Kumimanu fordycei è il nome che hanno dato i paleontologi a questa creatura estinta e che secondo il New York Times è una combinazione delle parole Māori per “mostro” e “uccello”. I ricercatori analizzano i resti fossili, trovati in Nuova Zelanda, già dal 2017, anno in cui hanno scoperto le ossa insieme ad uno scheletro più completo. Ora, in un nuovo studio pubblicato sul Journal of Paleontology, sono stati rivelati tutti i dettagli di quello che potrebbe essere stato il più grande pinguino mai vissuto. Utilizzando modelli 3D derivanti dal calco dell’omero di Kumimanu, i ricercatori hanno stabilito che il “mostro uccello” pesava tra i 148 e 160 kg circa. La determinazione della sua altezza si è rivelata più difficile e incerta, ma i ricercatori stimano che si trattasse di un robusto metro e ottanta. Per fare un confronto, il più grande pinguino esistente, il pinguino imperatore, raggiunge al massimo un metro e mezzo di altezza e circa 88 chili.
Gli intoccabili
Ksepka ha spiegato al NYT che questi pinguini giganti hanno prosperato durante un periodo successivo all’estinzione dei dinosauri, quando c’erano predatori acquatici meno temibili che potevano sfidarli.
“Se sei un piccolo pinguino di un chilo e mezzo, un gabbiano può staccarti la testa”, ha detto al giornale. “Ma un pinguino di 150 chili non si preoccuperà di un gabbiano che gli atterra vicino, perché lo schiaccerà”.
Oltre a renderli intoccabili, ha aggiunto Ksepka, la loro stazza potrebbe averli resi più abili nei tuffi in profondità.
Le dimensioni massicce e la collocazione di Kumimanu fordycei vicino alla radice dell’albero genealogico dei pinguini (periodo del tardo Paleocene), forniscono ulteriore supporto a uno scenario in cui questi animali hanno raggiunto il limite massimo delle loro dimensioni corporee, in un momento evolutivo molto precoce, pur conservando numerose caratteristiche della pinna negli esemplari che abitano oggi la Terra.
La scoperta di questo fossile ha fornito una base solida per ipotizzare che le grandi dimensioni del corpo dei pinguini del Paleocene possa essere stato determinato dai vantaggi che i corpi più grandi offrono quando si cerca di trattenere il calore, spiega il dottor Thomas. “Quando iniziamo a pensare a questi reperti non come ossa isolate ma come parti di un intero animale vivente, inizia a delinearsi un quadro. I grandi animali marini a sangue caldo che vivono oggi possono immergersi a grandi profondità. Questo solleva la questione se Kumimanu fordycei avesse un’ecologia che i pinguini di oggi non hanno, essendo in grado di raggiungere acque più profonde e trovare cibo che non è accessibile ai pinguini viventi”. La raccolta di prove fossili continua a fornire supporto all’ipotesi che collega le antiche origini dei pinguini alla regione di Zealandia, nota anche come Te Riu-a-Māui.