Gli scienziati dell’Università di Nottingham, Cina, Germania e Regno Unito guidati dal professor Liu Feng dell’Istituto di Geologia e Paleontologia di Nanjing, hanno sviluppato un nuovo metodo per rilevare dei composti nei fossili di polline, i quali hanno la funzione di proteggere le piante dalle radiazioni ultraviolette dannose (UV-B). La ricerca è stata pubblicata su Science Advances. Da altre ricerche è emerso che un impulso di UV-B giocò un ruolo importante nell’estinzione di massa nell’era geologica del Permiano. L’estinzione di massa alla fine del Permiano (250 milioni di anni fa) è il più grave dei cinque grandi eventi di estinzione di massa, con la perdita di circa l’80% delle specie marine e terrestri. Questa catastrofica perdita di biodiversità è stata la risposta a un’emergenza paleoclimatica innescata dal verificarsi di un’eruzione vulcanica su scala continentale che ha interessato gran parte dell’odierna Siberia. L’attività vulcanica ha provocato il rilascio nell’atmosfera di enormi quantità di carbonio che erano state rinchiuse all’interno della Terra, generando un riscaldamento a effetto serra su larga scala. Questo evento di riscaldamento globale è stato accompagnato da un collasso dello strato di ozono terrestre. A sostegno di questa teoria c’è l’abbondante presenza di spore e grani di polline malformati che testimoniano l’afflusso di radiazioni UV mutagene. I ricercatori hanno ritrovato nelle rocce una concentrazione insolitamente alta di spore malformate nel periodo precedente all’estinzione, come nel caso di Grandispora cornuta che presenta forme anomale, una lunghezza irregolare delle spine e un colore eccezionalmente scuro. Inoltre, la percentuale di spore malformate aumenta dal 71 al 95% man mano che si avvicina al momento in cui avvenne l’estinzione.
Il professor Barry Lomax dell’Università di Nottingham spiega: “Le piante hanno bisogno della luce del sole per la fotosintesi, ma devono proteggere sé stesse e in particolare il loro polline dagli effetti nocivi delle radiazioni UV-B. A tal fine, le piante cercano di proteggersi dalle radiazioni UV. Per farlo, caricano le pareti esterne dei grani di polline con composti che funzionano come una protezione solare per proteggere le cellule vulnerabili e garantire il successo della riproduzione”. Il professor Liu Feng aggiunge: “Abbiamo sviluppato un metodo per rilevare questi composti fenolici nei grani di polline fossili recuperati in Tibet e abbiamo rilevato concentrazioni molto più elevate nei grani prodotti durante l’estinzione di massa e la fase di picco dell’attività vulcanica”. Livelli elevati di UV-B possono avere impatti ancora più ampi e duraturi sull’intero Sistema Terra. Recenti studi di modellazione hanno dimostrato che un elevato stress da UV-B riduce la biomassa vegetale e lo stoccaggio del carbonio terrestre, aggravando il riscaldamento globale. L’aumento della concentrazione di composti fenolici rende inoltre i tessuti vegetali meno facilmente digeribili, rendendo l’ambiente ostile ancora più difficile per gli erbivori.
Riassumendo i risultati del gruppo, il dottor Wes Fraser della Oxford Brookes University ha commentato: “Il vulcanismo (qualsiasi evento di risalita in superficie di materiale allo stato fuso, spesso accompagnato da prodotti solidi e gassosi), su scala così cataclismatica ha un impatto su tutti gli aspetti del sistema Terra, dai cambiamenti chimici diretti nell’atmosfera, passando per i cambiamenti nei tassi di sequestro del carbonio, fino alla riduzione del volume delle fonti alimentari nutrienti disponibili per gli animali”.