L’internet delle cose (IoT), in inglese Internet of Things, noto anche come Internet degli oggetti, è una tecnologia che sta rivoluzionando il modo in cui le persone vivono e lavorano. È una tecnologia sempre più diffusa che sta rivoluzionando la vita quotidiana e il modo in cui le aziende operano. Qualsiasi oggetto, dal più banale al più complesso, può essere considerato parte dell’IoT se è in grado di connettersi alla rete e di trasmettere dati. In questo articolo di approfondimento esploreremo la storia dell’IoT, il suo funzionamento, le sue applicazioni e le implicazioni per la sicurezza e la privacy che devono essere considerate nel suo utilizzo.
Cos’è l’internet delle cose?
L’internet delle cose (IoT) è innanzitutto un neologismo. Un neologismo è una parola o un termine di nuova creazione o di nuova introduzione in una lingua. Può essere il risultato del bisogno di esprimere nuovi concetti o idee, oppure di un cambiamento sociale o culturale che richiede l’introduzione di nuovi vocaboli. Ad esempio, parole come “selfie“, “smartphone“, “blog” e “hashtag” sono tutti neologismi che sono stati introdotti in lingua inglese negli ultimi anni per descrivere nuove tecnologie o nuovi comportamenti sociali. Nel caso di IoT viene utilizzato nel mondo delle telecomunicazioni e dell’informatica e fa riferimento all’estensione di internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, che acquisiscono una propria identità digitale in modo da poter comunicare con altri oggetti nella rete e poter fornire servizi agli utenti. Nella pratica l’IoT è una rete di dispositivi interconnessi che possono scambiare dati tra loro senza l’intervento umano con l ‘idea di portare nel mondo digitale gli oggetti dell’esperienza quotidiana. Questi dispositivi includono sensori, telecamere, attuatori, microcontrollori e altri dispositivi intelligenti che possono comunicare tra loro utilizzando diverse tecnologie, come Wi-Fi, Bluetooth, NFC, Zigbee e altre reti wireless.
Oggi, l’IoT è ampiamente utilizzato in vari settori, tra cui l’automazione industriale, l’agricoltura, la salute, la sicurezza e la casa intelligente. Tuttavia, la rapida crescita dell’IoT ha sollevato anche preoccupazioni riguardo alla sicurezza dei dati, alla privacy e all’etica dell’uso di tecnologie che possono avere un impatto significativo sulla vita delle persone. Nonostante queste sfide, l’IoT continua ad evolversi e a trasformare il modo in cui interagiamo con il mondo intorno a noi, aprendo nuove opportunità e sfide per le imprese, i governi e la società nel suo complesso. Nel corso degli ultimi anni, l’IoT è diventata una delle tecnologie più importanti del 21° secolo. Ma da dove nasce?
Storia ed evoluzione
Sono passati oltre 50 anni dalla nascita di Internet e più di 20 da quando è stata coniata l’espressione Internet of Things. L’Internet delle cose, infatti, ha una storia che può essere fatta risalire agli anni ’80 e ’90, quando vennero condotti i primi esperimenti empirici, come il collegamento di alcune macchine ai server ARPANET, una rete di computer studiata e realizzata nel 1969 dalla DARPA, l’agenzia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti responsabile dello sviluppo di nuove tecnologie ad uso militare. Da questa rete, creata per collegare due università americane e utilizzata solo in seguito a scopi militari, si originò a partire dal 1983 l’attuale rete Internet. Successivamente, a metà degli anni ’90, alcune multinazionali come Microsoft e Novell presentarono le prime proposte software relative all’Internet delle Cose. In particolare, Microsoft presentò “Microsoft At Work” e Novell presentò “NEST“. Microsoft at work, ad esempio, era un’iniziativa d Microsoft mirata a collegare macchinari aziendali, come fax e fotocopiatrici, con un protocollo di comunicazione comune che permettesse di condividere informazioni di controllo utilizzando la tecnologia Plug and Play, in modo da connettere i dispositivi tra loro senza bisogno di configurazioni complesse.
