Nel periodo dal 2012 al 2022 sono scomparsi 99.000 negozi e 16.000 attività di commercio ambulante. Fortunatamente, ci sono anche notizie positive da sottolineare, come la crescita del numero di alberghi, bar e ristoranti (+10.275), l’aumento della presenza degli stranieri nel commercio (+44.000 imprese e +107.000 posti di lavoro), mentre le attività e gli occupati italiani sono diminuiti rispettivamente di -138.000 e -148.000 unità.
Attualmente, le attività commerciali, tra cui i negozi al dettaglio con sede fissa, gli ambulanti, gli alberghi e i pubblici esercizi, sono pari a poco meno di 884 mila. Secondo un’analisi di Confcommercio su 120 città, il tessuto produttivo e commerciale ha retto bene durante la pandemia e la crisi energetica, ma ci sono state perdite nel numero di punti vendita, che ha subito una riduzione del 4% tra il 2019 e il 2022, e il 9% nel caso degli ambulanti rispetto al 2012.
Questo si traduce in una perdita di circa 100mila unità per il dettaglio in sede fissa, di cui circa un quarto si trovano nelle 120 città considerate. Anche se la crescita delle attività di alloggio e ristorazione non compensa le riduzioni del commercio, modifica le caratteristiche dell’offerta commerciale delle città e dell’economia in generale. Oltretutto, la crisi pandemica ed energetica ha accentuato le tendenze di riduzione della densità commerciale già in avvio prima dell’emergenza, il che è motivo di preoccupazione.
La popolazione residente, che rappresenta la maggior parte dei clienti dei negozi, è diminuita dell’1,7% nei dieci anni considerati (-236mila abitanti, di cui la maggior parte negli ultimi tre anni). Di conseguenza, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti nel periodo considerato, il che potrebbe essere un sintomo di una vera e propria desertificazione commerciale.
- In 10 anni persi almeno 100 mila negozi. Ecco dove e perché (wallstreeitalia.com)