Già 9000 anni fa l’Homo sapiens imprimeva la sua impronta sull’ambiente. Questo si può affermare grazie a quanto dimostrato da uno studio condotto in Arabia Saudita, Giordania, Armenia e Kazakistan in cui sono state chiarite le funzioni dei cosiddetti aquiloni del deserto, delle strutture monumentali che, viste dall’alto, sembrano dei grandi aquiloni parcheggiati.
Esistono migliaia di queste strutture realizzate a partire dal Neolitico, costituite da muretti-guida che instradavano gli animali facendoli convergere in fosse o trappole a precipizio. Si trattava quindi di trappole monumentali per catturare mandrie di animali. Queste strutture interrompevano le migrazioni degli animali e portarono, in diversi casi, all’estinzione.
Gli aquiloni più antichi sono stati datati intorno al 7000 a.C. e sono stati ritrovati in Giordania, mentre l’età di quelli ritrovati nell’Arabia nord-occidentale è ancora in fase di determinazione, ma potrebbero essere stati realizzati nel periodo di transizione tra il tardo Neolitico e l’età del Bronzo (5000-2000 a.C.).
In 20 anni si stima che gli aquiloni del deserto individuati siano passati da 600-700 a circa 6500. In Arabia Saudita, nella contea di AI-‘Ula, sono stati rilevati 207 nuovi aquiloni e in quest’area la forma dominante era quella a forma di V. Gli aquiloni sono stati descritti in diverse forme: a calzino, ad accetta o a forma di W.