C’è in atto una sorta di operazione di bonifica in un certo filone del cinema italiano in modo da “purificarlo” dai peccati recenti, recentissimi e a volte contemporanei del movimento tutto e renderlo terreno fertile per la (ri)nascita di una visione fortemente improntata al genere. Inteso ovviamente non come termine vincolante, ma liberatorio. Una maniera per ricentrarsi, ma anche garantirsi ricchezze, contaminazioni e allo stesso tempo essere liquido il giusto per concedersi a interessi autoriali o commerciali. Tra tutte quante le case di produzione nostrane che si stanno muovendo in questo senso la più importante è Groenlandia, la quale sta affrontando da tempo anche il discorso di lanciare nuovi talenti e formarsi una scuderia propria.
Nella recensione di Delta, presente alla 75esima edizione del Locarno Film Festival e disponibile al cinema con Adler Entertainment dal 23 marzo 2023, vi parliamo di un titolo che rientra in questo tipo di discorso, perché punta su un regista giovane come Michele Vannucci (al suo secondo lungometraggio dopo sei anni passati dal debutto, Il più grande sogno), dandogli modo di dare continuità ai suoi interessi e alle sue collaborazioni (meglio ancora se si tratta di volti riconoscibili e spendibili sul mercato), non a caso il protagonista è Alessandro Borghi, presente anche nell’altro film del regista romano, affiancato qui da un inedito Luigi Lo Cascio, e spingendolo a reinventarsi, a mettersi alla prova, esplorando se stesso e le potenzialità del cinema italiano.
Tra tutte quante le case di produzione nostrane che si stanno muovendo in questo senso la più importante è Groenlandia, la quale sta affrontando da tempo anche il discorso di lanciare nuovi talenti e formarsi una scuderia propria.
In linea generale diciamo che escono fuori film più o meno inquadrati, più o meno sperimentali, più o meno riusciti. Tasselli di un mosaico / tendenza che è stata, è e potrà essere positiva per la nostra industria, a patto che chi è a monte rimanga sempre molto attento a non perdere di vista la qualità del prodotto, non sacrificandola all’idea di qualità del movimento in sé, perché altrimenti vedrebbe sprecate scelte molto felici, come quella di avvicinare ruoli produttivi e creativi.
Questo film si ferma un po’ a metà. Un progetto molto ambizioso, ben supportato, ma, a dire il vero, piuttosto complicato sia dal punto di vista della sceneggiatura, scritta dal regista stesso con Massimo Gaudioso, Anita Otto e Fabio Natale, in particolar modo per quanto riguarda le sovrastrutture narrative che regolano i tempi dell’escalation del dramma e la rete che collega la commistione di generi. Spicca invece la parte scenografica e visiva, dove troviamo una straordinaria scelta di location, fotografata in modo impeccabile da Matteo Vieille Rivara.
Delta è una pellicola che vuole essere coraggiosa, anche a suo discapito se deve, che non si nasconde mai e che dietro di sé vanta un lavoro di dedizione e cura enormi.
Rive opposte
In una terra di frontiera, su di un fiume che segna quasi il confine nord est italiano, c’è un’associazione ambientalista gestita da Osso (Lo Cascio), fratello maggiore dal cuore spezzato che cerca di badare come meglio può alla sorellina Nina (Greta Esposito), soprattutto dopo la morte del padre a cui erano così tremendamente legati.
Il fiume è un po’ un suo lascito, egli era appassionato di pesca, come la comunità che ora sta minacciando l’economia degli indigeni del loco, una famiglia di bracconieri rumeni cacciata dal proprio Paese per attività ittica illegale e che ora cerca di guadagnarsi da vivere “infestando” quel tratto d’acqua sacro a Osso e co.. La minaccia estranea è guidata da Elia (Borghi), un uomo dal passato oscuro e che con questa terra dove è stato costretto a spostarsi ha già avuto qualcosa a che fare.
Il fiume è un po’ un suo lascito, egli appassionato di pesca, come la comunità che ora sta minacciando l’economia degli indigeni del loco, una famiglia di bracconieri rumeni cacciata dal proprio Paese per attività ittica illegale e che ora cerca di guadagnarsi da vivere “infestando” quel tratto d’acqua sacro a Osso e co.
All’orizzonte il più classico dei duelli rusticani, di quelli che portano due uomini all’apparenza (è proprio il caso di dirlo) praticamente opposti a scoprirsi, loro malgrado, a vicenda. E non sempre tramite le maniere più dolci o desiderabili.
