La prima compagnia che sta testando Il Cammino dell’Anello è partita da Dozza (in provincia di Bologna) direttamente dalla Tana del Drago, l’unico centro studi tolkieniano italiano, percorrendo la seconda tappa tra creste e calanchi fino alla cittadina di Brisighell
Il più anziano, ecco chi sono. Ricordate, amici, quel che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i sentieri prima della Gente Alta, e vide arrivata la Gente Piccola. Era qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri dei Tumuli. Quando gli Elfi emigrarono a ovest, Tom era già qui, prima che i mari si curvassero; conobbe l’oscurità sotto le stelle quand’era innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l’Oscuro Signore
J.R.R. Tolkien
Uno dei passi e personaggio, che più mi hanno appassionato della letteratura tolkieniana è senza dubbio Tom Bombadil. Uno spirito totalmente libero, al di sopra della grande oscurità che attanaglia la Terra di Mezzo, quasi disinteressato, come se i grandi mali che ci vengono descritti da Tolkien nella Terza Era è un qualcosa che non gli interessasse. Ma perché sono partito da Tom Bombadil per raccontare la terza tappa del Cammino dell’Anello? Perché come il suo arrivo fa breccia nel racconto di Frodo e compagnia, l’aver conosciuto Muller all’inizio della terza tappa mi ha proprio donato la medesima sensazione degli hobbit mentre giungevano a casa Bombadil. Muller è uno spirito libero, gestisce il piccolo borghetto sopra Borgo Rivola dove hanno alloggiato Michele con sua moglie Chiara, un personaggio d’altri tempi, che ha voluto tappezzare con immagini di Jim Morrison ogni muro del paese, delle casse musicali anch’esse piazzate in ogni angolo e con una spiccata propensione ai racconti a sfondo misterioso: insomma nella tappa centrale dove la compagnia deve attaccare le montagne l’incontro con Tom “Muller” Bombadil è stato incredibilmente curioso. Appena salutato l’amico Tom, e dopo aver visto una parte del borgo dove verranno fatte “feste hobbit” sicuramente più avanti, iniziamo la prima scalata del mattino. La terza tappa è la più faticosa e la più difficile, ci sono molti km e moltissimo dislivello, le gambe iniziano a farsi sentire pesanti, ma la voglia di arrivare alla fine della missione è sempre più forte. Con i membri della compagnia continuiamo a interrogarci nel bruciare o no l’anello che abbiamo al collo ormai da tre giorni, c’è chi lo vorrebbe tenere come ricordo, c’è chi vuole assolutamente bruciarlo, quindi mi rendo conto che seppur si tratta di un piccolo oggetto senza “poteri”, è proprio la nostra mente a donargli l’unicità e la magia.
C’è chi vorrebbe tenere l’anello e chi vorrebbe bruciarlo.
La salita continua costante e dopo alcuni passaggi si arriva in vetta, iniziando a percorrere le creste che ci portano fino a monte Mauro. Pur rimanendo nei limiti dell’escursionismo, i percorsi in cresta sono in grado di regalare emozioni uniche, indimenticabili. Letteralmente le creste sono sospese tra cielo e terra, quando il crinale della montagna si restringe sempre più, fino ad ridursi a un sottile “filo”, a volte largo poche decine di centimetri, a strapiombo su entrambi i versanti, pare quasi di camminare a mezz’aria, sospesi nel vuoto, in scenari e panorami mozzafiato e l’idea era proprio quella di assaporare le emozioni della Compagnia sopra il Caradhras o Montagne Nebbiose. La difficoltà del dislivello va in secondo piano, tanto spettacolare la visuale dei due paesaggi. I sali e scendi sono continui, con delle salite ripide e delle discese altrettanto a strapiombo, si cammina lenti e cauti, non ci sono parapetti e il baratro è sempre a pochi centimetri dai nostri piedi tuttavia sono quelle sensazioni adrenaliniche che solo la montagna sa donarti.
