Ormai ci siamo, l’attesa per il debutto nelle sale italiane previsto per il 14 dicembre 2022 di Avatar – La via dell’acqua è quasi terminata.
Sono passati appena 13 anni da quella volta in cui James Cameron cambiò per sempre il corso del cinema, inaugurando, apparentemente, una fase storica totalmente nuova dal punto di vista della fruizione e anche della poetica della corrente blockbuster hollywoodiana.
Dico “sembrava” perché poi in realtà il suo ennesimo capolavoro e campione di incassi (a lungo il più grande incasso della storia del cinema, un titolo che al cineasta canadese non era sconosciuto già in precedenza) è rimasto una meravigliosa eccezione in una regola che ha dato vita ad una crisi di creatività come non si era mai vista prima d’ora dalle parti del paradiso nordamericano.
Crisi in cui si è inserito con prepotenza Kevin Feige e il Marvel Cinematic Universe, non a caso l’unico film che è riuscito a battere al botteghino il cavallo di razza del cineasta canadese è stato il culmine del loro progetto editoriale. Ecco, quello che è divenuto il nuovo modo di intendere il cinema commerciale si è spostato da autorialità a progetto editoriale, sposando alla perfezione le nuove forme di fruizione che non sono il 3D, ma la crossmedialità, non la sala cinematografica, ma il contenuto audiovisivo all’interno di un grande mosaico, non la saga, ma l’universo.
In un certo senso dunque Cameron riprende da dove ha lasciato, facendo i conti con un mondo totalmente nuovo, è vero, ma in cui lui si ritrova, di nuovo, come un primus inter pares, forte di una carriera da visionario che gli ha permesso ancora una volta di non essere raggiunto, dato che le tematiche del suo Avatar sono drammaticamente attuali e da nessun altro affrontate nel cinema blockbuster, per non parlare della sua visione cinematografica, anch’essa anni luce avanti rispetto a coloro che ora muovono i fili della realtà odierna, che con il linguaggio della settima arte hanno spesso poco a che fare.
Sento già le critiche, vedo già le persone che si strappano i capelli, sappiate solamente che vi scrive ritiene Avengers: Infinity War uno dei più grandi film del XXI secolo.
Avatar – La via dell’acqua arriverà preso, c’è però la possibilità di un antipasto molto gustoso, perché ieri è andata in scena la conferenza stampa mondiale del film a cui hanno partecipato James Cameron, parte del cast principale, Zoe Saldana, Sam Worthington, Stephen Lang, Kate Winslet e Sigourney Weaver, e il produttore Jon Landau.
Con quest’ultimo avevamo avuto modo di scambiare anche quattro chiacchiere qualche settimana fa, trovate il video alla fine dell’articolo.
Fare un sequel
Dunque, dicevamo, sono passati 13 anni dall’uscita di Avatar e le voci sui dettagli di lavorazione dei suoi sequel, persino sul loro numero.
C’era stato anche un mini caso riguardante dichiarazioni o traduzioni / interpretazioni di dichiarazioni in cui si parlava dei tempi e delle modalità produttive di quelli che dovrebbero essere ben 4 sequel se il pubblico risponderà come Cameron e co. sperano e credono. In caso contrario si rimarrà al terzo capitolo.
Non solo, su ipotetici sequel di operazioni così mastodontiche (si parla di un budget stimato tra i 350 e i 400 milioni di dollari) e soprattutto a così tanto tempo di distanza l’uno dall’altro si è discusso animatamente anche in termini di rischio e di cosa possa spingere un autore così importante e riconosciuto a fare un sequel in queste condizioni:
“Ha fatto un sacco di soldi, perché non fare un sequel, giusto?” – ironizza James Cameron – “Eppure, se non mi sbaglio, Steven Spielberg non fece sequel di E.T., no? Il fatto è che è difficile colpire nel segno di nuovo, essere all’altezza di nuovo.
La cosa importante per un sequel è onorare ciò che il pubblico ha amato nel primo capitolo, ma anche cercare di sorprenderlo.
