Il dottor Michael Nahm, dell’International Association for Near-Death studies, definisce il fenomeno, come:

“La (ri)comparsa di capacità mentali normali o insolitamente potenziate in pazienti spenti, incoscienti o malati di mente poco prima della morte, tra cui una notevole elevazione dell’umore e degli affetti spirituali, o la capacità di parlare in un modo precedentemente insolito, spiritualizzato ed euforico”.

La ricerca evidenzia che non solo i malati terminali mostrano questa lucidità mentale in un apparente stato di ripresa, ma anche chi soffre di malattie mentali diventa asintomatico poco prima della morte. La lucidità terminale vede anche pazienti che hanno vissuto per anni con la demenza tornare alle loro precedenti funzioni cognitive, per poi morire qualche tempo dopo.

Il divario temporale tra la lucidità terminale e il momento della morte ha scatenato un dibattito circa la nomenclatura esatta da dare al fenomeno; infatti, ulteriori ricerche lo hanno ribattezzato “lucidità paradossale“, a causa del fatto che lo stato di chiarezza mentale può manifestarsi ore, giorni, settimane o addirittura mesi prima della morte.

I casi storici di lucidità terminale sono stati spiegati come conseguenze dei cambiamenti nella fisiologia del cervello portati dalla morte, anche se mancano spiegazioni ed evidenze scientifiche dettagliate a supporto del fenomeno.

Si tratta comunque di un fenomeno particolarmente sconcertante da risolvere perché, nella maggior parte dei casi, si verifica in pazienti la cui funzione cerebrale è considerata irreversibilmente danneggiata da una malattia, come nel caso dell’Alzheimer. La domanda che ci si pone è, dunque, come è possibile che ricordi apparentemente cancellati siano di nuovo accessibili?

La risposta non è ancora certa, ma visto che è un fenomeno documentato e che si presenta spesso, la comunità scientifica ha deciso di indagare approfonditamente.