L’atterraggio di un uccello su un ramo fa sembrare questa manovra la cosa più semplice del mondo, ma in realtà l’atto di appollaiarsi comporta un equilibrio estremamente delicato di tempismo, forze ad alto impatto, velocità e precisione. È una mossa così complessa che nessun robot ornitottero (aeromobile a superficie alare battente. Il primo disegno di un ornitottero risale a Leonardo da Vinci) è stato in grado di padroneggiarla, fino ad ora.

Raphael Zufferey, del Departamento de Ingeniería de Sistemas y Automática, Escuela Técnica Superior de Ingeniería, University of Seville, Spagna, e de l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), è il primo autore di un recente articolo di Nature Communications che descrive la realizzazione dell’esclusivo carrello che rende possibile l’atterraggio. Lo ha costruito e testato in collaborazione con i colleghi dell’Università di Siviglia, in Spagna, dove lo stesso ornitottero, di 700 grammi, è stato sviluppato nell’ambito del progetto europeo GRIFFIN.

“Questa è la prima fase di un progetto più ampio. Una volta che un ornitottero sarà in grado di atterrare autonomamente su un ramo di un albero, potrà svolgere compiti specifici, come raccogliere campioni biologici o fare misurazioni. Alla fine, potrebbe anche atterrare su strutture artificiali, aprendo così ulteriori aree di applicazione”, afferma Zufferey. La capacità di atterrare su un trespolo potrebbe fornire un modo più efficiente per gli ornitotteri – che, come molti veicoli aerei senza equipaggio (UAV), hanno una durata limitata delle batterie – di ricaricarsi utilizzando l’energia solare, rendendoli potenzialmente ideali per le missioni a lungo raggio. “Si tratta di un grande passo avanti verso l’utilizzo di robot ad ala battente, che per ora possono solo effettuare voli”, ha dichiarato.

Massimizzare la forza e la precisione; minimizzare il peso e la velocità

I problemi ingegneristici legati all’atterraggio di un ornitottero su un trespolo, senza comandi esterni, hanno richiesto la gestione di molti fattori che la natura ha già perfettamente bilanciato. L’ornitottero dovrebbe essere in grado di rallentare significativamente mentre si appresta all’atterraggio, pur mantenendo il volo. L’artiglio, quindi, doveva realizzato essere abbastanza forte da poter afferrare il trespolo e sostenere il peso del robot, senza essere troppo pesante. “È questo uno dei motivi per cui abbiamo scelto un singolo artiglio piuttosto che due”, osserva Zufferey. Infine, uktimo obiettivo del robot doveva essere quello di percepire l’ambiente e il posatoio di fronte a lui in relazione alla propria posizione, velocità e traiettoria.

I ricercatori hanno ottenuto tutto questo dotando l’ornitottero di un computer di bordo e di un sistema di navigazione, integrati da un sistema esterno di cattura del movimento. L’appendice dell’artiglio dell’ornitottero è stata finemente calibrata per compensare le oscillazioni di volo verso l’alto e verso il basso, nel tentativo di individuare e afferrare il posatoio. L’artiglio stesso è stato progettato per assorbire lo slancio in avanti del robot al momento dell’impatto e per chiudersi rapidamente e saldamente per sostenere il suo peso. Una volta appollaiato, il robot rimane sul trespolo senza dispendio di energia. Anche con tutti questi fattori da considerare, Zufferey e i suoi colleghi sono riusciti a costruire non solo uno, ma due ornitotteri  per poter replicare i loro risultati.

In prospettiva, Zufferey sta già pensando a come ampliare e migliorare il dispositivo, soprattutto in un ambiente esterno. “Al momento, gli esperimenti di volo sono condotti al chiuso, perché c’è bisogno di una zona di volo controllata con una localizzazione precisa da parte del sistema di cattura del movimento. In futuro, vorremmo aumentare l’autonomia del robot per eseguire compiti di atterraggio e manipolazione all’aperto, in un ambiente più imprevedibile”.