Proseguiamo la recensione di The Mandalorian 3 – episodio 2, sottolineando che la recensione della scorsa settimana dell’episodio 1 ha evidenziato come il capitolo 17 sia stato costruito per far sapere al pubblico cosa è cambiato durante The Book of Boba Fett, qual è stato il passo successivo nel viaggio di Din Djarin e perché abbiamo adorato questa serie. È stato molto da affrontare in 30 minuti, e mentre tutto andava bene e offriva il classico divertimento di Star Wars, l’episodio sembrava in gran parte senza un focus e troppo veloce.
Con il capitolo 18, Le miniere di Mandalore, Jon Favreau giustifica immediatamente una prima così strana e si mette rapidamente al lavoro sulla trama di Mandalore. In effetti, una buona parte di ciò che pensavamo avrebbe occupato la maggior parte della stagione 3 è stata ora risolta, lasciando i restanti sei episodi in un territorio per lo più sconosciuto sia per i fan che per gli spettatori occasionali.
L’apertura del capitolo 18 è un’enorme falsa pista, poiché Din e Grogu tornano su Tatooine per chiedere a Peli Motto (la mitica Amy Sedaris) la parte droide di cui ha bisogno. Questo pit stop ha senso e sembrava anche logico “riportare in scena” Boba Fett e Cobb Vanth. Tuttavia, l’episodio è il più lontano possibile dall’essere un altro capitolo di missioni secondarie di Tatooine, e l’affascinante imbroglione di Mos Eisley non ha una risposta positiva per Din e invece vende il veterano di Una Nuova Speranza R5-D4 (che era già in giro in stagioni passate) a lui.
R5-D4 sta per andare in pezzi da un momento all’altro e si dimostra all’opposto di R2-D2 e del suo coraggio, ma è vero che potrebbe portare a termine il lavoro del Mandaloriano (analizzare l’atmosfera e fare un rapido scouting per Din) e aiutare nelle future avventure spaziali. Ora, il caccia stellare N-1 del Mandaloriano è completamente equipaggiato con un astromeccanico, il che significa che Grogu può avere più tempo per legare con suo padre adottivo all’interno della cabina di pilotaggio.
Ritorno a Mandalore
A questo punto, pensiamo sia importante sottolineare quanto sia bello questo episodio. Intendiamoci, The Mandalorian è una serie TV sempre sul pezzo, realizzata da un team di professionisti che fa cantare il budget, ma il tocco di Rachel Morrison (il direttore della fotografia dietro Mudbound e Black Panther) può essere sentito in tutto il capitolo 18, rendendolo uno dei i pezzi più cinematografici della televisione di Star Wars finora. Speriamo che torni a dirigere altri episodi di The Mandalorian per la stagione 4 e oltre.
Tornando alla trama, non ci sono più pit stop tra Tatooine e Mandalore, e Din passa un po’ di tempo a raccontare a Grogu le basi del pianeta e della sua (quasi estinta) civiltà di guerrieri nonostante non ci sia mai stato. Cita anche la crescita sulla luna di Concordia, che si allinea con ciò che sapevamo del suo clan e del suo oscuro passato. Anche Kalevala, il pianeta di Bo-Katan dell’ultimo episodio, viene brevemente nominato, sottolineando che si trova nello stesso sistema – che sarà utile in seguito. Quando arriviamo su Mandalore, il capitolo 18 rallenta e si prende il suo tempo per raccontare la storia di questa settimana e lasciare respirare Din Djarin e Grogu, poiché questo non è solo un altro pianeta casuale.
Non c’è nemmeno una grande missione secondaria in questo episodio, ma ovviamente ci sono degli ostacoli…
Non sorprende che R5-D4 scompaia poco dopo essere partito per esplorare una crepa sulla superficie cristallizzata del pianeta (il bombardamento imperiale ha incasinato tutto piuttosto male), e siamo rapidamente presentati agli alieni simili a uomini delle caverne – in seguito chiamati Alamiti – che erano soliti vivere nelle “terre desolate di superficie”. Din li elimina senza grosse complicazioni, ma ancora una volta vediamo che non è molto aggraziato con la Darksaber: ci aveva spiegato chi di dovere nel capitolo 5 di The Book of Boba Fett che c’è una tecnica che Din non ha ancora imparato.
Quella che segue è una breve esplorazione delle rovine (ora sotterranee) di Sundari, l’ex capitale di Mandalore. È il nostro primo sguardo live-action a questa importante location di Star Wars, e vederla quasi morta come Pompei è un po’ triste (soprattutto se sei un fan di Clone Wars. Per Din, invece, è quasi un sogno che si avvera.
Dopo essersi avventurato più in profondità nel ventre della città, dove creature raccapriccianti si nascondono nell’ombra, Din si imbatte in un vecchio elmo mandaloriano. Ci aspettiamo da lui un’altra lezione di storia (o almeno un momento di riflessione), ma Favreau è furbo e ci strappa il tappeto da sotto i piedi con un attacco a sorpresa di… un enorme artiglio? È un altro mostro gigante? No, la realtà è molto più strana!
Bo-Katan cambia le sorti
Continuiamo la nostra recensione dell’episodio 2 The Mandalorian 3: Din è stato catturato da un mech dall’aspetto di un insetto che sembra uscito direttamente da Terminator o The Matrix. Inoltre, c’è (parte di) un essere vivente che lo controlla. E diventa ancora meglio quando esce dal mech e si insinua in un inquietante corpo cyborg che potrebbe essere un richiamo al generale Grievous.
