La certificazione agricola può fungere da incentivo per i coltivatori di caffè e altri agricoltori a rispettare le leggi volte a proteggere l’ambiente, promuovendo il loro allineamento con le attuali richieste della società e del mercato, sebbene non contribuisca necessariamente a ridurre la deforestazione o ad aumentare la rigenerazione naturale della copertura vegetale nelle proprietà rurali, secondo uno studio condotto in Brasile e riportato in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Biological Conservation. Lo studio è stato condotto sotto l’egida del Programma di conservazione, ripristino e uso sostenibile della biodiversità del FAPESP (BIOTA-FAPESP) e finanziato attraverso due progetti. Gli autori dell’articolo sono ricercatori della Fondazione brasiliana SOS Mata Atlântica e del Collegio di Agricoltura Luiz de Queiroz (ESALQ-USP) e dell’Istituto di Bioscienze (IB-USP) dell’Università di San Paolo. Con quasi il 40% della produzione mondiale certificata, il caffè è un esempio del crescente utilizzo dei sigilli di certificazione per dimostrare che i produttori si impegnano a seguire le migliori pratiche in termini di sostenibilità e protezione ambientale. Tuttavia, difficoltà statistiche e metodologiche hanno impedito ai ricercatori di determinare se l’agricoltura stia effettivamente diventando più sostenibile grazie alla certificazione e come la legislazione ambientale influisca esattamente sulla biodiversità nelle aree interessate.
I ricercatori hanno iniziato analizzando i dati dell’IMAFLORA, il principale certificatore brasiliano, e del SICAR, il registro ambientale rurale nazionale, per 84 comuni negli Stati di São Paulo e Minas Gerais, per ottenere un elenco di 537 aziende produttrici di caffè in aree protette classificate come foresta pluviale atlantica (172 aziende) e Cerrado, il bioma di tipo savana (362 aziende). Hanno quindi definito e calcolato una serie di caratteristiche che potevano influenzare la probabilità di certificazione, tra cui la dimensione della proprietà, la quantità di copertura vegetale naturale e il tasso di deforestazione o rigenerazione, per arrivare a un gruppo di aziende certificate e controlli non certificati.
Legislazione e certificazione come alleati
I ricercatori hanno poi affinato l’analisi per verificare se le proprietà certificate rispettassero maggiormente la legislazione ambientale, rilevando solo una tendenza generale a una maggiore conformità, senza differenze significative tra le aziende agricole certificate e quelle non certificate. Poiché molti proprietari terrieri iniziano a rispettare la legislazione prima di richiedere la certificazione, i ricercatori hanno analizzato anche i cambiamenti nell’uso del suolo nei tre anni precedenti la certificazione, riscontrando un notevole aumento della vegetazione autoctona nelle aziende agricole certificate solo nelle aree della foresta pluviale atlantica, che per lo più rispettavano l’obbligo di proteggere la copertura vegetale nelle aree di conservazione permanente (APP). Gli autori attribuiscono questa differenza a una più efficiente applicazione della legge e a una maggiore consapevolezza della società civile nella regione, oltre che a una maggiore competenza tecnica nel restauro delle foreste.