65 – Fuga dalla Terra, la recensione: poco prima del Boom

Adam Driver

Scott Beck e Bryan Woods sono un duo creativo veramente piuttosto strano. Praticamente “nati e cresciuti insieme” per quanto riguarda la loro vita professionale, anche si sono conosciuti addirittura prima, durante gli studi, periodo in cui fondano una casa di produzione personale e sfornano i primi due lungometraggi, con uno dei quali vincono anche un ottimo concorso oltre l’amatoriale. Debuttano nel mondo dei grandi dopo praticamente 10 anni con Nightlight, un thriller sovrannaturale realizzato con la tecnica del found footage. Il film non lascia intravedere grandi doti, ma per fortuna il duo dà il meglio di sé quando si tratta di scrivere, tant’è che riesce a vendere una sceneggiatura alla Columbia Pictures, che, grazie alla mano fondamentale di John Krasinski, ci tira su niente poco di me che A Quiet Place. Il loro più grande successo, perché il loro secondo film è un piccolo slasher di nome Haunt, prodotto da Eli Roth, uscito in poche sale, ma ben trattato dalla critica. Una carriera finora di chiaroscuri dunque, ma che nel 2023 troverà un momento cardine perché i rampolli cresciuti in Iowa sono attesi da ben prove.

La prima ve la raccontiamo ne la recensione di 65 – Fuga dalla Terra, in sala da noi dal 27 aprile con Sony Pictures, prodotto sempre da Columbia e anche da Sam Raimi (Beck e Woods piacciono ai registi di genere) ed è un po’ horror, un po’ sci-fi, un po’ thriller. Quasi una summa dei generi esplorati finora, togliendo lo slasher. L’altra prova è The Boogeyman, di cui hanno scritto l’adattamento dall’omonimo romanzo di Stephen King.

Una carriera finora di chiaroscuri dunque, ma che nel 2023 troverà un momento cardine perché i rampolli cresciuti in Iowa sono attesi da ben prove.

Pensando sempre con lo sguardo rivolto al passato, possiamo intravedere in 65 la riproposizione di un’idea di uomo contro Natura, del mondo che è divenuto ostile, stavolta lavorando secondo un corto circuito metanarrativo interessante in poter inserire anche il classico viaggio dell’eroe sfumato nella sua eccezione (sempre più di moda) del racconto padre – figlia. Come The Road, come Lone Wolf and Cub e, sì, come The Last of Us. Con qualcosa in più di giurassico.

Ad uno sguardo invece centrato sulla pellicola presa in modo decontestualizzato, c’è veramente molto poco da dire oltre a domandarsi cosa ci faccia uno degli attori più importanti dello star system hollywoodiano contemporaneo in un film del genere. A meno che uno dei sogni di Adam Driver sia quello di lottare contro un T- Rex. Nella vita non si può mai dare nulla per scontato.

 

Anche i piloti hanno un cuore

Prima della nascita dell’umanità esisteva un pianeta chiamato Zoic, abitato da creatura incredibilmente simili agli umani e che, a quanto pare, parlano delle lingue molto simili a quelle che poi parleranno nell’epoca moderna. Dei presupposti ottimi per dei futuri sequel che potrebbero tranquillamente spazzare via secoli di darwinismo in poco più di un attimo, potere del cinemà.

Una di queste creature si chiama Mills (Driver), un omone (?) di quasi due metri che vive il dramma di doversi allontanare spesso da moglie e figlia (Nika King, qui in un ruolo più sfigato di quello ricoperto in Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri) a causa del suo impiego, il pilota spaziale. Mills ha infatti deciso di non partire più, fatto salvo per un’ultima missione che gli consentirebbe di trovare i soldi per curare la piccola, malata gravemente.

Come è ovvio che sia, la spedizione si traduce in un disastro colossale quando l’astronave viene investita da un’improvvisa pioggia di frammenti proveniente da un enorme meteorite e si schianta sulla superfice del pianeta limitrofo la zona dell’incidente, tentando una sorta di a pseudo atterraggio di fortuna.

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Dei presupposti ottimi per dei futuri sequel che potrebbero tranquillamente spazzare via secoli di darwinismo in poco più di un attimo, potere del cinema.

Mills è apparentemente l’unico sopravvissuto, ma decide di lottare per trovare una via di fuga solamente quando scopre che le apparenze ingannano. Da una delle criocapsule dei passeggeri spunta fuori una bambina di nome Koa (Ariana Greenblatt), malconcia, ma viva. Un motivo per il pilota per decidere di cominciare a lottare.