Tuttavia, fu solo alla fine degli anni ’90 che il concetto di IoT cominciò ad assumere una forma più chiara attraverso pubblicazioni e relativi articoli di giornale, come il libro di Nicholas Negroponte del Media Lab del MIT e di Kevin Ashton, co-fondatore di Auto-ID Center, con il suo articolo del 1999 “That Internet of Things’ Thing. Nel libro di Negroponte, scritto nel 1995, si discute l’evoluzione delle tecnologie digitali e di come queste avrebbero cambiato il modo di interagire delle persone con il mondo intorno a loro, introducendo il concetto di “oggetti intelligenti” che possono comunicare tra loro e con gli utenti umani. Sebbene Negroponte non abbia utilizzato esplicitamente il termine “Internet delle cose” nel suo libro, ha contribuito in modo significativo alla sua definizione e alla sua diffusione. Kevin Ashton, invece, è comunemente conosciuto per aver coniato il neologismo “Internet delle cose” e nell’articolo del 2009 dichiara:
Potrei sbagliarmi, ma sono abbastanza sicuro che l’espressione “Internet delle cose” sia nata come titolo di una presentazione che ho fatto in Procter & Gamble (P&G) nel 1999. Il fatto che io sia stato, probabilmente, il primo a dire “Internet delle cose” non mi dà il diritto di controllare l’uso che gli altri fanno della frase. Ma ciò che intendevo, e intendo tuttora, è questo: Oggi i computer – e quindi Internet – dipendono quasi completamente dagli esseri umani per ottenere informazioni. Quasi tutti i circa 50 petabyte di dati disponibili su Internet sono stati catturati e creati per la prima volta da esseri umani: digitando, premendo un tasto di registrazione, scattando una foto digitale o scansionando un codice a barre. I diagrammi convenzionali di Internet includono server, router ma tralasciano i router più numerosi e importanti di tutti: le persone. Il problema è che le persone hanno tempo, attenzione e precisione limitati, il che significa che non sono molto brave ad acquisire dati sulle cose nel mondo reale. E questo è un problema importante. Siamo fisici, così come il nostro ambiente. La nostra economia, la nostra società e la nostra sopravvivenza non si basano su idee o informazioni, ma su cose. Non si possono mangiare i bit, bruciarli per riscaldarsi o metterli nel serbatoio della benzina. Le idee e le informazioni sono importanti, ma le cose contano molto di più. […] Se avessimo dei computer che sanno tutto quello che c’è da sapere sulle cose – utilizzando i dati che raccolgono senza alcun aiuto da parte nostra – saremmo in grado di tracciare e contare tutto, riducendo notevolmente gli sprechi, le perdite e i costi. Sapremmo quando le cose devono essere sostituite, riparate o richiamate, e se sono fresche o scadute. Dobbiamo dotare i computer di mezzi propri per raccogliere informazioni, in modo che possano vedere, ascoltare e annusare il mondo da soli, in tutto il suo splendore casuale. […] L’Internet delle cose ha il potenziale per cambiare il mondo, proprio come ha fatto Internet. Forse anche di più.
In seguito, l’agenzia di ricerca Gartner sviluppò ulteriormente il concetto di IoT attraverso la definizione dei tre pilastri fondamentali: la connessione dei dispositivi, la raccolta dei dati e l’analisi dei dati. La multinazionale statunitense Cisco Systems afferma che l’IoT è nato tra il 2008 e il 2009, quando il numero di oggetti e cose connessi a Internet superò quello degli esseri umani.
Tuttavia, l’esplosione dell’IoT come la conosciamo oggi si è verificata solo negli ultimi anni grazie all’avvento di tecnologie come la connettività wireless, il cloud computing e l’intelligenza artificiale. L’IoT si è diffusa enormemente a livello pubblico, grazie alla domotica, ai sistemi di intrattenimento nelle automobili, alla videosorveglianza e ad altri settori, come la e-health. L’idea alla base dell’IoT è quella di collegare tutti gli oggetti che ci circondano ad internet, consentendo loro di diventare “intelligenti” e in grado di offrire servizi e funzionalità sempre più avanzati. L’IoT ha attraversato diverse fasi di sviluppo, a partire dai dispositivi connessi in rete in grado di rilevare e comunicare i dati, fino ai dispositivi in grado di rilevare più tipologie di dati, effettuare un primo livello di elaborazione dei dati a livello locale e trasferire solo i dati necessari. In seguito, i dispositivi IoT sono diventati in grado di effettuare azioni in funzione delle indicazioni ricevute e infine di selezionare, trasmettere ed elaborare i dati in modo più sofisticato e autonomo. Ma qual è la tecnologia che spiega questa “magia” 3.0?
