I dirigenti di Twitter stanno cercando delle nuove strategie creative per raccogliere fondi e salvare la società, notoriamente in profonda difficoltà. Secondo il New York Times, la piattaforma social starebbe valutando la possibilità di mettere all’asta i nomi utente dei profili inattivi.

Il piano, spiega il prestigioso quotidiano americano, sarebbe in discussione da circa un mese. Il CEO di Twitter, Elon Musk, lo scorso mese aveva detto di essere intenzionato ad eliminare 1,5 miliardi di account inattivi, liberando così “i loro nickname”. All’epoca non aveva menzionato l’ipotesi di mettere all’asta quei nickname e molti utenti si erano illusi che i nomi così liberati sarebbero stati resi disponibili gratuitamente.

Non è un’idea malvagia: esiste un vivace mercato nero dei nickname più ambiti, che spesso vengono soprannominati ‘OG‘. Due anni fa Twitter ha subito il più importante attacco informatico della sua storia: degli hacker poco più che ragazzini hanno preso il controllo di un grandissimo numero di account verificati (inclusi quelli di Musk, Bill Gates e Barack Obama), usandoli per promuovere una maldestra truffa sulle criptovalute. Citiamo questo caso perché i protagonisti di questa vicenda erano tutti degli hacker attivi dei forum dediti alla vendita illegale di account OG, cioè account con nickname ambiti: molto corti (come ‘abcd’), di personaggi di fantasia (come @DarthVader o @Frodo) o con parole di uso comune (come @Pizza e @Dark). I social come Twitter e Instagram non consentono agli utenti di vendere legalmente i loro nickname, così questi account vengono in genere rubati da hacker e poi rivenduti sul mercato nero, in alcuni casi per diverse migliaia di euro.

L’anno scorso Telegram ha creato una piattaforma proprio per la compravendita degli account più ambiti, che vengono messi all’asta e acquistati utilizzando una criptovaluta chiamata Gram.

Anche se è poco probabile che la maggior parte degli account inattivi di Twitter abbiano nomi utente abbastanza desiderabili per garantire alla società grandi entrate, alcuni collezionisti sono disposti a spendere cifre importanti per mettere le mani sui nickname più ambiti. L’esperimento di Twitter potrebbe pertanto avere un esito potenzialmente molto interessante.