Il sindaco australiano Brian Hood ha minacciato di intraprendere azioni legali contro il chatbot ChatGPT. Il motivo di tanto risentimento? Sembra che l’IA abbia diffuso informazioni infondate sul suo conto: rispondendo ad una domanda di un utente, ChatGPT ha scritto che Hood sta scontando in carcere una condanna per corruzione. Peccato che non sia assolutamente vero: il sindaco è completamente incensurato e, per quel che ne sappiamo, non ha mai preso una tangente in vita sua.

Pochi giorni fa, OpenAI ha aggiornato il suo sito, aggiungendo un piccolo disclaimer che avvisa gli utenti che l’IA potrebbe “introdurre informazioni false su persone, luoghi e fatti”.

Hood ha affermato che il tool, di proprietà di OpenAI, ha erroneamente sostenuto che fosse stato incarcerato per corruzione mentre lavorava per una filiale della banca nazionale australiana. In realtà, Hood si era limitato a fornire alcune informazioni alle autorità e non è mai nemmeno stato accusato di alcun reato.

I suoi avvocati hanno inviato una diffida a OpenAI.  La BBC riferisce che è un passaggio fondamentale, nel sistema penale australiano, per poter presentare una denuncia per diffamazione. OpenAI ha 28 giorni di tempo per rispondere al politico, se non lo farà, potrebbe essere costretta a difendersi in tribunale.

Sempre la BBC riporta che si tratterebbe della prima causa per diffamazione intentata contro OpenAI e ChatGPT. Il chatbot, che può rispondere a domande utilizzando un linguaggio naturale simile a quello umano e imitare altri stili di scrittura. Recentemente il Garante per la protezione dei dati personali italiano ha inibito ChatGPT dalla possibilità di trattare i dati degli utenti italiani, citando alcune preoccupazioni, OpenAI ha risposto bloccando l’accesso al tool dall’Italia. Ad oggi risulta ancora inaccessibile.