Guillermo del Toro’s Pinocchio – (L-R) Gepetto (voiced by David Bradley) and Pinocchio (voiced by Gregory Mann). Cr: Netflix © 2022

La stop-motion è la tecnica utilizzata da Guillermo Del Toro per realizzare il suo Pinocchio. Vi raccontiamo cos’è e come funziona l’animazione basata sul passo uno.

Il Pinocchio di Guillermo Del Toro, in uscita il 4 dicembre in alcune sale selezionate e il 9 dicembre su Netflix, ci ha fatto riscoprire – e ci farà riscoprire – il fascino per la stop-motion. Una tecnica di animazione che in Italia viene chiamata anche a “passo uno” dall’altissimo tasso di complessità e che richiede un lavoro molto più lungo e intenso di quanto oggi la CGI permetta di fare. Negli anni sono stati tanti i promotori della stop-motion, così come in tanti hanno provato a cimentarsi con quest’arte che rappresenta una vera e propria prova con sé stessi e con il cinema, ma come funziona e soprattutto da dove nasce?

Per spiegarvi nel miglior modo possibile come funziona la stop-motion e dinanzi a cosa siamo dovreste pensare al film che maggiormente l’ha massificata nella conoscenza popolare: Nightmare Before Christmas. Diretto da Henry Selick, basato su un’idea di Tim Burton, il film del 1993, prodotto dalla Touchstone Pictures, la sussidiaria della The Walt Disney Company, è diventato un film di culto, in grado di incassare 91 milioni di dollari e di ottenere anche una candidatura all’Oscar per i migliori effetti speciali, il primo per un film d’animazione.

L’epopea nella produzione del film rappresenta proprio la più emblematica delle difficoltà della tecnica in stop-motion, tant’è che Tim Burton si rifiutò di affiancare, inizialmente, Selick nella realizzazione del film. Impegnato su Batman – Il ritorno e reduce dal successo di Edward Mani di Forbice, il visionario regista americano, in questi giorni su Netflix con Mercoledì Adams, si tirò indietro per la lentezza del processo.

I primi film in stop-motion

Nightmare Before Christmas non fu ovviamente il primo film a lavorare in stop-motion, perché la tecnica nasceva molto prima. Quando si parla della storia della tecnica a passo uno, infatti, si fa sempre riferimento a Hotel electrique, un film del 1908 francese, un fantasy realizzato da Segundo de Chomon della durata di 8 minuti. Un cortometraggio senza sonoro che per Chomon rappresentava un vero e proprio salto in avanti rispetto a quanto aveva provato a fare nel 1906 con il suo Le theatre de Bob, nel quale aveva usato dei pupazzi animati.

Lo stesso Hotel electrique rappresenta il primo utilizzo della tecnica della pixilation, nella quale gli attori dal vivo vengono utilizzati come soggetto fotogramma per fotogramma, posando ripetutamente mentre vengono ripresi e cambiano posa di volta in volta. Un lavoro immenso che per 8 minuti di girato potrebbe voler significare settimane di riprese.

Il cinema d’animazione scoprì la stop-motion soltanto dieci anni dopo, nel 1917, quando Quirino Cristiani e Federico Valle, immigrati italiani in Argentina, realizzarono El Apostol, un film di 70 minuti, rigorosamente muto, che a oggi è passato alla storia per essere il primo lungometraggio d’animazione. Servirono 58.000 fotogrammi per realizzare quella che era una tecnica chiamata cutout animation, ossia l’utilizzo di pezzi di carta ritagliati per creare un collage e animarli a passo uno.

Quirino Cristiani e Federico Valle, immigrati italiani in Argentina, realizzarono El Apostol, un film di 70 minuti, rigorosamente muto.

Purtroppo, a oggi, El Apostol è andato perduto a causa di un incendio che scoppiò negli studi di Valle e pertanto non è recuperabile in nessun modo, pur essendo la sua memoria rimasta intatta anche grazie al documentario Quirino Cristiani: The Mistery of the First Animated Movies realizzato da Gabriele Zucchelli nel 2007.