Come funziona l’Internet delle Cose?
L’IoT funziona attraverso una serie di componenti chiave, tra cui sensori, dispositivi di rete, piattaforme di dati e applicazioni. I sensori raccolgono dati dai dispositivi e li inviano ai dispositivi di rete, che li elaborano e li inviano alle piattaforme di dati. Le piattaforme di dati archiviano, analizzano e visualizzano i dati per gli utenti finali, che possono accedere tramite applicazioni specifiche. In questo modo può essere data una identità elettronica a tutto ciò che forma il mondo che ci circonda, attraverso, ad esempio, RFID Identificazione a radio frequenza ed altre tecnologie, come il più noto il QR code.
I dispositivi IoT hanno la capacità di raccogliere dati in modo sempre più preciso e mirato, a seconda delle specifiche applicazioni. Ad esempio, ci sono dispositivi progettati per rilevare la temperatura degli ambienti, il movimento dei veicoli, la qualità dell’aria, il livello di rumore, la presenza di determinate sostanze e così via. In questa fase, i dispositivi sono solo sensori che trasformano le informazioni in dati digitali e non sono ancora connessi in rete. Il passaggio dalla fase della sensoristica all’IoT implica la connessione a Internet dei dispositivi. In questo modo, i sensori possono trasmettere i dati rilevati sulla “cosa” (oggetto) per poi trasmettere le informazioni in suo possesso, l’oggetto così “parla” della sua temperatura, del movimento e la qualità dell’aria, e di altre informazioni. In altre parole, i dati raccolti vengono resi disponibili e accessibili tramite Internet. Per garantire il corretto funzionamento dell’Internet delle Cose, è necessario raccogliere e archiviare grandi quantità di dati. Tuttavia, la raccolta non è sufficiente di per sé: è altrettanto importante processarli e analizzarli in tempo reale per trarre valore da essi. Questo è necessario sia in ambito aziendale, per migliorare la sicurezza e la produttività, che in ogni altro ambito in cui gli oggetti connessi possono essere utilizzati. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario utilizzare sistemi integrati tra big data, database NoSQL*.
Gli oggetti hanno imparato ad adattarsi
L’IoT è diventata una realtà in cui non solo le persone e le aziende sono riconoscibili sulla rete internet, ma anche gli oggetti stessi. Questi ultimi sono dotati di intelligenza e capacità di comunicare informazioni assumendo così un ruolo attivo e aprendo prospettive inimmaginabili adattandosi ai cambiamenti dell’ambiente circostante. Ad esempio, una videocamera può inviare dati e immagini in modo intelligente, adattando il proprio comportamento alle immagini riprese o alla temperatura. Un orologio può ricordarci gli appuntamenti e verificare la nostra presenza in un luogo specifico, aiutandoci a gestire il nostro tempo in modo più efficiente. Le confezioni di prodotti alimentari e farmaci possono trasferire informazioni sulla loro qualità e sulla filiera produttiva. Infine, le automobili possono dialogare con l’ambiente circostante, migliorando la sicurezza e la comodità di guida.
I molteplici utilizzi dell’IoT: esempi di applicazioni che migliorano la qualità della vita dei cittadini
In Italia e nel mondo, ci sono molti esempi di applicazioni dell’IoT, tra cui le città intelligenti, dove le tecnologie adottate per la pianificazione urbana migliorano la qualità della vita dei cittadini e soddisfano le loro esigenze. Altri esempi includono le case e gli edifici, la mobilità intelligente, l’agricoltura di precisione e molti altri settori, tra cui:
- Smart home: L’IoT può essere utilizzato per automatizzare i sistemi domestici, come l’illuminazione, la sicurezza e il riscaldamento, e consentire un maggiore controllo e comodità agli utenti, tutte attività che rientrano nella definizione di “domotica”.