Nel nostro caso abbiamo deciso di rendere l’esperienza un po’ più profonda. Posso dire solo che Nìnello scriverla sono stato ispirato dal fatto che Zoe e Sam sono genitori e che io ho cinque figli; volevamo addentrarci in questo tipo di dinamiche famigliari.
Le sfide nel tornare in un mondo del genere non riguardano solamente l’autore o gli autori, ma ovviamente anche il cast (o una famiglia come lo definisce il cineasta canadese). A partire dai due protagonisti, Sam Worthington e Zoe Saldana.
Il primo ha trovato molte difficoltà nel colmare il gap temporale non solo effettivo, ma anche dentro l’universo di Pandora. Per fortuna ha trovato in Cameron un alleato preziosissimo:
Jim mi ha mandato una sorta di script di Avatar 1.5, una sceneggiatura bellissima e molto dettagliata, piena di eventi che i protagonisti hanno passato, hanno vissuto. Una storia riguardo loro come guerrieri, impegnati in battaglie con i clan. Ma penso che lo spettatore sia principalmente interessato ad esplorare la storia della famiglia di Jake e Neytiri e la naturale prosecuzione della storia d’amore, un buon punto di partenza per capire cosa è successo durante il gap temporale.
Forse la maggior parte delle persone si sarebbero fermate, ma non Cameron.
Discorso diverso per l’attrice del New Jersey, che ha trovato un’identificazione pressocché totale con il suo personaggio fin subito, anche sei in maniera piuttosto inconsapevole, al punto da rischiare di perdersi nell’interpretazione:
Quando qualcosa è così simile a te non riesci più a vederne i confini e Neytiri e io in un certo modo abbiamo vissuto vite parallele.
Nel primo film ha deciso di fare quel salto che sei costretta a fare quando ti innamori di qualcuno di esterno a te e che ti sfida a vedere qualcosa che non hai mai visto, nonostante il dilemma l’abbia sempre accompagnata. Ora invece si trova a dovere affrontare le conseguenze di quella scelta e portare avanti i frutti di quell’amore.
Un’altra sfida, perché ciò la costringe a crescere ulteriormente e amare qualcosa che le è stato insegnato a odiare. Una cosa difficile e anche spaventosa.
In più c’è il fattore del divenire genitori: nella mia vita personale quando sono diventata una madre ho cominciato ad avere paura di perdere qualcosa che amo tanto. Si rischia di spendere diverso tempo a creare scenari ipotetici in cui ciò possa accadere.
Quando ho letto la seconda sceneggiatura ero Neytiri, non me ne sono accorta allora, ma l’ho capito adesso.
Sulla questione dei figli e dell’essere genitore è tornato ancora anche Cameron:
Quando hai figli impari cos’è la paura, perché c’è qualcosa di più importante di te che potresti perdere. Questo è ciò che provano i personaggi.
Quando non hai niente da perdere all’infuori di te, come prima, non ci pensi due volte a combattere, a saltare e a buttarti sopra il più grande predatore della terra, ma con i figli tutto cambia. È interessante vedere come Zoe, con tutta la sua forza innata, la sua intensità, cambia modo di vedere le cose con l’arrivo dei suoi figli, come diventa più mansueta, anche se tutto ciò non dura molto perché deve affrontare un’altra femmina alpha in una lotta che si rivolverà non in questo film, ma arriverà fino al terzo.
È stato un piacere tornare a lavorare anche con Sigourney, che abbiamo riportato indietro dalla morte grazie al suo Avatar, che era ancora in vita, ma non aveva una sua mente, motivo per il quale è stata infusa con quella di Grace. Un Avatar che però era incinta, il che diventa un problema di Jake e Neytiri, i quali decidono di adottare la futura nascitura.
Si viene dunque a creare una situazione in cui Jake passa dall’avere una relazione madre/ figlio a crescere come sua figlia la stessa persona. È stato bello vederla crescere, entrare nell’adolescenza e svilupparsi secondo le sue indoli. Non è una guerriera, non è un alpha, è diversa da Neytiri. Attraverso di lei abbiamo l’opportunità di parlare con le ragazze in uno modo che può avere senso per loro. Un modo che può riuscire a non farle sentire sole e che sia in grado di empatizzare con la loro confusione e la loro affannata ricerca di se stesse.