Utilizzi odierni e novità tecnologiche

La storia del cinema è piena, quindi, di stop-motion, soprattutto nei primi anni dell’animazione, in cui non era altrettanto facile riuscire a far muovere personaggi a schermo con una facilità tale che sembrò appartenere, negli anni Venti e Trenta, ai fratelli Fleischer e ai fratelli Disney. D’altronde l’arrivo del rotoscopio, l’invenzione che cambiò la vita a Max Fleischer, permise di passare a una realizzazione cinematografica molto più rapida e meno dispendiosa, in termini di tempi, rispetto alla stop-motion. È rimasto, però, quel fascino per la tradizione, per il passato, soprattutto in questi anni in cui abbiamo avuto l’opportunità di vedere film come Fantastic Mr. Fox, Frankenweenie, Shaun the Sheep, fino ad Anomalisa di Charlie Kaufman.

Jack Skeletron era un oggetto inanimato che veniva mosso da qualcuno di fotogramma in fotogramma, per questo i suoi movimenti sembrano robotici.

Tra Galline in Fuga, Coraline, Wallace & Gromit, la massificazione della stop-motion negli anni 2000 è stata intensa, proprio per continuare a dare quell’illusione di movimento che viene generata dall’utilizzo di oggetti inanimati mossi in maniera progressiva, fotogramma dopo fotogramma, a seguito di cambi di posizione. Sì, esatto, Jack Skeletron era un oggetto inanimato che veniva mosso da qualcuno di fotogramma in fotogramma, per questo i suoi movimenti sembrano così robotici. In Pinocchio di Guillermo Del Toro avrete l’opportunità di vedere come quella fluidità tanto anelata, per raggiungere una verosomiglianza con gli esseri umani, è stata praticamente raggiunta.

Arriviamo, però, a quei dettagli che vi faranno accapponare la pelle pensando a quanto lavoro richieda la stop-motion. Per un secondo di animazione servono 24 frame, nei quali il personaggio o l’oggetto deve essere spostato. Ci sono, poi, diversi modi di usare la tecnica in questione, perché Galline in Fuga della DreamWorks usava la clay animation, che prevede l’utilizzo di pupazzi fatti di plastilina, come d’altronde accaduto per tanti anni con Pingu.

Per un secondo di animazione servono 24 frame, nei quali il personaggio o l’oggetto deve essere spostato.

Poi abbiamo il cutout, già nominato per El Apostol, fino ad arrivare alla puppet animation, che – va da sé – si affida a delle bambole o a dei pupazzi che vengono mantenuti rigidi grazie a uno scheletro ben saldo al loro interno: lo stesso che teneva ben fermo Jack Skeletron in Nightmare Before Christmas, che infatti è realizzato con questa tecnica.

Tecnica mista e il fascino della stop-motion

Di recente anche Lego per i suoi film si è affidata alla stop motion: anche in quel caso il personaggio viene mosso manualmente e fotografato di volta in volta per poi montare tutti i frame insieme e arrivare a realizzare un movimento fluido. Lo stesso South Park, l’irriverente serie animata americana, è stato realizzato in stop-motion, usando la tecnica del cutout per la prima stagione: pezzi di carta animati in grado di mettere insieme un collage in movimento.

Ma non finisce qui, perché la stop-motion, nel corso degli anni della storia del cinema, è stata usata anche per dare vita a una vera e propria tecnica mista, ossia una commistione di vari elementi e generi il cui maestro indiscusso e promotore è stato Walter Elias Disney. Tra i film che adottano il passo uno troviamo Cabiria, il colossal di Giovanni Pastrone del 1914, pilastro del cinema muto, che si affida ad alcune scene realizzate in stop-motion durante il film.

Da non dimenticare anche King Kong del 1933, in cui il brontosauro era animato grazie a uno scheletro snodabile in tecnica a passo uno. Un lavoro immenso per una tecnica che a oggi mantiene il suo fascino per chi vuole rivivere dei momenti unici del cinema, ma che a oggi è stata sapientemente sostituita in toto dalla CGI, che ne ha semplificato la lavorazione e i processi produttivi in ogni suo modo. Certo, l’artigianalità della stop-motion resta unica e non facciamo fatica a capire perché Del Toro l’abbia voluta per il suo Pinocchio.