Non sappiamo ancora il suo nome, ma questo sembra essere uno dei personaggi di Star Wars dal vivo più inquietanti di sempre, e lo adoriamo. Il capitolo 17 ha già introdotto un alieno molto Marvel nel re dei pirati Gorian Shard, e anche questo nuovo horror sembra appartenere a un oscuro fumetto di Star Wars.
Quella che segue è forse la parte più interessante del capitolo 18, in cui uno stordito Din istruisce Grogu a mettere a frutto ciò che ha imparato, così da ottenere aiuto da Bo-Katan da solo (ricordiamo che Kalevala è nelle vicinanze). Il nostro piccolo amico verde finalmente diventa qualcosa di più di un semplice MacGuffin o del simpatico ragazzino che spesso diventa un deus ex machina, correndo via nella sua carrozzina sospesa (siamo sbalorditi dalle sue capacità), spingendo via con la forza un alamita dalla sua strada, e raggiungendo la loro nave in pochissimo tempo.
Per fortuna, l’R5-D4 precedentemente recuperato può pilotare la nave e portarli sul pianeta che Grogu indica disperatamente sul computer. Bo-Katan è infastidita dall’apparente ritorno di Din Djarin, tanto da urlare letteralmente alla sua nave incolpandolo di voler continuare a comportarsi come un’adolescente emo. Ma agisce subito in base alle informazioni urgenti e va a salvare Din nel suo caccia stellare mandaloriano.
Il capitolo 18 cambia di nuovo marcia, essenzialmente facendo di Katee Sackhoff la co-protagonista, un cambio di ritmo tanto necessario per il suo personaggio, che è stato spesso criticato come non troppo interessante da solo. Riteniamo che sia stata una critica giusta, poiché Bo-Katan ha sempre lavorato in tandem con altri importanti personaggi di Star Wars sin dal suo inizio, ma a questo punto è una parte fondamentale del puzzle mandaloriano, quindi è necessario lavorare ulteriormente sulla sua personale storia e comportamento, soprattutto per quegli spettatori che non hanno visto la serie animata.
Sackhoff ha chiaramente approfittato di questa opportunità, offrendo una performance meno vincolata che mette un po’ di umanità e ragione nel personaggio, con la sceneggiatura di Favreau che illustra perché sta facendo quello che sta facendo in un modo più intimo. Dopo aver inviato un altro gruppo di alamiti, si dirige verso l’officina della creatura raccapricciante. Il cyborg può difendersi anche al di fuori del mech, ma Bo-Katan prende rapidamente il sopravvento quando afferra la Darksaber e la uccide (insieme al suo mech) con relativa facilità e mostrando un’agilità con la spada che Din può solo sognare.
Questa breve scena d’azione, insieme alla tregua che segue, pone la domanda su chi sia più adatto a portare la spada – Bo-Katan è la risposta qui, ma lei non vuole semplicemente afferrarla – e se entrambi hanno sbagliato sulle loro rispettive convinzioni che hanno sulla cultura mandaloriana.
Una terza passeggiata attraverso le rovine di Sundari porta finalmente Din Djarin alle famose Acque Viventi di Mandalore (il problema più grande dell’episodio è la ripetizione di scenari e movimento). Apparentemente, l’ingresso era “proprio lì” in bella vista, dato che le acque erano un luogo importante per i Mandaloriani, ma invece Din continua a scendere, cercando qualcosa di più vicino alle Miniere di Moria.
La giornata spensierata del Mandaloriano è tutt’altro che finita. Mentre entra nell’acqua per “purificare” i suoi peccati attraverso una sorta di secondo battesimo, cade giù come una roccia dopo una brusca caduta, il che evidenzia quanto sia pesante un’armatura completa di beskar. Bo-Katan salta nell’abisso (è un salto enorme, in realtà) e lo tira su grazie al suo jetpack. Ma prima che l’episodio finisca, un mitosauro vivente delle dimensioni di un kaiju – e che dovrebbero essere estinti – si sveglia e si sposta più in profondità nell’oscurità sottomarina.
Per la scena finale del secondo episodio della terza stagione, questa è una rivelazione grande quasi quanto quella della Darksaber alla fine del capitolo 8.
Concludiamo la recensione dell'episodio 2 di The Mandalorian 3 dicendo che abbiamo pensato che Din avrebbe impiegato più tempo per raggiungere Mandalore e invece riesce già a darci un primo assaggio molto sostanzioso. Allora, quale sarà la prossima mossa? Probabilmente vedremo il leggendario mitosauro diventare l'escamotage "unificante" di cui Bo-Katan ha bisogno, e sembra che lei e un Din, ora alleggerito, lavoreranno insieme per un po'.
- Rachel Morrison rende la fotografia di questo episodio uno spettacolo per gli occhi.
- Questo capitolo rallenta il ritmo facendoci inoltrare nel mondo del mandaloriano.
- Il tocca che la nuova stagione vuole dare è chiaro fin dai primi episodi e sta andando nella direzione giusta.
- Ci sono molti cambi di registro durante l'episodio, necessari ma a volte un po' bruschi.