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L’impresa di RobydaMatti: 250 km con una gamba

La storia di Roberto Bruzzone è quanto di straordinario si possa raccontare. Un camminatore dalla gamba in spalla, come ama farsi chiamare, che ciclicamente riesce ad inanellare imprese straordinarie. L’ultima è la Nessie’s Mountain Endurance: 250km in 5 giorni dal 20 dicembre fino al 24 dicembre.

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.

Khalil Gibran

La forza di volontà dell’essere umano è una delle maggiori spinte che si possano conoscere, quando tutto sembra voltare le spalle ecco rendersi conto che ognuno di noi ha delle possibilità incredibili nascoste nel proprio interno da anni di immobilismo e confort zone. E la storia di Roberto Bruzzone è uno degli esempi più classici di quando una difficoltà si trasforma in una nuova possibilità. Ma prima di raccontare l’ultima grande impreso di questo personaggio incredibile è giusto conoscere la sua storia e di come Roberto Bruzzone si è trasformato in Robydamatti. Per chi è un camminatore sa bene l’importanza di cosa si mette dentro al proprio zaino, i trekker professionisti sono spesso carichi di peso, in quanto devono contenere l’essenziale per la sopravvivenza e la buona riuscita della spedizione. Nello zaino di Roberto Bruzzone oltre alle consuete vettovaglie, sacco a pelo e vestiti c’è anche la sua gamba di riserva, la sua ruota di scorta in caso di emergenza.

La storia di Roberto Bruzzone, del camminatore con la gamba in spalla di Ovada, nasce da molto lontano, da delle circostanze per nulla scontate che hanno fatto cambiare drasticamente la vita del giovane trekker. Dopo un grave incidente in moto, che lesionò la gamba destra, Roberto ha dovuto vivere un vero e proprio calvario: quattro anni di operazioni, terapie, ricadute, per una gamba destra mai guarita, un piede in completo equinismo (integri collo del piede e tallone) e una deambulazione insostenibile a livello motorio.

Da pugile mi hanno insegnato a capire la reale potenzialità di se stessi, ed io sapevo benissimo cosa volevo fare nella vita, bastava solo volerlo. Dopo la prima operazione pensai che la mia vita motoria fosse terminata nell’aprile del 2000, mi stavo quasi rassegnando all’idea di rimanere su una sedia a rotelle a vita, ma io sono cocciuto e non volevo rimanere fermo, dovevo risolvere la situazione.

Quando i medici mi dissero che dovevo salvare il salvabile – racconta Roberto Bruzzone – che comunque avevo la gamba, gli risposi che proprio perché l’avevo, io volevo decidere le sorti della mia vita e di quella gamba: non volevo camminare, in quel momento io volevo ricominciare a correre e quindi gli dissi di tagliarla.

Da quell’attimo nasce la nuova vita di Roberto o come si fa chiamare da tante persone di Robydamatti, il camminatore dalla gamba in spalla. Dopo che un giorno accolse l’invito dell’amico e preparatore atletico Alessio Alfier a cimentarsi con il trekking, Bruzzone non si è più fermato inanellando imprese su imprese. Gran Paradiso, cammino di Santiago di Compostela, Kilimanjaro, traversata dell’Islanda, Aconcagua, traversata della Corsica, deserto della Namibia, spedizione in Perù e Bolivia e l’ultima impresa la “Forrest Gamb Endurance” che l’ha portato a raggiungere il record, ancora imbattuto nel mondo della disabilità, di 100 chilometri in 18 ore e 35 minuti. Le imprese degli alpinisti, degli esploratori, di chi arriva su una vetta sono delle imprese storiche, come quella di Simone Moro, che è riuscito a raggiungere la vetta del Nanga Parbat (ottava cima del mondo) per la prima volta in inverno, ma farle con “una gamba in spalla” senza dubbio ha dei risvolti ancora più forti perché il risultato è il medesimo, ma è come lo si raggiunge che è straordinario.