Verso le 12:00 intravediamo un monastero proprio in mezzo alla montagna quindi decidiamo di nuovo di scendere per poi risalire su una lunga via tortuosa fino a questo eremo che ci ha donato una mezz’ora abbondante di pace e silenzio nel momento del nostro pranzo. Camminare con zaino in spalla, dove tutto sta all’interno di un oggetto che trasporti con te, ti permette veramente di godere al massimo ogni singolo momento e anche ogni nuovo luogo dove poter mangiare, ecco perché l’idea del pranzo a sacco soprattutto quando si fanno questi particolari cammini, diventa il momento più bello della giornata. A pancia piena ripartiamo immediatamente per la seconda parte della giornata in quanto la primissima parte, vuoi il dislivello o vuoi anche alcune tappe di ricognizione, l’abbiamo gestita in modo un po’ troppo hobbit: insomma il rischio di non arrivare a Brisighella ad un orario buono per la luce c’è tutta. Non molliamo e riprendiamo subito gamba iniziando a scendere dall’eremo, il passo è buono, la compagnia è unita e viaggia spedita finché un nuovo stop: Collevento è veramente di fronte a noi. La medesima struttura rocciosa che abbiamo più e più volte ammirato nella trilogia di Peter Jackson si trovava lungo il percorso di rientro, altro punto segnato e appuntato. Mentre una parte della compagnia va in esplorazione di Collevento, io insieme a Fabrizio e Chiara decidiamo di cercare la famosa “onda di gesso” così declamata in moltissimi libri di settore di queste zone e dopo aver iniziato la difficile discesa (aggrappandoci ad arbusti e rami per non cadere di sotto) troviamo finalmente l’affascinante formazione di roccia che simula un’onda del mare. Tra l’altro come sempre il grande quantitativo di gesso al suo interno la fa splendere ad ogni capolino di luce solare, come il buon vecchio mithril.
La discesa non è semplice, le gambe iniziano a chiedere “aiuto” (il mio fisioterapista mi aveva avvertito) ma nonostante ciò arriviamo al bosco più basso, è incredibile come in pochi giorni abbiamo già ammirato e percorso decine e decine di paesaggi e morfologie totalmente diverse, sì perché dopo le rocce esposte delle creste ora ci troviamo in una radura quasi cambogiana, con liane e un fitto sottobosco ricoperto di foglie che ci ricordano moltissimo l’Amon Hen della trilogia cinematografica. Il sole sta scendendo e decidiamo di allungare un po’ il passo per riuscire ad arrivare a Brisighella ad orario tramonto, nel frattempo perdiamo un membro della compagnia Alessandro che inizialmente pensavamo che volesse abbandonare il percorso, per poi scoprire che si è fatto in solitaria l’ultimo tratto del percorso. In questa fase finale di Cammino dell’Anello attraversiamo un po’ di tutto dalla strada statale, ai vigneti, ai grandi campi coltivati fino al meraviglioso parco del Carnè, un vero e proprio gioiello all’interno del tragitto.
Altro paesaggio di nuovo e qui ci troviamo dagli amati elfi di Bilbo Baggins, delle strade molto morbide e curate ci accompagnano fino all’ingresso del rifugio-oasi del Carnè, la realtà senza dubbio più vicina a Gran Burrone (Valforra seguendo l’ultima traduzione di Ottavio Fatica) che potevamo incontrare. Dopo una pausa all’interno del rifugio ci apprestiamo ad arrivare all’ultima parte di percorso, costeggiando degli uliveti secolari (ci si può emozionare solamente perché si cammina in mezzo alla natura? a me è capitato) e dei simboli riconducibili ai Rohirrim lungo il percorso giungiamo a Brisighella. L’arrivo in questa città edificata sulla roccia è unico, la sua torre dell’orologio, il suo campanile e la sua struttura a livelli mi hanno fatto sentire quel brivido che solo una città come Minas Tirith, con le sue bianche mura, potrebbe darmi. E’ stupido o ridicolo? No, perché la motivazione che ci porta a camminare per ore e ore, con un piccolo anello al collo non è solo passione verso un autore e i suoi scritti, ma è anche l’amore verso quei principi morali ed etici che cercano di insegnarti delle buone azioni, ecco perché se doveste fare questo cammino e vi sembrerà di giungere nel regno di Gondor e non a Brisighella, vi dico che è tutto normale.
I dati della terza tappa
Borgo Rivola – Brisighella
Lunghezza: 15,7 Km
Dislivello: 863 m
Tempo di Percorrenza: 6 h
Sentiero 90 % – Asfalto 10 %
Livello: Medio-Difficile
Il Cammino continua…