Un astrofisico coinvolto nel rilascio della prima immagine di un buco nero, nel 2019, lo definì una “ciambella arancione sfocata”. Ma grazie alle nuove tecnologie disponibili, gli scienziati hanno presentato una nuova immagine migliorata di questo buco nero – un colosso al centro di una galassia vicina – utilizzando gli stessi dati usati per la precedente, ma migliorandone la risoluzione grazie all’impiego di algoritmi di ricostruzione dell’immagine per colmare le lacune nelle osservazioni originali del telescopio. Difficili da osservare per la loro stessa natura, i buchi neri sono entità celesti che esercitano un’attrazione gravitazionale così forte che nessuna materia o luce può sfuggire. L’anello di luce – cioè la materia che viene risucchiata dall’oggetto vorace – che si vede nella nuova immagine è largo circa la metà di quello che appariva nell’immagine precedente. C’è anche una “depressione di luminosità” più grande al centro – ovvero “il buco della ciambella” – causata dalla luce e da altra materia che scompare nel buco nero. L’immagine rimane un po’ sfocata a causa dei limiti dei dati su cui si basa anche se è un passo avanti rispetto alla versione del 2019.

Questo buco nero supermassiccio risiede in una galassia chiamata Messier 87, o M87, a circa 54 milioni di anni luce dalla Terra. Un anno luce è la distanza che la luce percorre in un anno, 5,9 trilioni di miglia (9,5 trilioni di km). Questa galassia, con una massa pari a 6,5 miliardi di volte quella del nostro sole, è più grande e più luminosa della nostra Via Lattea. I quattro autori dello studio, in cui la nuova immagine è protagonista, sono membri del progetto Event Horizon Telescope (EHT), la collaborazione internazionale iniziata nel 2012 con l’obiettivo di osservare direttamente l’ambiente immediato di un buco nero. L’orizzonte degli eventi di un buco nero è il punto oltre il quale qualsiasi cosa – stelle, pianeti, gas, polvere e ogni forma di radiazione elettromagnetica – viene inghiottita nell’oblio.

La stessa tecnica per un altro buco nero al centro della Via Lattea

Gli autori dell studio intendono utilizzare la stessa tecnica per migliorare l’immagine dell’unico altro buco nero mai fotografato, quello che abita il centro della Via Lattea, chiamato Sagittarius A*, o Sgr A*, pubblicata l’anno scorso. L’immagine del buco nero M87 deriva dai dati raccolti da sette radiotelescopi situati in cinque punti della Terra, che creano essenzialmente una parabola osservativa di dimensioni planetarie. “L’EHT è una schiera di telescopi molto rada. Non possiamo farci nulla perché dobbiamo posizionare i telescopi sulle cime delle montagne e queste montagne sono poche e distanti l’una dall’altra. La maggior parte della Terra è coperta dagli oceani”, ha dichiarato l’astrofisico del Georgia Tech e coautore dello studio Dimitrios Psaltis. “Di conseguenza, il nostro telescopio ha molti ‘buchi’ e dobbiamo affidarci ad algoritmi che ci permettano di riempire i dati mancanti”, ha aggiunto Psaltis. “L’immagine che riportiamo nel nuovo lavoro è la rappresentazione più accurata dell’immagine del buco nero che possiamo ottenere con il nostro telescopio a livello mondiale”. La tecnica di apprendimento automatico utilizzata si chiama PRIMO, acronimo di “principal-component interferometric modeling“.