- Industria 4.0: L’IoT può essere utilizzato per monitorare e ottimizzare e aumentare l’efficienza dei processi di produzione e ridurre i costi di manutenzione. Un esempio di utilizzo nell’industria 4.0 è l’installazione di sensori sui macchinari di produzione per monitorare le prestazioni e rilevare eventuali guasti o problemi. I dati raccolti saranno utili per pianificare la manutenzione preventiva. Inoltre, l’IoT può essere utilizzato per creare una rete di dispositivi connessi che collaborano tra loro per ottimizzare l’intero processo di produzione, dalla gestione delle materie prime alla spedizione dei prodotti finiti.
- Salute e benessere: L’IoT può essere utilizzato per monitorare la salute degli individui, fornire assistenza medica remota e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Un esempio potrebbe essere l’utilizzo di dispositivi indossabili come orologi smart e braccialetti per monitorare costantemente i parametri vitali, come la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e la qualità del sonno. Questi dati possono essere trasmessi a un medico o a un sistema di monitoraggio remoto che può fornire un feedback personalizzato sull’attività fisica e la salute generale del paziente. Inoltre, i sensori intelligenti possono essere utilizzati per monitorare la qualità dell’aria e la presenza di allergeni o sostanze nocive nell’ambiente, fornendo informazioni importanti per la salute e il benessere delle persone.
- Smart city: L’IoT può essere utilizzato per migliorare la gestione delle città, incluso il controllo del traffico e l’illuminazione pubblica. Un esempio di utilizzo dell’IoT per una Smart City potrebbe essere la creazione di sensori intelligenti per i rifiuti, che consentono ai camion della spazzatura di sapere esattamente quando e dove svuotare i bidoni, riducendo il tempo di raccolta e aumentando l’efficienza del servizio. Inoltre, l’IoT è già utilizzato per controllare il traffico in tempo reale, ad esempio attraverso l’utilizzo di sensori nelle strade che monitorano il flusso di traffico e gli schemi di movimento, consentendo ai sistemi di gestione del traffico di apportare modifiche in tempo reale per evitare congestioni e ridurre i tempi di percorrenza (Ad esempio, in Svizzera esistono semafori intelligenti, che diventano verdi quando “vedono” che una macchina e vicina al semaforo riuscendo a monitorare che dall’altro lato non stia passando nessuna macchina). Infine, l’IoT può essere utilizzato per l’illuminazione pubblica intelligente, ad esempio tramite l’utilizzo di sensori di movimento o di luminosità che regolano automaticamente l’illuminazione delle strade e dei parchi in base alle esigenze del momento.
- Agricoltura intelligente: L’IoT può essere utilizzato per monitorare e ottimizzare le colture, ridurre il consumo di acqua e migliorare la produttività in un’ottica di “Precision farming“. Ad esempio, l’utilizzo di sensori per monitorare i livelli di umidità del suolo, la temperatura e la luminosità, al fine di ottimizzare l’irrigazione delle colture. In questo modo, l’agricoltore può utilizzare solo la quantità necessaria di acqua per le piante, riducendo gli sprechi e migliorando la produttività. Inoltre, l’IoT può essere utilizzato anche per monitorare la presenza di parassiti o malattie delle colture, consentendo all’agricoltore di intervenire tempestivamente e prevenire la diffusione di queste patologie. Alcuni esempi concreti di dispositivi IoT utilizzati nell’agricoltura intelligente includono sensori di umidità del suolo, sensori di temperatura e di umidità ambientale, dispositivi di irrigazione intelligente e droni utilizzati per monitorare le colture dall’alto.
La trasformazione tangibile dell’IoT: i progressi tecnologici che hanno reso possibile la connessione degli oggetti
Sebbene l’idea di Internet of Things abbia preso forma molti anni fa, solo grazie ai recenti progressi in diverse tecnologie si è trasformata in una realtà tangibile, alcuni tra i più significativi sono:
- L’accesso a sensori a basso costo e a basso consumo e affidabili ha reso possibile la tecnologia IoT per un maggior numero di produttori, (ad esempio i sensori di temperatura e umidità, i sensori di movimento PIR).
- L’uso di protocolli di rete standard ha semplificato la connessione dei sensori al cloud e ad altre “cose” per un trasferimento efficiente dei dati. Un esempio di protocollo di rete standard ampiamente utilizzato è il protocollo di trasferimento di dati HTTP (Hypertext Transfer Protocol) utilizzato per il trasferimento di contenuti web tra i server e i client su Internet. Altri esempi di protocolli di rete standard includono TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), SMTP (Simple Mail Transfer Protocol) per l’invio di e-mail, FTP (File Transfer Protocol) per il trasferimento di file e SSH (Secure Shell) per l’accesso remoto sicuro a server e dispositivi di rete.
