I risultati, pubblicati del team guidato dalla geologa-paleontologa Konstantina Agiadi dell’Università di Vienna e pubblicati sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, suggeriscono che i pesci mesopelagici si riducono complessivamente nelle dimensioni a causa del surriscaldamento delle acque. I pesci mesopelagici, piccole specie di pesci che vivono nel buio degli oceani tra i 200 e i 1.000 metri di profondità e che risalgono in superficie per alimentarsi durante la notte. A causa dell’attuale riscaldamento climatico, gli studi hanno già previsto che i pesci che vivono nella parte soleggiata degli oceani (essenzialmente i primi 200 metri d’acqua) diminuiranno del 14-24% nelle loro dimensioni, entro il 2050. “Ma finora quasi nessuno studio si era occupato delle conseguenze del riscaldamento climatico sulla parte più profonda degli oceani, la zona crepuscolare”, afferma Agiadi. La zona crepuscolare o mesopelagica dell’oceano si estende da 200 a circa 1.000 metri di profondità. I soli pesci lanterna, un gruppo di piccoli pesci mesopelagici che prendono il nome dalla loro capacità di produrre luce propria (blu pallido, verde o giallo), costituiscono più della metà della biomassa ittica delle profondità marine e circa 100 volte il totale delle catture annuali della pesca mondiale.
Gli otoliti dei pesci sono la chiave
L’evoluzione delle dimensioni corporee è stata studiata utilizzando otoliti fossili di pesci risalenti ai periodi glaciali e interglaciali del Pleistocene. Gli otoliti dei pesci sono piccole pietre nell’orecchio interno dei pesci ossei che facilitano la percezione del suono e dell’equilibrio. Come fossili, sono comunemente conservati nelle rocce sedimentarie. La loro morfologia è particolare per ogni specie di pesce e le loro dimensioni riflettono direttamente le dimensioni dell’individuo da cui provengono. Ciò consente ai ricercatori di identificarli per ricostruire le faune ittiche del passato. Nel loro studio, Agiadi e il team di ricerca hanno recuperato otoliti di pesce da eccezionali formazioni sedimentarie risalenti a 800-700 mila anni fa nell’isola di Rodi, nel Mar Egeo, e hanno utilizzato le dimensioni degli otoliti per tracciare i cambiamenti nelle dimensioni del corpo dei pesci attraverso i periodi glaciali e interglaciali. Hanno scoperto che durante il periodo interglaciale le dimensioni dei pesci erano inferiori del 35%, quando la temperatura globale era aumentata di 4 °C.
L’evoluzione delle dimensioni corporee è stata studiata utilizzando otoliti fossili di pesci risalenti ai periodi glaciali e interglaciali del Pleistocene. Gli otoliti dei pesci sono piccole pietre nell’orecchio interno dei pesci ossei che facilitano la percezione del suono e dell’equilibrio. Come fossili, sono comunemente conservati nelle rocce sedimentarie. La loro morfologia è particolare per ogni specie di pesce e le loro dimensioni riflettono direttamente le dimensioni dell’individuo da cui provengono. Ciò consente ai ricercatori di identificarli per ricostruire le faune ittiche del passato. Nel loro studio, Agiadi e il team di ricerca hanno recuperato otoliti di pesce da eccezionali formazioni sedimentarie risalenti a 800-700 mila anni fa nell’isola di Rodi, nel Mar Egeo, e hanno utilizzato le dimensioni degli otoliti per tracciare i cambiamenti nelle dimensioni del corpo dei pesci attraverso i periodi glaciali e interglaciali. Hanno scoperto che durante il periodo interglaciale le dimensioni dei pesci erano inferiori del 35%, quando la temperatura globale era aumentata di 4 °C.
I piccoli pesci hanno un grande impatto
I pesci mesopelagici, in particolare i lanterna, contribuiscono in modo significativo alla pompa biologica del carbonio, un meccanismo naturale di riduzione dell’anidride carbonica atmosferica (CO2): Durante il giorno, gli organismi fitoplanctonici sulla superficie dell’oceano assorbono CO2 dall’atmosfera attraverso la fotosintesi. Poi, ogni notte, i pesci lanterna risalgono per centinaia di metri verso la superficie degli oceani per nutrirsi di plancton, quando i pesci più grandi e i mammiferi marini (i loro predatori) non possono vederli. In questo modo, i pesci lanterna trasportano enormi quantità di carbonio dalla superficie alle profondità oceaniche. “Qualsiasi effetto negativo del riscaldamento climatico sui pesci mesopelagici dovrebbe quindi avere un impatto sulla capacità degli oceani di ridurre l’anidride carbonica atmosferica – e per quanto riguarda l’attuale riscaldamento climatico si tratta di notizie allarmanti”, sottolinea Martin Zuschin, capo del Dipartimento di Paleontologia e co-autore dello studio.