Disturbi alimentari: un nuovo studio dà speranza ai pazienti

disturbi alimentari

 I disturbi alimentari sono in aumento. Si stima che circa ne soffrano circa 700 milioni di persone nel mondo, secondo i dati ANAD 2021. Tra i disturbi alimentari più comuni c’è il disturbo da alimentazione incontrollata – noto anche come Binge Eating Disorder con una prevalenza stimata del 40%, rispetto al 10-15% per la bulimia nervosa e al 5-10% per l’anoressia nervoso.

Cosa sono i disturbi alimentari

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) riguardano un insieme di problematiche che si manifestano attraverso una relazione distorta e patologica con il cibo. I DCA sono caratterizzati da una serie di comportamenti anormali e/o ossessivi legati all’alimentazione e al peso corporeo, che portano alla sofferenza fisica e psicologica della persona. I DCA sono molto diffusi, soprattutto tra le adolescenti e le giovani donne, e possono avere gravi conseguenze sulla salute. I principali DCA sono l’anoressia, la bulimia e la BED (binge eating disorder).

È raro nella popolazione generale, ma molto alto nella popolazione obesa. Studi recenti hanno tentato di indagare i segnali neurali del desiderio di cibo che caratterizzano il BED, ma nonostante la ricerca, fino ad oggi, nessuna strategia è stata in grado di inibire l’insorgenza del desiderio e curare i pazienti.

Al momento però c’è una speranza per chi è vittima di disturbi alimentari: uno studio condotto dai ricercatori della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania ha costruito un piccolo dispositivo che rileva l’attività cerebrale correlata al desiderio di cibo in una regione chiave del cervello e che, per limitarla e mitigarla, la stimola elettricamente.  I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Medicine.

Cos’è il biomarcatore del desiderio

Il biomarcatore del desiderio è una sostanza chimica che viene rilasciata nel cervello quando si è eccitati o desiderosi. Questa sostanza è responsabile delle sensazioni di piacere e può essere rilasciata anche da altre attività, come l’assunzione di cibo o l’esercizio fisico.

Per scoprire quanto questo biomarcatore influisca sulla voglia incontrollata di mangiare, i ricercatori hanno utilizzato dei topi obesi. Dall’esperimento si è capito che che poco prima della comparsa di queste voglie incontrollate di cibo, nei topi si manifestava un’attività elettrica distintiva a bassa frequenza in una specifica regione del cervello chiamata nucleus accumbens (nell’ipotalamo). Quest’area cerebrale è coinvolta nell’elaborazione del piacere e della ricompensa, ed è implicata nella dipendenza.

Lo studio sugli umani

Proprio come per i topi, anche negli umani gli scienziati hanno osservato dei cambiamenti grazie a questa notevole invenzione. Il dispositivo, impiantato con un intervento chirurgico sotto il cuoio capelluto, è dotato di fili che attraversano il cranio fino al nucleo accumbens in ciascun emisfero del cervello. Come nello studio sui topi, i ricercatori  hanno osservato anche in questo caso la comparsa di un caratteristico segnale a bassa frequenza nel nucleo accumbens nei secondi che precedevano le abbuffate dei pazienti.

Nella fase successiva dello studio, i dispositivi di stimolazione cerebrale hanno fornito automaticamente una stimolazione elettrica ad alta frequenza al nucleo accumbens ogni volta che si sono verificati segnali relativi al desiderio di cibo. L’obiettivo dello stimolo era interrompere questi segnali. Durante i sei mesi di trattamento, i pazienti hanno riportato riduzioni significative della perdita di controllo e dei disturbi alimentari: ognuno ha perso anche  più di 11 chilogrammi. Uno dei soggetti è migliorato così tanto da non soddisfare più i criteri per un disturbo alimentare. Inoltre, non sono stati osservati eventi avversi significativi correlati al trattamento.

Addirittura il dispositivo avrebbe modificato le abitudini alimentari dei pazienti che attualmente preferiscono il salato al dolce, mentre in precedenza abusavano nel mangiare dolci proprio  a causa dei disturbi alimentari.

Neuralink e l’obesità

I trattamenti alternativi all’obesità potrebbero essere nell’interesse di Neuralink, l’azienda fondata da Elon Musk che ha come obiettivo quello di creare chip sottocutanei che permettano al cervello umano di interagire direttamente con i computer.

L’obesità è una condizione in cui una persona è eccessivamente grassa e può causare una serie di problemi di salute, come diabete, malattie cardiovascolari, apnea notturna e alcuni tipi di cancro. L’obesità è spesso causata da uno stile di vita sedentario e da un’alimentazione scorretta. Tuttavia, alcune persone sono geneticamente predisposte all’obesità.

L’impianto cerebrale di Neuralink è molto simile a quello utilizzato nello studio di cui sopra, si tratta infatti di una tecnologia composta da una serie di elettrodi che vengono inseriti nel cervello attraverso un foro nel cranio. Una volta inseriti, gli elettrodi vengono collegati a una scheda di controllo esterna che è collegata al computer. L’interfaccia cerebrale di Neuralink consente agli utenti di controllare i computer con la mente e di accedere a informazioni in modo molto più rapido ed efficiente.

Forse siamo davanti a una nuova era nei trattamenti che permetteranno alle persone di combattere l’obesità, un’era nella quale, almeno secondo gli intendimenti di chi se ne occupa, riusciremo a sconfiggere questo gravoso problema che affligge le società moderne occidentali da oltre mezzo secolo.

 

 

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