- La disponibilità di piattaforme di cloud computing ha reso più facile per aziende e consumatori accedere ad una vasta gamma di servizi di cloud computing, tra cui storage, database, analisi, machine learning, sicurezza. Alcuni esempi di piattaforme di questo tipo sono Microsoft Azure, Google Cloud Platform (GCP), Oracle Cloud Infrastructure (OCI)
- L’avanzamento del Machine Learning e dell’analisi dei dati ha permesso alle aziende di raccogliere insight in modo più rapido e semplice.
- L”integrazione dell’Intelligenza Artificiale (AI) conversazionale, come il natural-language processing (NLP), ha permesso l’uso di assistenti digitali personali come Alexa, Cortana e Siri sui dispositivi IoT, rendendoli convenienti e sostenibili per l’uso domestico.
Sicurezza e privacy nell’IoT: tra rischi, normative europee e le linee guida del Garante per la Protezione dei Dati Personali in Italia
La comunicazione interconnessa tra dispositivi IoT senza l’intervento umano aumenta il rischio di vulnerabilità agli attacchi informatici, sollevando preoccupazioni in materia di sicurezza e privacy. Il numero di dispositivi IoT connessi sta aumentando rapidamente e, di conseguenza, anche la quantità di dati prodotti. Se da un lato è tangibile l’aumento delle opportunità di business e di ricchezza, dall’altro si teme per l’aumento delle minacce alla sicurezza e alla protezione dei dati personali. I dati raccolti dai dispositivi IoT possono contenere informazioni personali sensibili come le abitudini di utilizzo domestico o le informazioni di salute, e quindi devono essere protetti adeguatamente. Secondo le stime di IOT Analytics attualmente sarebbero connessi 17 miliardi di dispositivi di cui 7 miliardi IoT. la previsione è che al 2025 saranno ben 22 miliardi. Una stima al ribasso, peraltro come IoT Analytics fa notare nel report State of IoT-Spring 2022 presentato a maggio.
Mentre negli Stati Uniti esiste già da tempo una forte attenzione alla privacy e alla sicurezza nell’IoT, ad esempio sul sito del Federal Trade Commission è presente un documento del 2015 dedicato “Internet of Things: Privacy & Security in a connected World“, in Italia, la principale legge sulla protezione dei dati personali è il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) emanato dall’Unione europea, entrato in vigore il 25 maggio 2018. Dalla sua entrata in vigore, il GDPR ha sostituito i contenuti della direttiva sulla protezione dei dati (Direttiva 95/46/CE) e, in Italia, ha abrogato gli articoli del codice per la protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003) con esso incompatibili. Questo regolamento stabilisce le regole per la raccolta, l’elaborazione e la conservazione dei dati personali in tutta l’Unione Europea, inclusi i dati raccolti tramite l’Internet delle cose. È comunque un fatto che il Garante per la Protezione dei Dati Personali, l’autorità italiana in materia, ha pubblicato numerose linee guida e documenti relativi alla protezione dei dati personali nell’ambito dell’IoT. Ad esempio, nel 2018 ha prodotto una guida sulle “Best Practice” per la protezione dei dati personali nell’IoT, che fornisce raccomandazioni specifiche per le aziende che sviluppano dispositivi IoT. In sintesi, anche se non esiste una legge specifica in Italia per la tutela dei dati personali e della privacy derivanti dall’IoT, il GDPR e le linee guida del Garante per la Protezione dei Dati Personali sono applicabili anche in questo ambito.
In sintesi, l’Internet delle Cose (IoT) presenta delle preoccupazioni per la sicurezza e la privacy, in quanto i dispositivi IoT sono interconnessi e possono essere vulnerabili agli attacchi informatici. Nonostante questo, le aziende devono essere consapevoli del potenziale rischio rappresentato dagli attacchi informatici ai propri ambienti IoT, come evidenziato dai dati rilevati da Gartner (negli ultimi quattro anni, circa una su cinque aziende ha subito un attacco ai propri ambienti IoT).
