Il cervello umano contiene molti indizi sulla salute di una persona; infatti, la ricerca dimostra che l’età cerebrale di una persona è il predittore più utile e accurato dei rischi per la salute e delle malattie future rispetto alla data di nascita. Ora, un nuovo modello di intelligenza artificiale (AI) che analizza le scansioni cerebrali a risonanza magnetica (MRI), sviluppato dai ricercatori dell’USC, potrebbe essere utilizzato per individuare con precisione il declino cognitivo legato a malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, e lo farebbe molto molto prima rispetto ai metodi precedentemente utilizzati.
L’invecchiamento cerebrale è considerato un biomarcatore affidabile del rischio di malattie neurodegenerative. Tale rischio aumenta quando il cervello di una persona presenta caratteristiche che appaiono più “vecchie” del previsto per una persona di età relativamente giovane per quel tipo di caratteristica. Sfruttando la capacità di deep learning (letteralmente “apprendimento profondo”) del nuovo modello di intelligenza artificiale sviluppato da un team d ricercatori dell’Università della Southern California, è stato possibile rilevare marcatori di anatomia cerebrale che sono altrimenti molto difficili da individuare, correlati al declino cognitivo. I risultati, pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, offrono uno sguardo senza precedenti sulla cognizione umana.
“Il nostro studio sfrutta la potenza dell’apprendimento profondo per identificare le aree del cervello che stanno invecchiando in modi che riflettono un declino cognitivo che può portare all’Alzheimer”, ha dichiarato Andrei Irimia, professore di gerontologia, ingegneria biomedica, biologia quantitativa e computazionale e neuroscienze presso la USC e autore dello studio.
“Le persone invecchiano a ritmi diversi, così come i tipi di tessuto del corpo. Lo sappiamo quando diciamo: ‘XY ha quarant’anni, ma ne dimostra trenta’. La stessa idea si applica al cervello. Il cervello di un quarantenne può sembrare ‘giovane’ come quello di un trentenne, o può sembrare ‘vecchio’ come quello di un sessantenne”.
Un modello di intelligenza artificiale che prevede l’età
Irimia e il suo team hanno raccolto le risonanze magnetiche cerebrali di 4.681 partecipanti cognitivamente normali, alcuni dei quali hanno poi sviluppato un declino cognitivo o il morbo di Alzheimer più tardi nella vita. Utilizzando questi dati, hanno creato un modello di intelligenza artificiale a mo’ di rete neurale per prevedere l’età dei partecipanti in base alle loro risonanze magnetiche cerebrali. In primo luogo, i ricercatori hanno addestrato la rete a produrre mappe anatomiche dettagliate del cervello che rivelano modelli di invecchiamento specifici per ogni soggetto. Hanno poi confrontato le età cerebrali percepite (biologiche) con le età reali (cronologiche) dei partecipanti allo studio. Maggiore era la differenza tra le due, peggiore era il punteggio cognitivo dei partecipanti, che è l’elemento che riflette il rischio di Alzheimer.
I risultati mostrano che il modello del team è in grado di prevedere la vera età (cronologica) dei partecipanti cognitivamente normali con un errore assoluto medio di 2,3 anni, che è circa un anno più preciso di un modello esistente e premiato per la stima dell’età cerebrale che utilizzava una diversa architettura di rete neurale. “L’intelligenza artificiale interpretabile può diventare un potente strumento per valutare il rischio di Alzheimer e di altre malattie neurocognitive”, ha dichiarato Irimia. Quanto prima riusciamo a identificare le persone ad alto rischio di Alzheimer, tanto prima i medici possono intervenire con opzioni di trattamento, monitoraggio e gestione della malattia”. Ciò che rende l’intelligenza artificiale particolarmente potente è la sua capacità di cogliere caratteristiche sottili e complesse dell’invecchiamento che altri metodi non sono in grado di cogliere e che sono fondamentali per identificare il rischio di una persona molti anni prima che sviluppi la malattia”.
Il cervello invecchia in modo diverso a seconda del sesso
Il nuovo modello rivela anche differenze specifiche di sesso nel modo in cui l’invecchiamento varia tra le regioni cerebrali. Alcune parti del cervello invecchiano più velocemente nei maschi che nelle femmine, e viceversa. I maschi, che sono più a rischio di disabilità motoria a causa del morbo di Parkinson, sperimentano un invecchiamento più rapido nella corteccia motoria del cervello, un’area responsabile della funzione motoria. I risultati mostrano anche che, tra le donne, l’invecchiamento tipico può essere relativamente più lento nell’emisfero destro del cervello (la zona che si concentra sugli aspetti astratti della vita, come l’intuizione, l’empatia, la creatività, reattività, l’accettazione).
Le applicazioni di questo lavoro vanno ben oltre la valutazione del rischio di malattia. Irimia immagina un mondo in cui i nuovi metodi di apprendimento profondo sviluppati nell’ambito dello studio vengano utilizzati per aiutare le persone a capire quanto velocemente stanno invecchiando in generale. “Una delle applicazioni più importanti del nostro lavoro è il suo potenziale per aprire la strada a interventi su misura che affrontino i modelli di invecchiamento unici di ogni individuo”, ha detto Irimia. “Molte persone sarebbero interessate a conoscere il loro reale tasso di invecchiamento. Queste informazioni potrebbero darci indicazioni su diversi cambiamenti di stile di vita o interventi che una persona potrebbe adottare per migliorare la sua salute e il suo benessere generale. I nostri metodi potrebbero essere utilizzati per progettare piani di trattamento incentrati sul paziente e mappe personalizzate dell’invecchiamento cerebrale che potrebbero interessare persone con esigenze e obiettivi di salute diversi”.