attento e severo.

Le cose sono iniziate a cambiare nel 2019, quando il New York Times ha pubblicato un lungo articolo, firmato dal premio Pulitzer Nicholas Kristof, che inchiodava MindGeek e Pornhub alle loro gravi responsabilità. Il quotidiano americano accusò Pornhub di aver a lungo ospitato, tollerato e monetizzato migliaia di video dal contenuto gravissimo: stupri, violenze su minori e una moltitudine di altri episodi di porno non consensuale.

Poco importa che l’articolo si basasse sulle testimonianze di ragazze che nel frattempo erano diventate portavoce di Exodus Cry, una controversa non-profit che, abilmente, è stata in grado di mascherare la sua natura di organizzazione fondamentalista cristiana usando l’accusa di facilitare la tratta di esseri umani come ariete per assediare la pornografia tout court. Importa poco perché il contenuto di quelle testimonianze era autentico ed inquietante.

Visa e Mastercard reagirono alla pubblicazione dell’articolo tagliando ogni ponte con MindGeek (American Express non ha mai supportato l’industria del porno). Pornhub dovette intervenire in fretta e in furia evocando l’opzione nucleare e rimuovendo dal sito milioni di video: tutti quelli che provenivano da account non verificati.

Da quel momento le cose sono andate sempre peggiorando. Nello stesso periodo MindGeek ha dovuto anche rispondere dei suoi legami con Girls do Porn, un’azienda che produceva alcuni dei contenuti più visualizzati su Pornhub e che si è scoperto aver realizzato la maggior parte dei suoi contenuti ingannando le ragazze protagoniste dei video, con bugie e altri strumenti di coercizione. Dovette intervenire l’FBI, mettendo le manette ai polsi dei dipendenti e dei fondatori dell’azienda.

Oggi il pubblico guarda con maggiore sfavore all’industria dell’intrattenimento per adulti e nel frattempo l’attenzione è rivolta a piattaforme come Onlyfans

Oggi il pubblico guarda con maggiore sfavore all’industria dell’intrattenimento per adulti e nel frattempo l’attenzione è rivolta a piattaforme come Onlyfans, che premiando l’autoproduzione di contenuti, liberano i sex worker dai rischi di finire vittima di sfruttamento.

Per questo motivo, non stupisce che un’azione come quella promossa dal governo francese possa incontrare meno resistenze di quelle che avrebbe ricevuto un tempo. Quel genere di proteste che portarono il Regno Unito ad un dietrofront e che oggi, nel caso francese, non sembrano proprio destinate a manifestarsi. Tuttavia, un’applicazione goffa del divieto, una che potrebbe esporre gli utenti a gravi abusi, potrebbe suscitare comunque l’attenzione del regolatore europeo, che in materia di privacy non ci va affatto pesante.

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