Il 2023 è stato l’anno dell’esplosione delle intelligenze artificiali generative, capeggiate da prodotti come ChatGPT e Dall-E, entrambe di OpenAI.

Alcune sono poco più che dei giocattoli, mentre altre, già oggi e nella loro versione aperta al pubblico, hanno un’importante capacità innovativa, automatizzando lavori tediosi che un tempo venivano svolti solo da persone in carne ed ossa.

Basta un input per generare centinaia di illustrazioni in alta definizione. Questione di pochi secondi. Vale lo stesso per i modelli in 3D. Di quelli che potrebbero essere gli effetti delle IA generative in campi come il giornalismo o il mondo del fumetto e dell’illustrazione si discute ormai da diversi mesi, con accesi dibattiti destinati a polarizzare il pubblico e gli addetti al settore. Ma nella discussione generale stiamo perdendo di vista un’altra industria che, forse più di tutte le altre, potrebbe trarre enormi benefici dall’avvento di questi modelli: quella dei videogiochi.

Le IA generative e i videogiochi: il caso di un piccolo sviluppatore indipendente

Parliamoci chiaramente: il legame tra videogiochi e intelligenze artificiali non è esattamente una novità. I mondi di gioco sono da sempre alimentati da IA, talvolta con risultati sbalorditivi. Basti pensare all’IA che rende i comportamenti dello xenomorfo completamente imprevedibili in “Alien: Isolation”, o all’algoritmo che viene usato da Left 4 Dead per comandare orde di zombie e rendere la vita durissima ai giocatori, proprio quando se lo aspettano di meno.

E che dire dei milioni di mondi generati casualmente su No Man’s Sky? Siamo già abituati all’idea che dei software di automatizzazione rivestano un ruolo da protagonista nei nostri videogiochi preferiti. Ma la questione è leggermente diversa: in questo caso si parla dell’idea che le IA giochino un ruolo chiave anche nella fase di progettazione e sviluppo dei videogiochi. Nella scrittura del codice, dunque, ma anche nella direzione artistica o nel suo esercizio.

Un esempio ci arriva dallo sviluppatore finlandese Jussi-Petteri Kempainen, un veterano del settore, che in un post pubblicato sul suo blog ha raccontato i benefici (e le limitazioni) incontrate dopo aver scelto di usare le IA generative per velocizzare il processo di creazione artistica di uno dei suoi giochi.

Kempainen spiega che, già oggi, è possibile usare le intelligenze artificiali per praticamente ogni compito: dalla creazione di sfondi in 2D per arricchire i livelli del gioco, alla creazione di schede per ogni NPC di un gioco di ruolo, con il loro nome, le loro caratteristiche fisiche e una breve descrizione della loro vita.

 

Un domani potremmo giocare ad un horror ambientato in un inquietante maniero, perdere ore ad esplorare le sue stanze decorate con quadri ad olio e arazzi meravigliosi. Tra una quest e l’altra, potremmo anche imbatterci in alcuni oscuri libri scritti con uno stile che ricorda quello di H.P. Lovecraft e disseminati per tutto il mondo del gioco. Affascinante, ma se ciascuno di questi elementi fosse realizzato da un’IA?

 

Kempainen è convinto che le IA generative avranno un impatto enorme soprattutto sulle piccole case di sviluppo, che potranno ottenere risultati straordinari anche con budget limitati, avvicinando i loro prodotti a quelli di case di sviluppo più blasonate. «I piccoli team di sviluppo potranno risparmiare centinaia di ore di lavoro».

Ma l’idea che le IA possano contaminare il settore ha già incontrato delle importanti resistenze, soprattutto da parte di chi cita l’annosa questione del copyright e del rischio che i videogiochi possano scopiazzarsi a vicenda (ne abbiamo parlato qui). Altri temono che le IA possano costare il posto di lavoro a milioni di programmatori, sviluppatori e art designer.

Il caso di High on Life

Prima di cadere in disgrazia e venire travolto da un terribile scandalo, Justin Roiland, il co-creatore di Rick and Morty e fondatore dello studio Squanch Games, aveva confermato che la IA aveva ricoperto un importante ruolo nel processo di sviluppo di High on Life, sparatutto demenziale uscito in esclusiva sulle console Xbox.

Alcuni utenti avevano manifestato più di qualche sospetto guardando i poster che si trovano nella cameretta del protagonista. Effettivamente in alcuni casi presentano dei dettagli vagamente ‘stonati’.

Sta di fatto che Roiland ha confermato che gli sviluppatori del gioco hanno utilizzato Midjourney, uno strumento estremamente popolare, per generare alcuni elementi di gioco partendo da dei semplici input testuali. L’uso di questa IA generativa ha permesso di velocizzare il processo di creazione del mondo di gioco.

Roiland ha anche aggiunto che Midjourney ha aiutato gli sviluppatori a rendere il mondo di High on Life “un universo alternativo e straniante” particolarmente convincente. Non è l’unico utilizzo delle IA: sono state utilizzate anche per creare il mockup di alcune battute dei personaggi, prima che venissero doppiati da attori in carne ed ossa (con un’unica eccezione: un personaggio ha mantenuto la voce generata artificialmente, ma Roiland non ha spiegato di chi si tratta).

Ma non tutti sono convinti che la rivoluzione sia dietro all’angolo

Ad ogni modo, molti titani dell’industria sono abbastanza convinti che l’hype attorno alle AI generative, e alla rivoluzione che queste tecnologie potrebbero introdurre, nell’immediato, all’interno del settore, sia piuttosto esagerato.

Un lungo articolo di Wired uscito a fine gennaio, ad esempio, raccoglie alcune dichiarazioni di diversi leader del settore, tutto fuorché dell’idea che questi strumenti possano, realisticamente, stravolgere l’industria da qui a poco tempo.

Patrick Mills, rispondendo ad un tweet molto contestato pubblicato dall’investitore Jon Lai, ha detto:

 

Ho letto alcune dichiarazioni, francamente, fuori di testa su questo argomento. Ho visto che alcune persone stanno suggerendo che un’IA sarebbe già in grado di costruire da sola qualcosa come Night City, ad esempio. Penso che siamo ancora molto distanti da poter fare affermazioni di questo tenore

 

Julian Togelius, codirettore del dipartimento Game Innovation Lab della NYU non è esattamente un detrattore delle IA generative, eppure anche lui ha invitato ad un po’ di sano scetticismo. “La situazione sta sfuggendo di mano”, ha detto. “A volte sembra che la peggiore specie di ‘crypto bro‘ (un nomignolo dispregiativo usato per insultare gli impallinati di criptovalute, ndr.) abbiano abbandonato la nave delle criptovalute dopo averla vista affondare, solo per fiondarsi nel nuovo trend delle IA generative”. Insomma, tante chiacchiere poco informate su temi complessi. E un eccesso di aspettative rispetto a ciò che le IA generative possono, realisticamente, offrire nell’immediato.

Di certo c’è che le IA generative, già oggi, possono effettivamente svolgere molto bene diversi compiti ripetitivi. Di certo non possono sostituirsi agli sviluppatori, ma questo non è nemmeno auspicabile. Basterebbe soltanto che siano un valido aiuto, ad esempio velocizzando alcune mansioni tediose, liberando risorse e tempo che potrebbero essere dedicati a rendere i nostri giochi preferiti ancora più puliti e completi. E non sarebbe poco.