Il mercato dell’IoT in Italia
Dopo un lungo periodo di crescita il mercato dell’IoT ha subito una prima flessione. Nel 2020, in Italia l’inflessione è stata del 3% per un valore assoluto di 6 miliardi di euro, come rivelato dai dati della ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano. Dopo un percorso di crescita del 35% nel 2018 e del 24% nel 2019, il rallentamento del mercato dell’IoT nel 2020 è stato determinato dalla pandemia di COVID-19. Tuttavia, alcuni settori hanno continuato a registrare un aumento, come la Smart Agriculture, che è cresciuta del 17% arrivando a 140 milioni di euro grazie alla diffusione di sistemi che permettono il monitoraggio e il controllo di mezzi e attrezzature agricole e grazie ai macchinari connessi e alla robotica applicata all’agricoltura. Inoltre, il comparto dell’IoT dedicato alla fabbrica è cresciuto del 10% a 385 milioni di euro, mentre le soluzioni per le Smart City sono cresciute del 8% con un valore di 560 milioni di euro. Al contrario, la Smart Home ha subito una riduzione del 5% e si è assestata a 505 milioni di euro, mentre la Smart Asset Management (che si occupa di soluzioni per il monitoraggio di gambling machine, di ascensori e distributori automatici) è scesa del 20%, per un valore di 265 milioni di euro.
In generale, i dati mostrano che il mercato dell’IoT in Italia sta attraversando una fase di transizione, con alcuni settori che registrano una crescita sostenuta, mentre altri subiscono una flessione. È interessante notare che la pandemia di COVID-19 abbia influenzato il mercato dell’IoT in modo significativo. Tuttavia, alcune aree come la Smart Agriculture, la fabbrica e le Smart City hanno continuato a crescere nonostante la pandemia, il che suggerisce che queste tecnologie stanno diventando sempre più importanti per le aziende e le comunità che cercano di migliorare l’efficienza e la sostenibilità. Al contrario, la Smart Home e la Smart Asset Management hanno subito una flessione, il che potrebbe essere dovuto alla diminuzione della domanda durante la pandemia o a un rallentamento generale dell’adozione di queste tecnologie. Sarà interessante vedere come il mercato dell’IoT in Italia si evolverà nel prossimo futuro.
Per concludere, è chiaro che questa tecnologia ha ancora un enorme potenziale e continuerà a influenzare il nostro modo di vivere e lavorare. Ci sono ancora moltissime opportunità per l’espansione di questa tecnologia, in molti settori. Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che l’adozione dell’IoT comporta anche una serie di rischi in termini di privacy e sicurezza: come in ogni tecnologia emergente, è importante porre l’accento sulla sicurezza dei dati. Se vogliamo veramente sfruttare tutto il potenziale delle IoT, dobbiamo anche essere pronti ad affrontare questi problemi in modo responsabile e consapevole. Quindi, bisogna sempre ricordarsi di proteggere le nostre informazioni personali e di utilizzare le IoT in modo responsabile, altrimenti ci si potrebbe trovare ad avere una casa intelligente, ma una vita priva di sicurezza. Come si suol dire, “da grandi poteri vengono grandi responsabilità”, e questo vale anche per l’Internet of Things.
*NoSQL (acronimo di Not Only SQL) è un termine generico utilizzato per indicare una vasta gamma di database non relazionali che utilizzano diversi modelli di dati per la gestione delle informazioni. A differenza dei database relazionali, che utilizzano tabelle e relazioni tra tabelle per rappresentare i dati, i database NoSQL utilizzano modelli di dati diversi, come ad esempio i documenti, i grafi, le coppie chiave-valore o le colonne. I database NoSQL sono stati sviluppati per soddisfare le esigenze di scalabilità e di prestazioni di applicazioni web moderne e di grandi dimensioni, che richiedono una gestione efficiente di grandi quantità di dati distribuiti su più server. Grazie alla loro architettura distribuita, i database NoSQL possono scalare orizzontalmente aggiungendo nuovi server alla rete, in modo da gestire grandi quantità di dati e di traffico web. Alcuni esempi di database NoSQL sono MongoDB, Cassandra, Redis, Couchbase e Amazon DynamoDB.