I ricercatori dell’Università di Uppsala (Svezia) hanno ora dimostrato la perdita del cromosoma Y in una parte dei loro globuli bianchi aumenta il rischio di sviluppare COVID-19 in forma grave e questa scoperta potrebbe migliorare il trattamento contro la patologia.
La perdita del cromosoma Y (LOY) in una parte dei globuli bianchi è un’alterazione genetica comune negli uomini, ed è interessante notare che questa alterazione è più comune con l’avanzare dell’età. Durante la pandemia di COVID-19, è apparso subito evidente che gli uomini erano più gravemente colpiti dalla malattia. Fino al 75% dei pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva erano uomini e anche la percentuale di uomini deceduti è più alta rispetto alle donne.
“Abbiamo studiato campioni di sangue prelevati da oltre 200 pazienti maschi ricoverati in unità di terapia intensiva tra l’inizio del 2020 e l’estate del 2021. Le nostre analisi hanno dimostrato che il LOY era collegato sia alla gravità della malattia, in base alla classificazione dell’OMS, sia al rischio di morte”, afferma Bożena Bruhn-Olszewska, ricercatrice dell’Università di Uppsala.
“Abbiamo avuto l’opportunità di analizzare i campioni prelevati da alcuni pazienti da tre a sei mesi dopo la dimissione dal reparto di terapia intensiva. In questi campioni, la percentuale di cellule con LOY era drasticamente diminuita. Per quanto ne sappiamo, è la prima volta che si dimostra che il LOY ha proprietà dinamiche legate a una malattia infettiva acuta”, spiega Hanna Davies, altra ricercatrice dell’Università di Uppsala. I ricercatori ritengono che LOY potrebbe essere utilizzato come biomarcatore per prevedere quali pazienti sono a rischio di sviluppo di una grave malattia da COVID-19.
“I nostri risultati contribuiscono a una migliore comprensione dell’importanza del LOY per la suscettibilità alla malattia, soprattutto in relazione al funzionamento del sistema immunitario. Riteniamo inoltre che le nuove conoscenze possano essere rilevanti per altre infezioni virali comuni che sono più gravi per gli uomini che per le donne”, afferma Jan Dumanski, professore dell’Università di Uppsala che ha guidato lo studio.