La natura è un qualcosa di unico e viverla a 360° è un’emozione incredibile senza eguali. Il mio percorso da disabile mi ha portato a scalare delle vette incredibili, ad ammirare dei paesaggi mozzafiato, ma è tutto questo cammino che è stato la mia grande avventura. Prima dell’incidente – dichiara Roberto Bruzzone – non avrei mai pensato di fare il trekker professionista, ma la vita ti pone di fronte a dei bivi imprevedibili e il caso ha voluto che proprio dopo che mi amputarono una gamba iniziai a camminare e a macinare km lungo le montagne.

La Nessie’s Mountain Endurance e la nuova impresa

Ma nel periodo dell’incidente c’è stato un altro evento che ha sconvolto la vita di Roberto Bruzzone, l’arrivo della beagle Nessie, una cucciola che ha accompagnato Roberto in quasi tutte le sue imprese e che l’ha letteralmente fatto rinascere a nuova vita. Nel momento di massimo sconforto e della consapevolezza di doversi reinventare un nuovo modo di camminare e correre, Nessie non ha mai abbandonato il suo padrone legandosi in una maniera indissolubile con lo stesso Bruzzone.

Nessie è sempre stata con me, anche quando c’erano i tratti più impervi dei trekking – racconta Roberto – non aveva problemi nemmeno a stare nel mio grande zaino, abbiamo realizzato delle imprese incredibili insieme e da quando è morta nel 2019, il mio pensiero è sempre stato quello di realizzare un qualcosa dedicato a lei.

L’ultima sfida, che è partita il 20 dicembre, si chiama proprio Nessie’s Mountain Endurance, missione nella quale Roberto ha percorso 250 chilometri in cinque giorni in indipendenza e solitaria, nei boschi tra Olbicella e Aglieto, i luoghi nei quali Nessie e Roby hanno iniziato i loro primi allenamenti, post amputazione della gamba. E le missioni non finiscono qua in quanto ci sono ben tre nuove sfide per il camminatore della gamba in spalla da qui a tre anni: il 2023 si celebrerà i 60 anni dalla tragedia del Vajont, il 2024 i 30 anni dall’alluvione dell’alessandrino e il 2025 per i 90 anni dal crollo della diga di Molare.

Erano mesi che mi allenavo per questa nuova sfida. La dovevo fare assolutamente per Nessie e per noi che abbiamo percorso questi boschi per mesi e mesi nei primi periodi di deambulazione. Tutti credevano che riuscissi a finire questi 250km – racconta Roberto Bruzzone – e l’unico che forse dubitava ero proprio io. Purtroppo in queste sfide il grado di stanchezza e dolore sale ogni giorno di più e infatti ci sono stati giorni veramente terribili. Vuoi anche l’umidità di alcune tappe la sera mi ritrovavo a fare continuamente impacchi di ghiaccio sul moncone per alleviare gli affaticamenti e i dolori lancinanti.

Ma alla fine mi conosco, so che ad un certo punto mi scatta un qualcosa che mi fa andare avanti bypassando i dolori e i pensieri, e così è stato. I km diventavano sempre di meno e alla quarta tappa con gli ultimi 50 km da fare ero già euforico, l’avrei finita strisciando, non mi sarei fermato per nulla al mondo. Sono felice di averla conclusa perchè queste sfide hanno un obiettivo ben preciso, quello di richiamare l’attenzione di chi necessita di aiuto – conclude Roberto Bruzzone – nel campo della disabilità, un’ambizione che ha preso forma soprattutto negli Walk Camp, corsi di perfezionamento al cammino per amputati agli arti inferiori. Ovviamente tutte queste imprese saranno fatte nel nome della mia più grande compagna di avventure Nessie.

Roberto Bruzzone, con quel sorriso sincero, con quei capelli lunghi da indiano d’America, con quegli occhi carichi di speranza e forza sta dimostrando con il trekking e le sue avventure (www.robydamatti.it) che si possono fare imprese eccezionali anche con una disabilità importante. Lo scopo delle sue imprese è far capire ulteriormente che con l’impegno e con la testa si può arrivare ovunque; questo è quello che spera Roberto di continuare a trasmettere con i suoi viaggi e cammini.

Roberto Bruzzone è stato ospite della seconda edizione di UltraPop