Una cosa, questa, che ho provato a fare già in Titanic, ma non ci sono riuscito come volevo perché sono diventato padre dopo.
Ritorni illustri e collaborazioni storiche
Avatar – La via dell’acqua ha un casting molto preciso che si è formato secondo non solo un segno di continuità con il primo capitolo, in piena armonia con i temi della rinascita e dello spiritualismo che hanno pervaso il senso stesso della pellicola, ma anche riflettendo alla filmografia di Cameron.
Non a caso il volto nuovo più importante è quello di Kate Winslet, che il cineasta canadese aveva già lavorato ai tempi di Titanic.
Mi aspettavo il meglio, conoscendo Jim. – ha detto la Winslet – Perché è preciso e meticoloso oltre ogni limite.
La cosa che però mi ha convinto di più ad accettare il progetto è il personaggio che ha creato. Jim ha sempre creato scritto personaggi femminili non solo forti, ma dei veri e proprio leader con un cuore e con un’integrità ammirabili. Persone che stanno dalla parte della verità, che hanno un potere, anche fisico.
Essere parte di questo è stato così appagante e lo è stato ancora di più in quanto è Jim che me l’ha chiesto, perché lui non è uno che fa le cose in modo superficiale e sa che io sono come lui. Anche un po’ matta come lui.
Quello che hanno fatto Zoe e Sam nel primo è stato creare un ambiente e un conto è leggerlo dallo script di Jim e un conto è trovarlo, fidatevi. Si tratta di qualcosa di vivo, che ha una pulsione, che ha sangue nelle vene. Non è una performance, non è un film arrivato in un giorno, è un universo, è amore, è palpabile, lo puoi sentire. Metti piede in questo spazio vuoto, ma assolutamente carico di verità e dinamiche e pulsioni che questi ragazzi hanno creato e condiviso ed è stato onestamente molto speciale farne parte.
Tra i ritorni di vecchi volti del primo film troviamo invece quelli di Stephen Lang, l’antagonista del capitolo precedente, e di Sigourney Weaver, entrambi al centro di cambiamenti incredibili in questo sequel.
Senza dubbio è stato molto emozionante tornare ed è stato un onore potere esplorare più in profondità la visione che Jim aveva del mio personaggio. – dice Lang – penso che nel primo film era già molto colorato, aveva molte qualità, ma si muoveva come uno squalo senza cervello.
In questo passaggio c’è tutta la grande ironia di Jim, che ha trovato il modo di trasformarlo in ciò che ha sempre cercato di uccidere, costringendolo così cercare di trovare il modo di adattarsi ad una condizione così repellente per lui.
È stato un grande piacere continuare il percorso di questo personaggio e trovare l’umanità nascosta dentro di lui.
La Weaver ha invece commentato l’evoluzione del suo personaggio, per la cui preparazione ha dovuto dare fondo a tutte le sua abilità da interprete, soprattutto quelle da trasformista e non solo, in questo modo:
Fortunatamente c’è stata una connessione quando abbiamo parlato per la prima volta nel 2010: questa idea di queta donna che si sentiva a proprio agio nella natura, con le creature, nella foresta.
Penso però che Jim volesse creare un personaggio più complesso, composto da cose meravigliose, ma anche di fragilità, e io ho amato l’opportunità di interpretare qualcuno che considero vero in molti modi. È stato molto emozionate, ma anche spaventoso.
Per fortuna ho avuto molto tempo per preparami, sono andata anche a scuola e ho avuto modo di ripensare al pitch, al tono della voce e a riflettere sul range di chi puoi essere tra i 12 ai 15 anni. Devo dire che soprattutto quando mi sono accorta di questo ho pensato che potevo far venire fuori Kiri, chiunque lei sia, combinandola a chi ero io a 14 anni. Mi ha dato tantissimo da lavorare, ma quando sono arrivata a destinazione mi ha divertito molto lasciare questo guscio dietro di me e diventare il personaggio.
Se parliamo di collaborazioni storiche non si può che chiudere con Jon Landau, il produttore collaboratore di Cameron dai tempo di Titanic, chiudiamo con le quattro chiacchiere che abbiamo scambiato con lui qualche settimana fa.