La causa di tutto è, come sempre, un destino che non è stato generoso né con un l’uno né con l’altro, tanto da decidere di mettere i due uomini ai lati opposti della barricata tramite un gioco sadico a cui nessuno dei due aveva il minimo interesse a prendere parte. Uno di quelli che però, una volta che ti coinvolge, non ti lascia più andare fino a quando non ha finito.
Terra inesplorata
Delta è un film piuttosto singolare nel panorama italiano contemporaneo, anche in questo momento di riappropriazione di linguaggio di genere (con inclinazioni sempre pop, ricordiamo), perché l’idea di unire in questo modo registri differenti come quelli appartenenti al war movie, al cinema di “impegno sociale”, ma anche al western (e al revenge se vogliamo) è sicuramente più rischiosa, dato che mette alla prova il pubblico commerciale in un modo in cui non è abituato: andare incontro ad una durezza che mal si sposa con i gusti che è solito concedersi.
Il luogo è un non luogo, è sperduto, grigio, inospitale e, sostanzialmente, senza speranza alcuna. Di fatto è il luogo perfetto per una tragedia annunciata, la quale non aspetta altro che cogliere al volo le opportunità per ingrandirsi ancora e ancora, cosa che puntualmente avviene. Alcuni dei problemi del film stanno proprio nelle modalità con cui ciò accade.
I personaggi sono senza passato o preferirebbero esserlo. Di essi poco ci viene raccontato e sinceramente poco ci importa arrivati ad un certo punto, dato che Vannucci con lo scorrere dei minuti mette in chiaro come il fulcro del film siano la parte estetica (e anche sonora) del film, veramente riuscita alla grandissima, e le caratteristiche (classiche nella loro originalità) del rapporto tra i protagonisti interpretati da Borghi e Lo Cascio, bravi sia per merito loro, ma anche per come sono diretti.
Il luogo è un non luogo, sperduto, grigio, inospitale e, sostanzialmente, senza speranza alcuna.
Loro due fanno il film al punto che il film alla fine solo a loro due si interessa, tagliando fuori tante altre cose aperte e poi rimaste lì sospese. Come tutta la tematica dell’assenza della politica e dell’istituzione, quella dell’odio razziale e dell’incapacità di dialogo tra culture diverse, paradossalmente sorti a causa di un qualcosa che lega entrambe le parti, che a volte sembrano quasi tribù, in modo anche passionale e non solo economico. C’era anche un’idea di dolcezza nella pellicola che si perde andando avanti, il che va anche anche bene, dipende sempre dai modi, che piano piano risultano sfilacciati.
A Delta interessa mettere alla prova il pubblico, dicevamo, perché lo vuole trascinare in un abisso dell’anima, non facendo però una cronaca nichilista, ma anzi cercando quella disperata, partecipe, ma, per quanto possibile, non giudicante. Nell’amarezza, nella durezza, nella tragicità di cui è permeata l’intera vicenda, infatti, lo scopo è quello di parlare della miseria a cui può ridursi l’uomo cercando di raccontarla mettendosi al fianco di carnefici e vittime. In modo da far capire come siano, alla fine, le medesime persone. Quello che viene condannato è il meccanismo nella sua interezza, lo “scontro”, l'”odio”, ma ogni miniatto viene anche compreso cercando di non prendere parte alcuna. Cercare di mostrare e non dimostrare. Anche questo è sperimentazione, ma, soprattutto, anche questo è coraggio.
Delta è nelle sale italiane dal 23 marzo 2023 con Adler Entertainment.
Delta è il secondo lungometraggio di Michele Vannucci, prodotto da Groenlandia, che per l'occasione ritrova il suo vecchio sodale Alessandro Borghi a cui affianca Luigi Lo Cascio, creando una coppia atipica e interessante. Si tratta di una pellicola che si va ad inserire in quell'idea italiana di commistione di cinema di genere, legato un po' all'autore di turno, ma soprattutto al lato pop. Titolo molto interessante per il mix che decide di mettere in scena: ricco, complesso, anche un po' complicato, che perde un po' in sceneggiatura, ma che trionfa in regia e fotografia. Le location e la componente estetica sono senza dubbio le cose migliori di una pellicola che ha comunque molto da dire, grande coraggio e un grande cuore, non nascondendosi mai, neanche laddove può sbagliare.
- La regia e la fotografia sono ottime.
- L'idea di proporre questa tipologia di commistione di generi è interessante.
- Le prove di Borghi e Lo Cascio sono buone ed è divertente vedere due attori così diversi interagire.
- La scelta della location e il suo utilizzo sono ottimi.
- Peccato che il finale vada a concentrarsi solo sui protagonisti in questo modo, c'era tanta carne al fuoco.
- La parte della storia che parlava di incapacità di dialogo era imbastita bene, ma aveva bisogno di essere meglio sviscerata.