Cosa che dovrà fare e dovrà fare per bene, perché va bene che l’aria del corpo celeste su cui si è ritrovato è respirabile, ma è anche vero che ci sono diverse creature che possono quanto prima porre rimedio al piccolo inconveniente.

A spasso nel tempo

65 – Fuga dalla Terra è esattamente quello che sembra da trailer e dal titolo. Una pellicola in cui un attore straconosciuto è protagonista di un assolo cinematografico, in cui, oltre a fare il padre ad una bambina, spara ai dinosauri indossando una tuta futuristica nel tentativo di fuggire, letteralmente, dalla Terra. Da qui basta far andare la fantasia per capire esattamente di cosa stiamo parlando.

Beck e Woods cercano la loro dimora creativa nella rielaborazione di avvenimenti biblici (c’è un altro apocalisse, come in A Quiet Place), cercando il risalto dell’elemento umano e “laicizzando” le varie personificazione della Natura selvaggia grazie a trovate sci-fi. In questo caso mettendoci veramente troppo a svelare le carte, cercando di sorprendere lo spettatore con una rivelazione scontatissima arrivata a seguito di un intro veramente molto lungo.

L’idea cinematografica è sempre quella di sperimentare con i generi, cercando una dimensione da film al limite del blockbuster sia dal punto di vista produttivo (parliamo di una cifra intorno ai 50 milioni), che della messa in scena, dove però c’è una vera e propria classificazione di importanza per quanto riguarda la concentrazione di sforzi da impiegare guardando alla CGI dei dinosauri. Alcuni di loro sono veramente realizzati male, per non parlare di alcuni sfondi, in cui il green screen fa tornare Adam Driver ad essere un omone che corre urlando su un tapis roulant posizionato in uno stanzone verde. Peccato perché funziona la parte analogica relativa ai rottami della nave, così come il suo design e quello di tute e accessori.

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65 – Fuga dalla Terra è esattamente quello che sembra da trailer e dal titolo.

Gli scontri con dinosauri sono molto poco avvincenti e alcune soluzione sono pressocché pittoresche, come lo sono alcuni tentativi registici simil Krasinski per rievocare un minimo di tensione. Per non parlare del doppio rapporto padre – figlia del protagonista, didascalico e scontato in entrambe le direzioni, sia quando si tratta di elaborare il lutto per la perdita di una sia nel riscoprirsi nell’altra. L’idea del fischio ne è l’emblema.

Quello che però penalizza di più 65 – Fuga dalla Terra è il mistero del suo essere: non è un divertissement, non è un pop puro, ma neanche n un film totalmente di genere. Allora probabilmente è un’operazione di lancio di un franchise? Una cosa veramente simile a The Quiet Place? Allora dietro c’è veramente un’ambizione sfrontata sia in termini di proseguo della Storia, sia per quello che si chiede al pubblico (dinosauri e navi spaziali è un immaginario quanto meno raro) e soprattutto per quello che gli autori chiedono a se stessi. Ci vuole un film che risulti compatto, solido e mirato. Questo non lo è, anche se il suo potenziale ludico è ottimo, forse avrebbero dovuto puntare più su quello.

65 – Fuga dalla Terra è nelle sale dal 27 aprile 2023 con Sony Pictures.

50
65 - Fuga dalla Terra
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

65 - Fuga dalla Terra, il nuovo film di Scott Beck e Bryan Woods, è esattamente quello che sembra da trailer e dal titolo: un assolo di Adam Driver che si ritrova in film che gioca tra il buongusto e lo sperimentale, mentre uccide dinosauri con una tuta super tecnologica. Il duo di autori, prodotto da Sam Raimi, cerca il cortocircuito, lavorando ancora nelle crepe degli eventi apocalittici con un film che però si fa fatica a leggere, sospeso tra il genere e il pop, il divertissement e l'ambizioso. Scollato nelle sue idiosincrasie, rappresentate dalla presenza del suo troppo grande protagonista.

ME GUSTA
  • La componente prettamente ludica non è male.
  • La parte in cui si lavora più con l'analogico funziona meglio della parte in CGI.
  • L'immaginario è raro, bisogna dirlo.
FAIL
  • I due rapporti padre - figlia sono didascalici e scontati.
  • Gli scontri non i dinosauri non sono molto avvincenti e hanno delle soluzione pittoresche.
  • La regia cerca una tensione che non c'è veramente mai.
  • In alcuni momenti la CGI è molto scadente.
  • Il film è scontato e questo è un "CONTRO" dal momento in cui pensa di non esserlo.
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