In Cina è in corso una delle più grandi manifestazioni contro il governo degli ultimi decenni. Migliaia di giovani sono scesi in piazza impugnando i cartelloni bianchi simbolo della censura del partito comunista. Al grido di “Libertà o morte”, i manifestanti chiedono la fine del pugno di ferro e della poltica zero-covid.

Peccato che su Twitter le testimonianze di queste manifestazioni che non hanno precedenti – se non andando indietro nei tempi, fino a Tienanmen – siano state completamente oscurate da una campagna di censura e sabotaggio — coordinata forse proprio da Pechino, sussurrano gli stessi attivisti.

Gli hashtag utilizzati dai cittadini cinesi sono stati inondati di spam, immagini pornografiche e altre distrazioni. In questo modo i post dei manifestanti – le foto delle proteste, ma anche i video degli arresti e della spietata reazione delle forze dell’ordine – sono stati sommersi sotto altro, diventando difficili da reperire.

Twitter, come tutte le altre piattaforme occidentali, non è disponibile in Cina, dove il ‘Great Firewell‘ (come è stato chiamato, facendo il verso alla grande muraglia) limita il traffico degli utenti costringendoli ad utilizzare esclusivamente le app e i siti controllati dal partito comunista cinese. Ad ogni modo, – spiega Engadget -i manifestanti riescono ad utilizzare il social e a leggere i media occidentali grazie alla VPN.

E sono state proprio le VPN ad aver avuto un ruolo fondamentale nelle proteste: “abbiamo scoperto che nel resto del mondo nessuno si stava comportando come la Cina”, spiegano i manifestanti. “I cittadini occidentali vanno in giro senza mascherina da mesi”. Insomma, aggirando la censura i giovani cinesi vedono che un’altra gestione della pandemia è possibile. L’ossessione per la politica zero-covid proposta ad oltranza è tutta cinese.

Quanto allo spam di massa dei bot, impossibile pensare ad una casualità. È sicuramente opera di Pechino. E non è nemmeno una casualità che il social network non sia ancora riuscito a contrastare l’attività dei bot, ripulendo gli hashtag delle proteste dallo spam. Questo è colpa dei licenziamenti di massa che hanno ridotto all’osso i team che si occupano della moderazione e della sicurezza di Twitter.