In Africa subsahariana, nonostante anni di sforzi, il numero di bambini contagiati dal virus Hiv resta inaccettabile: 130 mila all’anno. Il 76% degli adulti sieropositivi nell’Africa subsahariana riceve farmaci mirati. Purtroppo, dall’altra, solo metà dei bambini può contare sullo stesso salvavita.

Se le donne incinte fossero sottoposte a un test per l’Hiv e in caso di positività iniziassero subito le terapie antiretrovirali, sarebbe tutto più semplice. Potrebbe essere possibile evitare la trasmissione del virus tra madre e bambino, somministrando farmaci ai neonati per le prime sei settimane di vita. 

Nei bambini spesso la diagnosi di Hiv arriva in ritardo. Ci sono casi in cui i farmaci pediatrici sono disponibili gratuitamente e come ostacoli sussistono fattori culturali. Spesso le donne sono emarginate, perché se positive all’Hiv, vengono accusate di infedeltà al partner. Le donne per non agire di nascosto, devono comunicare al marito la diagnosi. Così da poter raggiungere gli ospedali e sottoporre se stesse e i figli alle cure necessarie. Un’altra complicazione è la povertà, le donne guadagnano l’equivalente di pochi dollari al mese. Se non ci sono più farmaci gratis disponibili, bisogna dividere i pochi che si riesce a comprare fra tutta la prole. Anche se a ogni figlio si rischia di dare una dose insufficiente.