I viaggi nello spazio influenzano il funzionamento del cervello

Gli scienziati dell’Università di Anversa e dell’Università di Liegi (Belgio) hanno scoperto come il cervello umano cambia e si adatta all’assenza di peso e gravità, dopo essere stato nello spazio per 6 mesi. Alcuni dei cambiamenti si sono rivelati duraturi, anche dopo 8 mesi dal ritorno.
Gli astronauti che si recano nello spazio si trovano in un ambiente privo di peso, dove le regole del cervello sulla gravità non sono più applicabili. Il nuovo studio, sulle funzioni cerebrali dei cosmonauti, ha rivelato come l’organizzazione cerebrale cambia dopo una missione di sei mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dimostrando l’adattamento necessario per vivere in assenza di gravità. L’Università di Anversa ha guidato questo progetto scientifico, il BRAIN-DTI, attraverso l’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Sono stati prelevati dati di risonanza magnetica (MRI) dal cervello di 14 astronauti prima- e più volte – dopo la loro missione nello spazio. Utilizzando una speciale tecnica di risonanza magnetica, i ricercatori hanno raccolto i dati cerebrali degli astronauti in una condizione di riposo, quindi senza farli impegnare in un compito specifico. Questa tecnica di risonanza magnetica funzionale in stato di riposo ha permesso ai ricercatori di studiare lo stato di default del cervello e di scoprire se questo cambia o meno dopo un volo spaziale di lunga durata.

Effetto di apprendimento

In collaborazione con l’Università di Liegi, recenti analisi dell’attività cerebrale a riposo hanno rivelato come la connettività funzionale, un indicatore di come l’attività di alcune aree cerebrali sia correlata all’attività di altre aree, cambi in regioni specifiche. “Abbiamo scoperto che, dopo il volo spaziale, la connettività era alterata nelle regioni che supportano l’integrazione di diversi tipi di informazioni, piuttosto che nelle zone specifiche per diverse informazioni, come quelle visive, uditive o di movimento”, affermano Steven Jillings e Floris Wuyts (Università di Anversa). “Inoltre, abbiamo scoperto che alcuni di questi modelli di comunicazione alterati sono stati mantenuti durante gli 8 mesi di ritorno sulla Terra. Allo stesso tempo, alcuni cambiamenti cerebrali sono tornati al livello di funzionamento che avevano prima della missione spaziale”. Entrambi gli scenari di cambiamento sono plausibili: i cambiamenti conservati nella comunicazione cerebrale possono indicare un effetto di apprendimento, mentre i cambiamenti transitori possono indicare un adattamento più acuto al cambiamento dei livelli di gravità.

Nuova generazione di astronauti

“Comprendere i cambiamenti fisiologici e comportamentali innescati dall’assenza di gravità è fondamentale per pianificare l’esplorazione umana dello spazio. Pertanto, mappare i cambiamenti della funzione cerebrale utilizzando tecniche di neuroimaging, come è stato fatto in questo lavoro, è un passo importante per preparare la nuova generazione di astronauti a missioni più lunghe”, commenta Raphaël Liégeois, dottore in Scienze dell’Ingegneria (ULiège) con una tesi nel campo delle neuroscienze, futuro astronauta dell’ESA. I ricercatori sono entusiasti dei risultati, anche se sanno che si tratta solo di un primo passo verso la comprensione dei cambiamenti nella comunicazione cerebrale dopo un viaggio nello spazio. Per esempio, si deve ancora indagare su quale sia l’esatta conseguenza comportamentale di questi cambiamenti nella comunicazione cerebrale, si deve capire se un tempo più lungo trascorso nello spazio possa influenzare queste osservazioni e se le caratteristiche cerebrali possano essere utili per selezionare i futuri astronauti o per monitorarli durante e dopo i viaggi nello spazio.

 

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